Gli irriducibili

due facce di una sconfitta
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

 

“Non usi la clava” fa sapere Bersani a Renzi, vincitore delle primarie del PD. Lui che alle ultime elezioni è arrivato primo, ma non ha vinto; che è stato costretto a dimettersi colpito da un siluro (pur sempre ben congegnato dai soliti noti) che ha portato alla mancata elezione di Prodi al Quirinale; lui sempre pronto al dialogo e al confronto (sono gli altri che non lo prendono in considerazione); lui l’ex segretario di un partito dilaniato da sfibranti dibattiti interni tra le varie correnti;  lui insomma non si farà smacchiare, non ha intenzione di mollare e non ci sta proprio ad essere “rinchiuso in un recinto”. Il messaggio è piuttosto chiaro: pronti alla collaborazione, ma attenti a non esagerare con le novità. L’altra faccia della bruciante sconfitta  è indubbiamente quella di Massimo D’Alema che avverte “nessuno mi cancellerà”. Abituato a far politica a tavolino senza la minima volontà di sintonizzarsi con gli elettori, sapeva perfettamente che avrebbe perso: semmai una certa sorpresa  (e rabbia) nel constatare che nemmeno un elettore su cinque ha scelto Cuperlo e che solo un minimo scarto ha distanziato il suo pupillo dal terzo candidato, Civati. Eppure chi ha votato alle primarie del PD ha fatto una scelta chiara, ha scelto il cambiamento, ha silurato di fatto un’intera classe dirigente. E loro che fanno? Non un minimo di autocritica, nessuna rassegnazione, anzi si ostinano tra l’altro con lodevole pervicacia ad ignorare quella che è la volontà della base. Ecco con un po’ di impegno potrebbero riuscire a mettere  a segno un ultimo colpo: spaccare del tutto il partito.