Cultura | Ispezione al Prati

Gerosa contro il Prati

Gli attacchi al Prati e la scuola non selettiva
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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    difficile dar torto ai tanti che nella insolita ispezione al Liceo Prati, disposta dal Dipartimento Istruzione e Cultura, hanno colto un’anomalia. Quando si giudica sulla adempienza di un corpo docente, è il suo difetto di solito a impensierire non il suo eccesso. Come insegna la sapienza popolare, ci sono cose nella vita, come ad esempio i compiti e le verifiche, che è meglio ricevere in abbondanza che in difetto: non si è mai sentito nessuno lamentarsi per essere stato costretto a studiare troppo da giovane! Se poi il problema è la loro “pianificazione”, chi meglio dell’esaminatore stesso può predisporla? senza trascurare il fatto – ogni persona di buon senso lo capisce – che le verifiche (almeno quelle orali) non andrebbero mai pianificate: nessuno studente, in nessun giorno di scuola, dovrebbe sentirsi esentato: poco studio costante quotidiano (miglior assimilazione della materia e miglior fruizione delle lezioni) è preferibile a quello periodico concentrato (si finisce per studiare unicamente per superare la prova). Un tempo, nessuno, neanche il genitore più apprensivo, poneva in cima alle preoccupazioni scolastiche il “benessere” del ragazzo; era sul suo progresso nello studio (“profitto” si chiamava: parola oggi sconosciuta) che si puntava tutto. A guardar bene però, il provvedimento lascia intravedere qualcosa di più preoccupante di una semplice questione di criticità organizzativa e di benessere, come si afferma nel testo della determina. V’è chi vi ha scorto un “inspiegabile accanimento” contro il “metodo Prati” e chi invece della mera demagogia populista (“una strizzatina d’occhio alle famiglie”), a me sembra una specie di riflesso pavloviano: si dice “merito” e scatta l’avversione: dopo averlo tanto denigrato – una campagna incontrastata (tutti sono stati studenti) durata mezzo secolo (dal ’68) – non deve stupire poi tanto se il sentimento di avversione che l’accompagna si è talmente depositato (una seconda pelle) nella mente degli italiani da costringerli a scelte in palese contrasto con i loro ideali politici.

    Mi hanno sempre entusiasmato le argomentazioni impossibili e quelle a favore di una scuola non selettiva (non ce n’è mai stata una al mondo), lo sono in modo speciale: se ne sono lette molte, ultimamente, sui quotidiani provinciali a difesa degli studenti angariati del Prati: assomigliano tanto a quelle che la furbizia giovanile inventa per scansare la fatica dello studio: “c’è troppa competizione, oggi a scuola” (ma quando mai!) … “insegnanti che non si sentono abbastanza alti se non schiacciando qualche studente” (comportamento oggi fortemente sconsigliato, stando alle cronache!) … “scuola come un’arena, dove il valore delle persone si misura in decimi” (sarà un metodo imperfetto, ma è il migliore fra tutti quelli sperimentati finora!). 

    Sebbene più sfumati, anche i giudizi dell’assessora Gerosa, risentono di quel condizionamento (“Compiti e disconnessioni, una questione di equilibrio” T. 13/12/’24): “ritengo che nella vita oltre ai doveri esistono anche i diritti alla serenità, alla socialità a costruire la propria personalità, all’inseguimento di sogni e propensioni” (scuola coartatrice!); “il diritto di fare sport, dedicarsi all’arte, alla musica, alla cultura, in contesti diversi dalla scuola” (scuola anti-creativa!); “anche gli ambienti extra scolastici favoriscono l’apprendimento, seppur in maniera informale e non legata al nozionismo o alla conoscenza strettamente intesa” (scuola astratto-deduttivistica!).

    Se il ministro Valditara – come ha affermato durante una intervista di pochi giorni fa (“Giovani immaturi, serve una rivoluzione culturale”, Libero 30/6) – desidera “porre in atto una rivoluzione che cancelli dalle istituzioni scolastiche il lascito del ’68”, è da casa sua che deve incominciare, magari con un’ispezione sulle strane visioni pedagogiche dei suoi collaboratori politici in terra trentina.