Bolzano: città della musica?
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... a “Città creativa della musica Unesco 2024” sta avendo all’interno dei dibattiti istituzionali.
Il talk è cominciato senza mezzi termini con una lettera di Thomas Traversa, fondatore del collettivo musicale Supermarket, in cui diceva come, prima di attaccare le istituzioni, debbano essere i musicisti stessi a dover fare un mea culpa per l’incapacità di creare un dialogo sincero tra di loro e per l’ipocrisia che spesso sta nel voler promuovere i propri eventi senza però considerare quelli degli altri. Senza perdere tempo, quindi, la discussione si è accesa e i punti di vista espressi sono stati molti e trasversali, anche dal punto di vista anagrafico. Cristian Rot, DJ e fondatore del Riot Club, ha parlato della sua esperienza e del suo impegno nel creare spazi di aggregazione anche per i più giovani, non senza difficoltà, soprattutto rispetto ad altre città. “A Ferrara sono riusciti a fare un evento durato tutto il giorno, con un permesso richiesto appena dodici giorni prima. Qui, invece, anche se lo si richiede trenta giorni prima, la conferma del permesso arriva a ridosso dell’evento, quando tu hai tutto già organizzato. Così non si possono creare eventi in tranquillità”, afferma.
“La conferma del permesso arriva a ridosso dell’evento, quando tu hai già tutto organizzato. Così non si possono creare eventi in tranquillità”
Le difficoltà che si incontrano nell’organizzare eventi sono confermate da tutti i presenti. Sono davvero poche le manifestazioni musicali che non hanno visto almeno un intervento delle forze dell’ordine per la chiamata di qualche vicino infastidito. Basti pensare al “caso ADMO”, manifestazione che, nonostante il nobile e importantissimo obiettivo (che punta a trovare donatori per il midollo osseo, utili a salvare delle vite), ha dovuto giustificarsi di fronte a delle critiche assurde che in qualsiasi altra città sarebbero state ignorate, ma non a Bolzano.
Un altro tema che emerge è quello dei soldi. Si fa riferimento ai contributi che l’Ufficio Cultura Italiana dà ad alcuni artisti per finanziare la realizzazione di album o EP, senza che poi però ci sia un vero ragionamento sul futuro degli stessi progetti finanziati, al di là delle clausole presenti sulla domanda. Si entra nel paradosso, perché alcuni album realizzati col contributo della Provincia sono stati presentati in molte città ma non a Bolzano, per mancanza di sbocchi locali. Forse, sottolineano in molti, oltre che ai prodotti artistici, bisognerebbe porre più attenzione all’elasticità dei permessi, permettendo così agli organizzatori di eventi musicali di lavorare con più serenità.
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Quello che in genere traspare dal confronto è un forte malessere di fondo e anche alcune contraddizioni. A metà del dibattito, infatti, molti concordano nell’affermare che a Bolzano, a differenza di quello che si può pensare, ci sono moltissimi eventi, al punto che a volte non c’è abbastanza pubblico per soddisfarli tutti. Ma allora, si chiede un ragazzo, com’è possibile che Bolzano continui a essere percepita come una città assopita? A questo proposito un altro partecipante pone l’attenzione sulla mancanza degli artisti di strada, considerati dalle istituzioni bolzanine alla pari dei mendicanti, disconoscendo quindi il loro valore artistico. Una situazione che, senza andare tanto lontano, a Trento è totalmente differente. Quello che stupisce è che in sala sono presenti personalità che, al di là di Bolzano, lavorano anche a livello nazionale e internazionale. La potenzialità quindi c’è, ma qui emerge un’altra questione: molte di queste persone non si sono mai incontrate. Quindi forse, dopotutto, un problema di aggregazione esiste. Ed è proprio a questo punto che si comincia a parlare di “rete”.
“Com’è possibile che Bolzano continui a essere percepita come una città assopita?”
La collaborazione a Bolzano non è un’attitudine spontanea, al punto che sono dovute intervenire le istituzioni per spingere alcune realtà ad uscire dalla loro cerchia ristretta. Non a caso in questi anni molte associazioni si sono comportate in modo oppositivo, come se la collaborazione non rappresentasse una forza, quanto piuttosto una minaccia nei confronti della propria autonomia. Ultimamente però alcune cose stanno cambiando e la creazione di una rete sembra l’unico modo per superare le varie difficoltà che si incontrano nella creazione di eventi culturali rivolti ai giovani. Questo stesso talk ne è un esempio, perché i partecipanti raggiungono la quarantina. Arrivati alla fine della discussione, durata due ore senza pausa, si traggono alcune conclusioni, una delle quali è che i progetti culturali devono rispondere a un bisogno del pubblico e non degli organizzatori, cosa per nulla scontata. L’analisi dei bisogni, quindi, si rivela un passo fondamentale da fare assieme in rete, non da soli nella propria piccola e confortante realtà, perché per rispondere al disagio, forse, bisogna imparare a viverlo.
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Sulle note del DJ-set di Cristian Rot la discussione continua, prova del fatto che un incontro non basta per affrontare tutte le complessità di questo tema. Proprio per questo ci si saluta con la promessa che questo incontro non è che l’inizio di un percorso molto più ampio destinato a continuare. Se questo sia l’ennesimo buon proposito vuoto, o una reale intenzione di cambiare le cose, ce lo diranno i prossimi mesi.
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Info:
DRIN BZ: https://www.instagram.com/drinbz/