Politica | L'intervista

“La guerra non finisce con le armi"

Simonetta Gola, compagna di Gino Strada, presenta oggi a Bolzano “Una persona alla volta”, il libro postumo sulla vita del fondatore di Emergency scomparso l’anno scorso
Gino Strada e Simonetta Gola
Foto: Simonetta Gola Strada

“Io non sono pacifista, sono contro la guerra”, è la famosa frase pronunciata da Gino Strada che forse più di tutte è in grado di riassumerne l’instancabile pensiero che lo ha guidato dalla fondazione di Emergency fino ai giorni della sua morte, avvenuta lo scorso 13 agosto 2021.

Alle 18.00 di oggi, al teatro Cristallo di via Dalmazia, la giornalista Simonetta Gola, moglie di Gino Strada e responsabile della comunicazione di Emergency presenterà il libro postumo “Una persona alla volta”, il racconto della straordinaria biografia del chirurgo scomparso. Una vita intensa iniziata nei quartieri popolari di Sesto San Giovanni, passando dalle prime missioni con la Croce Rossa in Pakistan s curare i feriti di guerra che provenivano dall’Afghanistan, fino alla fondazione dell'ONG Emergency che negli anni ha curato gratuitamente centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo..

“Che c’entrano i bambini, che c’entrano i civili con la guerra?” , è l’interrogativo che tormentava Gino Strada giorno e notte. Una domanda che non riusciva a trovare risposta fino a quando ha visto con i propri occhi i danni provocati dalle mine giocattolo create per colpire proprio loro, bambini innocenti. No, i civili non sono vittime collaterali di un conflitto ma il frutto di un disegno preciso di annientamento del nemico che non guarda in faccia nessuno. L’insensatezza della guerra viene riportata in tutta la sua brutalità sui volti degli innocenti curati per quasi trent’anni in tutto il mondo, dal Rwanda alla Bosnia ma soprattutto nell’Afghanistan dove Gino Strada ha passato oltre sette anni della sua vita a curare una persona alla volta e a denunciare al contempo, con schiettezza e intelligenza gli orrori della guerra, sconvolgendo l’opinione pubblica e non cedendo mai, nemmeno per un secondo, all’imbarbarimento del dibattito mediatico.

 

salto.bz: Simonetta Gola, qual è il significato del titolo “Una persona alla volta” che ha voluto dare all’ultimo libro di Gino Strada?

Simonetta Gola: Il titolo rappresenta il modo che ha da sempre caratterizzato il lavoro di Gino: curare la vittima ma con uno sguardo politico, rivendicando al contempo diritti per tutti. Questo era il suo modo di cambiare il mondo nonché le premesse su ha fondato Emergency,

Nella postfazione Lei rivela, a tratti con toni scherzosi, la difficoltà che avete avuto nel portare a termine il libro. Un percorso che avete cominciato insieme ma che si è trovata costretta a finire da sola. Si è mai chiesta se questo è il libro che avrebbe voluto pubblicare Gino e quale risposta si è data per andare avanti?

Mi sono posta questa domanda tutti i giorni. Completare il libro di una persona che non c’è più è sicuramente una sfida. Lo è ancora di più se questa persona è Gino Strada, che ha deciso di non pubblicare il suo libro precedente perché, una volta terminato, non era più convinto. Quello che mi ha fatto pensare di essere sulla strada giusta è stata la convinzione dell’importanza di condividere il pensiero di Gino, il timore che tutte le sue idee e insegnamenti venissero dispersi. Un pensiero disseminato tra interviste, trasmissioni e articoli che rischiava di venire perduto e sopraffatto dal peso dell’attualità.

 

In questa fase storica in cui il dibattito si fa sempre più polarizzato e temi come il pacifismo e il disarmo diventano un tabù quale insegnamento possiamo trarre da Gino Strada?

Il migliore insegnamento di Gino, che ha saputo dimostrare negli anni, è quello che la guerra non è mai la soluzione ma sempre il problema. La situazione attuale ce lo dimostra. Abbiamo gestito questo conflitto pensando solamente e sin da subito a una soluzione militare, provocando un’escalation tale da arrivare a parlare in pochi mesi di guerra nucleare. Il caso dell’Afghanistan, il paese in cui Gino ha vissuto per 7 anni, è emblematico. A leggere i giornali pakistani la guerra era stata decisa da tempo molto prima degli attacchi alle torri gemelle. Si è colpito un paese intero con il pretesto di colpire un gruppo terrorista che lì aveva trovato protezione. Ma Al Qaeda non è l’Afghanistan e di certo non era un qualcosa di completamente sovrapponibile al governo afghano. Le guerre si combattono con pretesti, nel caso dell’Afghanistan dopo vent’anni non si è riusciti a raggiungere nulla di quanto ci si era proposti: ,libertà e democrazia per il paese, affermazione dei diritti delle donne, sconfitta del terrorismo internazionale. Dopo due o tre anni i talebani avevano proposto un accordo di pace, rifiutato dagli americani. Ci sono voluti altri 17 anni e 241 mila morti per elaborare un nuovo accordo, che peraltro ha decretato di fatto vincitori i talebani.
L’insegnamento di Gino è dunque che con le armi la guerra non finisce, ma non fa altro che protrarsi drammaticamente.

Gino Strada è venuto a mancare pochi istanti prima la presa di Kabul da parte dei talebani, una qualcosa che aveva predetto – come si è visto nell’articolo uscito sulla Stampa proprio il giorno della sua morte – e su cui aveva da sempre messo in guardia. Da quel paese martoriato se ne sono andati tutti, Emergency invece ha deciso di restare. È questa l’eredità del suo fondatore?

Una delle tante eredità. I progetti che avevamo in Afghanistan sono ancora aperti e continuano. L’eredità più grande è quella di continuare un impegno, ovvero la pratica dei diritti umani. L’antidoto più forte contro guerre e conflitti. Noi stiamo andando avanti, tenendo sempre a mente gli insegnamenti di Gino.

 

Un altro dei temi cari a Gino Strada e riportato nel libro è quello della difesa della sanità pubblica contro privatizzazioni e speculazioni. Abbiamo visto che nonostante una pandemia, continuano a calare gli investimenti sul settore. Se dal Covid -19 non abbiamo imparato nulla, possiamo ancora imparare qualcosa da Gino Strada?

I cittadini devono pretendere questi diritti e invece in Italia abbiamo fatto passi indietro decisamente notevoli. La pandemia poteva essere l’occasione per mettere in discussione questo modello e invece ce la siamo fatta sfuggire: il tema della salute e della sanità pubblica non riesce ancora a diventare un argomento di discussione tra i cittadini. Gino ha suonato molti campanelli di allarme dopo avere visto con i suoi occhi cosa significa non avere una sanità gratuita e garantita a tutti. L’Italia sta andando lentamente in direzione del sistema americano, dove la qualità delle cure è migliore se paghi di più. Come qualsiasi merce. Ma se devi pagare un'assicurazione per vederti garantire un diritto, questo non è più un diritto.

Un capitolo del libro è intitolato “Un mondo senza guerra”. Oggi, con le prospettive che si stanno delineando, ha ancora senso immaginare un mondo del genere? E come possiamo nutrire al meglio questa immaginazione?

Certo che ha senso, e visto il mondo che si sta delineando non possiamo fare a meno di pensarci. La guerra non funziona. L’abbiamo visto per vent’anni in Afghanistan, in Iraq, in Libia.. Oggi si parla di utilizzo di armi nucleari, come fosse un’opzione come l’altra. Non lo è, ma è comunque sul tavolo: è ovvio che se disponi delle armi prima o poi penserai ad utilizzarle. Visto il rischio così alto e le conseguenze inimmaginabili, finalmente oggi si sta parlando di apertura a qualche forma di negoziazione. Perché non lo abbiamo fatto prima? Se gli ucraini hanno tutto il diritto a difendersi perché la comunità internazionale, non direttamente colpita, non ha voluto provare a giocare da subito un ruolo di interposizione e mediazione del conflitto? L’opzione della diplomazia è stata accantonata sin da subito, inviando armi dopo soli quattro giorni e provocando l'escalation drammatica che stiamo vedendo in questi giorni.
È necessario cominciare a parlare seriamente di disarmo e non violenza, temi che non vengono mai affrontati se non quando siamo sull’orlo della catastrofe. In un periodo dominato da tensioni e minacce non è semplice ma è necessario cominciare a farlo.