Artioli e l’ideologia del chilometro zero
In origine, quando si parlava di “chilometro zero” (anzi, al plurale e con una locuzione provvista di preposizione: “a chilometri zero”), ci si riferiva a una categoria di automobili. Vale a dire a quei veicoli che i concessionari stessi immatricolano, sfruttando così agevolazioni da parte delle case produttrici, per poi spalmarne la vendita nel tempo. Si tratta perlopiù di macchine che hanno comunque viaggiato, magari pochissimo, e che per questo possono essere vendute come usate a un prezzo inferiore a quello di mercato. Ma le cose cambiano, anche nell’uso delle parole, e oggi l’espressione “chilometro zero” sta spesso in bocca a chi coltiva l’ambizione di poter consumare prodotti gastronomici provenienti esclusivamente dalle immediate vicinanze. Se un prodotto – questa la tesi – non ha subito un lungo viaggio, se le materie prime provengono dalle coltivazioni o dagli allevamenti situati a due passi da casa mia, si tratterà sicuramente di merce più sana, più economica e ovviamente anche più buona.
Fin qui (forse) tutto bene. L’ideologia del chilometro zero nasce però quando il cibo e i suoi metodi di produzione e consumo diventano o vengono rivendicati anche come veicoli, per non dire messaggeri, d’identità. La recente polemica sul metodo halal ne è una dimostrazione. E l’occasione di utilizzare la tavola come un palcoscenico per animare battaglie politiche non viene mai sprecata da tutti quei partiti o movimenti che pensano di dover difendere le “nostre” tradizioni e abitudini dalla supposta invasione di altre culture.
A questo proposito ecco infatti che anche Elena Artioli impugna con una mano la forchetta e con l’altra la spada per riprendere una vecchia crociata leghista e in genere cara ai partiti più estremisti di destra: mettere al bando il kebab. “E’ noto – spiega Artioli in un comunicato stampa – che la composizione delle carni per fare il kebab sia quasi sempre dannosa per la salute, anche per le grandi quantità di sale che contiene, oltre che per altre sostanze corpuscolate”. E dato che nella mensa di Piazza Università il kebab continua ad essere presente sul menu, la consigliera di Team Autonomie ha pensato bene di deporre un’interrogazione a risposta immediata con la quale “si chiede di conoscere la situazione in tutte le mense scolastiche e universitarie provinciali, sia riguardo alla macellazione e alla provenienza, sia su eventuali analisi svolte sui prelievi di carne per Kebab utilizzati all'Università di Bolzano”.
No al “carne Halal”. Non comprarlo. Offrire paste vegane
No al “carne Halal”. Non uccidere e non uccidere crudelmente né animale né persona: vale anche per gli islamici e per tutte le persone di qualsiasi religione.
Non comprare carne Halal e contribuire ad abolire questa pratica inaccettabile di sgozzare esseri viventi (animali) vivi. Non uccidere e non uccidere crudelmente.
Offrire paste vegane (senza ingredienti di origine animali) che sono senza crudeltà e anche più sane.
Die Gemeinde Bozen soll kein Halal-Fleisch für Schulmensen kaufen. Keine tierquälerische Produkte kaufen.
Ausserdem Ist Fleisch ungesund (eine Studie sagt zum Beispiel aus, daß die Menschen, die Fleisch essen, die Wahrscheinlichkeit an Krebs zu erkranken 45% höher haben als andere die kein Fleisch konsumieren.
http://www.piusanipiubelli.it/alimentazione/meatout-day-enpa-vegetarian…)
Vegetarische-vegane Nahrung anbieten, welche auch die gesündeste ist und nicht tierquälerisch ist.
In risposta a No al “carne Halal”. Non comprarlo. Offrire paste vegane di Kurt Herschel
Die Gleichsetzung von Tier und Menschenleben
verletzt sowohl unsere abendländisch-christliche als auch unsere säkular-humanistische Tradition. Dass der Veganismus andererseits auch Probleme bei einer nicht genau eingehaltetenen Diät haben kann wird hier verschweigen. Viele Veganer haben Mangelerscheinungen, hauptsächlich B12-Mangel, aber das wird hier verschwiegen. Denn soweit hier auf gesundheitliche Aspekte eingegangen wird, wird das hier nur gemacht um eine antihumanistische Ideologie zu transportieren.
Però i vari McDonald, Burger
Però i vari McDonald, Burger King, Old Wild West, e compagnia varia vanno bene, il loro sale, grasso e chissà cos'altro non nuociono? Quanta ipocrisia!
Per non parlare poi di coloro i quali vogliono mantenere le "tradizioni culinarie locali", mettiamo al bando: ristoranti cinesi, indiani, i fast food americani sovracitati, giapponesi, messicani e già che ci siamo anche le pizzerie! Da domani canederli, brennsupp e bauergröstl per tutti!
Fleisch ist so oder anders überflüssig
Go vegan!
un po' di confusione
Quanta confusione inq uesto articolo. Innanzitutto vorrei segnalare al giornalista che "chilometro zero" riferito a prodotti gastronomici NON significa che i prodotti provenienti da dietro casa siano presumibilmente più sani e buoni. Se il contadino dietro casa usa veleni questi sono dannosi quanto gli stessi veleni usati altrove. L'uso di prodotti a "chilometro zero"mira più semplicemente a ridurre l'inquinamento causato dalle lunghe rotte di trasporto di molti prodotti.
Dall'articolo non capisco con chiarezza se sia Elena Artioli a usare il concetto del "chilometro zero" per il suo nuovo spettacolo (perché mi rifiuto di considerare tutto ciò politica) o se sia invece il giornalista ad usare il concetto associandolo alle uscite della Artioli. Di fatto in nessuna parte dell'articolo viene chiaramente detto se Artioli ha proprio parlato di "chilometro zero" associando il concetto ai kebab. Di fatto i due concetti non centrano nulla perché di fatto è possibile macellare la carne in modo halal anche a Bolzano. Il "kebabaro" che usasse carne macellata a Bolzano offrirebbe quindi un kebab a chilometro zero, a differenza delle tonnelate di banane e arance e mango e papaya (ecc.) che consumiamo e che per ovvi motivi a chilometro zero non sono e non possono essere. Per il resto non posso associarmi a quanto già scritto prima di me: che ipocrisia! E anche: Artioli è consigliera provinciale. Immagino che come tale avrà diritto a qualche indennità e a qualche soldo (pubblico) ... per fare "discorsi da bar" sui kebab?!
Mi assumo volentieri la responsabilità della confusione
Mi assumo la responsabilità della confusione. Qualche precisazione: il comunicato stampa di Team Autonomie (che riporto integralmente in calce a questo commento) mescola effettivamente il tema del "chilometro zero" e della lotta contro i "kebab". Diciamo che quella confusione lì l'avrei potuta segnalare (avrei dunque evitato di farla anch'io). So benissimo che cosa significa l'espressione "a chilometro zero" riferito al concetto di "filiera". L'ideologia però nasce proprio quando il semplice fattore della filiera corta (che di per sé non dice nulla sulla qualità o sulla salubrità di un prodotto) diventa la "base" (il significante) per costruire il "simbolo" (significato) che una determinata ideologia riesce ad attivare. E questa ideologia, in particolare, è proprio quella che salda il discorso gastronomico e quello politico. Come ha fatto Artioli.
Ecco comunque il comunicato stampa integrale:
La provincia aveva assicurato che per tutte le carni utilizzate nelle mense scolastiche e universitarie si sarebbe rispettato il km zero. Ovvero le carni, parola dell'Assessore Kasslatter Mur, provenivano tutte da allevamenti altoatesini. A preoccupare la consigliere provinciale Elena Artioli, era stato oltre un anno fa l'offerta del piatto di kebab agli studenti della Libera Università di Bolzano. E' noto – spiega Artioli – che la composizione delle carni per fare il kebab siano quasi sempre dannose per la salute, anche per le grandi quantità di sale che contengono, oltre che per altre sostanze corpuscolate.
La mensa di Piazza Università, gestita dalla ditta Marka aveva quindi aderito al progetto alimentazione sana, promosso dalla Fondazione Vital. Il kebab, nel frattempo, continua ad essere distribuito insieme a tutto il menu.
Ora, dopo la carne Halal comprata dal comune di Bolzano da un grosso produttore italiano, specializzato in forniture di mense scolastiche, sorgono i dubbi sulla reale volontà di offrire i prodotti a km zero nelle mense. Manca solo di capire dove compri il Comune di Bolzano le mele, scoprire che arrivano dalla Cina e abbiamo fatto bingo sulla gestione delle mense scolastiche.
Si investe molto sull'educazione alimentare, poi se qualcosa è di moda o se una cosa è imposta per precetti religiosi da alcune famiglie, si buttano via tutti i progetti educazionali, si sostituiscono i prodotti locali con altri, che seppur certificati sono sempre di generica provenienza (non dimentichiamo i limiti della tracciabilità secondo le vigenti leggi italiane e i blitz al Brennero dove, in campo alimentare, si scopre arrivare di tutto da ogni dove).
La consigliere provinciale Elena Artioli ha quindi depositato un'interrogazione a risposta immediata. Si chiede di conoscere la situazione in tutte le mense scolastiche e universitarie provinciali, sia riguardo alla macellazione e alla provenienza, sia su eventuali alle analisi svolte sui prelievi di carne per Kebab utilizzati all'Università di Bolzano.
In risposta a Mi assumo volentieri la responsabilità della confusione di Gabriele Di Luca
Grazie per le precisazioni!
Grazie per le precisazioni!