Cronaca | Bolzano

“Non vedo mio padre da mesi”

Rsa, il dilemma delle visite ai parenti. La storia di Giovanni Gigliotti, 94enne ospite a Villa Serena. Il figlio Francesco: “Così i nostri anziani muoiono di solitudine”
Anziano
Foto: upi

“L’ultima volta che ho visto mio padre è stato a ottobre, sono passati quasi sei mesi da allora”. La solitudine degli anziani nelle case di riposo, raccontata così tante volte in questi mesi, è un’esperienza inedita per ogni famiglia che ci è passata attraverso. Francesco Gigliotti, pensionato bolzanino, potrà incontrare di nuovo suo padre Giovanni, 94enne, ospite di una rsa del capoluogo, dopo una lunga separazione. “Non gli sono accanto figli e nipoti - racconta Francesco a salto.bz -, parliamo solo al telefono, come deve sentirsi? È sconsolato”.

La scorsa primavera erano i contagi a decimare la popolazione delle case di riposo, oggi che la maggior parte dei residenti delle strutture ha ricevuto entrambe le dosi di vaccino anti-Covid è l’isolamento “l’altro virus” temuto, quello che consuma lo stato psichico di questi ospiti. Nel frattempo cresce la rabbia e lo sconforto di chi da mesi non può vedere i parenti chiusi negli alloggi per la terza età.

 

Dentro la rsa

 

Sebbene siano consentite le visite, purché dotati di mascherina chirurgica e con mani disinfettate, a chi risiede in stanza singola nelle rsa altoatesine, sia inoltre possibile un contatto corporeo con l’ospite e non sia mai vietato l’accompagnamento degli anziani in fase terminale da parte dei parenti o di altre persone, anche se nella struttura sia in generale interdetto l’accesso - come stabilito già lo scorso ottobre dalla Provincia - ci sono situazioni in cui la predisposizione di misure di fatto più severe risulta incomprensibile per i famigliari degli ospiti. È il caso di Villa Serena, residenza per anziani in via Fago gestita dall’Azienda Servizi Sociali di Bolzano, e la denuncia arriva dal figlio di uno dei residenti della struttura.

 

In quasi mezz’anno, dice Francesco Gigliotti, “mio padre ha potuto ricevere, un mese fa, un’unica visita, quella di mia sorella, lunga appena un quarto d’ora e di fronte a una barriera di plexiglas”. Che non sarà come una carezza ma è già qualcosa. “In quell’occasione mia sorella mi ha prenotato una visita e solo martedì scorso mi è stato confermato dalla rsa che domani, venerdì, potrò finalmente vedere mio padre (previa effettuazione del tampone che avrei ritenuto opportuno fare al momento in loco piuttosto che oggi, ma questo a quanto pare non è possibile). E già mi domando: la prossima volta quando sarà?”. Sostiene Gigliotti che questi vincoli alle visite non siano più accettabili: “Adesso basta, è trascorso oltre un anno dall’inizio di questa epidemia e non ci sono ormai motivi clinici che impongano di limitare in questo modo gli incontri. È un’attenzione che deve essere concessa, con tutte le precauzioni del caso, beninteso, e invece da un anno ci sentiamo dire sempre la stessa cosa: ‘Ci stiamo organizzando’, ma davvero ci vuole tutto questo tempo? Quando poi nelle altre rsa cittadine gestite dalla Assb gli incontri con i parenti si svolgono regolarmente? Altro nodo sono le visite su prenotazione, a determinate fasce orarie: io sono flessibile perché in pensione ma per chi lavora è un problema non indifferente”.

Abbiamo bisogno di stare con loro e loro hanno bisogno di noi. Con le mascherine, le tute, i guanti, attraverso un vetro, ma almeno permetteteci di vederli. Non è che se salviamo i nostri vecchi dal Covid poi li lasciamo morire di solitudine, facendoli sentire abbandonati

 

La volta del focolaio

 

Anche a Villa Serena è entrato il virus. A gennaio scoppia un focolaio: positivi 26 ospiti e 9 operatori. La prima dose di vaccino era già stata somministrata a quasi tutti gli anziani e all’80% degli operatori sanitari. Giovanni Gigliotti aveva ricevuto la sua il 14 gennaio, dopo 5 giorni era risultato positivo al Covid-19. “Dato che la casa di risposo è convenzionata con alcune cliniche fra cui la Bonvicini, lo hanno trasferito lì in attesa che si negativizzasse - spiega Francesco - e ce lo hanno mandato senza un pigiama o un cambio, col risultato che mio padre ha dormito con i vestiti con cui è arrivato. Mi sono allora precipitato a Villa Serena e ho dovuto attendere due ore prima che mi consegnassero le sue cose da portare alla casa di cura. Io vorrei solo che le cose funzionassero.
Si sa come sono gli anziani - riflette -, hanno bisogno della loro routine giornaliera, mio padre si è ritrovato completamente spaesato, da un momento all’altro senza i suoi punti di riferimento”.

 

Sopravvissuto al Covid, a metà febbraio il 94enne torna nella struttura di via Fago, dove risiede da 6 anni, dopo la morte della moglie e la battaglia contro un tumore. Giovanni Gigliotti ha subito un’intervento chirurgico per creare la cosiddetta “stomia”, un’apertura sulla parete addominale che consente la fuoriuscita di urine o feci, che vengono raccolte in apposite sacche. “Papà non se la sentiva più di vivere a casa da solo e ha chiesto di andare in casa di riposo per essere più protetto. È autosufficiente, o quantomeno lo era fino all’ultima volta che l’ho visto, mangia e si veste da solo, l’unica sua richiesta, per non rischiare di sporcarsi, è che gli infermieri gli cambino la sacca. Certo, considerata la generalizzata, scarsa copertura sanitaria in termini di personale non sempre tutto è andato alla perfezione, e accanto agli operatori che svolgono con dedizione e premura il proprio lavoro ci sono anche quelli disattenti, ma almeno quando non c’era il Covid - osserva Francesco - potevamo andare in sede a protestare se qualcosa andava storto, oggi se papà viene trascurato è da solo, ed è facile che si avvilisca”.

 

Tutto tace

 

Di questi tempi, nota inoltre Gigliotti, i canali della comunicazione con la struttura bolzanina funzionano a singhiozzo, “non sappiamo più di cure mediche, non sappiamo se qualcuno si è rifiutato di vaccinarsi fra gli operatori, parlare con il dottore di turno per avere notizie sullo stato di salute di mio padre è un’impresa”. E allora si tenta di ottenere più fortuna con le istituzioni politiche. Gigliotti scrive all’assessore comunale alle politiche sociali Juri Andriollo.

La richiesta è quella di non essere lasciati al buio: “Spiegateci perché è così complicato venire a trovare i nostri cari, abbiamo bisogno di stare con loro e loro hanno bisogno di noi. Con le mascherine, le tute, i guanti, attraverso un vetro, ma almeno permetteteci di vederli. Non è che se salviamo i nostri vecchi dal Covid poi li lasciamo morire di solitudine, facendoli sentire abbandonati”.
Dall’assessore nessuna risposta.