Cultura | Violenza di genere

“Quello che ho imparato da Giulia”

Gino Cecchettin racconta il suo impegno contro il patriarcato e per una società più giusta in seguito all'uccisione della figlia. Dalla serata al Cristallo è uscito un appello alla consapevolezza.
gino cecchettin cristallo
Foto: SALTO
  • “Un papà non può accettare una storia come questa.” Con queste parole, Gino Cecchettin ha iniziato a raccontare il lutto devastante che lo ha spinto a scrivere Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia (Rizzoli, 2024). Durante la presentazione del libro, che si è tenuta ieri sera (13 novembre) al Teatro Cristallo di Bolzano, il padre di Giulia Cecchettin, vittima di un femminicidio che ha sconvolto l’Italia, ha condiviso il dolore di un padre che affronta la perdita di una figlia. Di fronte alla tragedia, Gino ha scelto di non rinchiudersi nel silenzio, ma di trasformare il proprio dolore in un messaggio di denuncia contro la cultura patriarcale e la violenza di genere, grazie anche al supporto dello scrittore Marco Franzoso.

    “In questi giorni Giulia è diventata un simbolo per tutti,” ha dichiarato Gino, a pochi giorni dall’anniversario della morte della figlia, avvenuta l’11 novembre 2023. “Sarà sempre la mia Giulia, ma ora è anche la Giulia di tutti. Sento il dovere di raccontare al mondo chi era.” Giulia e sua sorella Elena Cecchettin sono diventate simboli della lotta contro la violenza di genere, un fenomeno che può colpire chiunque ed arrivare anche ad episodi estremi, persino per una giovane di ventidue anni, a pochi giorni dalla laurea.

     

    “Prima di quello che è accaduto a mia figlia non sapevo cosa fosse il patriarcato”

  • Foto: SALTO
  • Il messaggio di Gino Cecchettin è stato ascoltato con emozione nella sala gremita del Teatro Cristallo: bisogna combattere il patriarcato attraverso l’educazione, fin dalla tenera età. “Anche io, fino a 25 anni, credevo nell’idea del ‘super-uomo’, quello che non deve mai chiedere,” ha raccontato Cecchettin, con un accento veneto e una calma incredibile per chi è stato colpito da un doppio lutto, quello della moglie Monica e poi della figlia Giulia. “Anch’io sono cresciuto in una società misogina: mio padre e mio nonno trattavano mia madre e mia nonna con prevaricazione, impedendo loro di lavorare o di uscire da sole. Questa catena di soprusi maschili può essere spezzata. Prima di quello che è accaduto a mia figlia non sapevo cosa fosse il patriarcato, ma ho iniziato un percorso di consapevolezza, informandomi e facendomi aiutare a comprendere. Adesso capisco che anche espressioni come “non fare la femminuccia” o “devi essere un vero uomo e non mostrarti fragile” fanno la differenza nel modo di crescere di una persona”.

    Le parole di Gino Cecchettin sono un appello alle famiglie, alle scuole e alle istituzioni, nonché parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime di violenza di genere. Proprio l’11 novembre, nell’anniversario della tragedia, è nata infatti la Fondazione Giulia Cecchettin, con l’obiettivo di combattere la violenza di genere e promuovere la parità, lavorando per una società equa e inclusiva, ispirata ai valori di integrità e trasparenza. “L’idea - spiega il padre – è quella di organizzare corsi sulla didattica del consenso e sulle disuguaglianze di genere nelle scuole. Vogliamo anche finanziare borse di studio per studentesse meritevoli e creare una rete con i Centri antiviolenza e le diverse realtà territoriali.”

    “Gli interventi nelle scuole sono fondamentali, è lì che possiamo insegnare a bambini e bambine a costruire relazioni sane, fondate sulla libertà e sul rispetto.”

    “Credo che gli interventi nelle scuole siano fondamentali – conclude Cecchettin –; è lì che possiamo insegnare a bambini e bambine a costruire relazioni sane, fondate sulla libertà e sul rispetto.” Salutando il pubblico, che si è alzato in piedi per applaudirlo, ha aggiunto con emozione: “Non vogliatemene, ma non firmerò il libro; non sono uno scrittore, volevo solo fare un ultimo regalo a mia figlia.”