La grande fuga dal posto fisso
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Nel 2023 sono 15 mila coloro che hanno dato le dimissioni da un contratto di lavoro a tempo indeterminato, questo dato è in linea con quello del 2022, ma in netto aumento rispetto al pre-covid, nel 2019 le dimissioni erano 12 mila. Cosa si cela dietro alla fuga da posto fisso in una terra come l’Alto Adige, con la disoccupazione bassa ma il costo della vita sempre più alto?
Negli Stati Uniti la fuga dal posto fisso è stato un fenomeno così rilevante da essersi meritato il nome di “Great resignation”. Nel 2022 sono 50 milioni gli americani che hanno scelto di abbandonare un posto sicuro, lo stop della pandemia avrebbe permesso a molti di riflettere sulle condizioni di lavoro e scegliere di cambiare impiego.
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In Italia le Grandi dimissioni hanno coinvolto quasi 2,2 milioni di lavoratori nel 2022 e oltre 300.000 nel primo trimestre del 2023. Anche l’Alto Adige ha visto un incremento del 25% del numero di dimissioni da contratti di lavoro a tempo indeterminato dopo la pandemia. Siamo passati infatti da 12 mila dimissioni nel 2019 a 15.748 nel 2022, dato analogo quello del 2023, in cui sono 15.313 i dimissionari. “Abbiamo iniziato a misurare questo fenomeno dopo la pandemia e abbiamo osservato che si tratta di un fenomeno stabile, non sembra tornare a livelli precedenti” afferma Stefan Luther, direttore dell’Ufficio Osservazione mercato del lavoro in Provincia.
Ci sono diverse chiavi di lettura che si possono dare a questi dati, sostiene Stefan Perini, Direttore dell’Istituto Promozione Lavoratori. “Dietro a queste dimissioni ci sono persone che scelgono di fare un anno sabbatico, c’è chi decide di dedicarsi alla cura dei figli, c’è chi si riorienta e cambia settore”. C’è poi il fenomeno del brain drain, la fuga di cervelli, che interessa anche il nostro territorio, come è emerso da un recente studio sul tema “c’è una parte di personale qualificato che va oltre il confine perché gli stipendi sono maggiori e gli affitti sono meno cari”, commenta Perini.
Un dato che ci aiuta a comprendere questo fenomeno è l’incidenza in base all’età, sono infatti i giovani tra i 20 e i 29 anni a rappresentare la fetta maggiore dei dimissionari, circa 3 900, il 26% del totale, segue la fascia d’età che va dai 30 ai 39 anni, con 3700 che scelgono di lasciare il posto fisso. Su questo dato Luther commenta “I giovani sono molto meno legati ad un lavoro e cambiano più facilmente, per loro oggi il lavoro stabile non è più un valore come lo era un tempo”. Perini la vede allo stesso modo “È un po’ anche la mentalità delle nuove generazioni che non vogliono più lavorare per un'azienda tutta la vita e cambiano diverse volte percorso. La società è molto più mobile, per questo si tende a non fare più progetti di vita ma progetti a medio termine”.
È sicuramente interessante inserire questo dato all’interno del mercato del lavoro altoatesino. “È una sorpresa, pensavo fosse legato al momento post pandemico - continua Perini - vuol dire che la mobilità da lavoro è aumentata, ci si riorienta e c’è grande voglia di cambiare anche professionalmente. Dimettersi non fa paura anche perché il momento è propizio, quantomeno in Alto Adige. Il tasso di disoccupazione è basso e la ricerca di un posto nuovo è molto facile. Le persone che rispondono ai nostri sondaggi ci dicono che non è difficile trovare un impiego equivalente”.
La maggior parte delle dimissioni proviene dai settori privati di edilizia 13%, commercio 11% e settore alberghiero 16%. Nel pubblico l’incidenza è molto minore, sommando i dimissionari provenienti da Pubblica Amministrazione, Istruzione e Sanità si arriva appena l’11% del totale. Questi dati possono anche essere coerenti con una maggiore mobilità interna settori, spiega Perini, come ad esempio nell’ambito del turismo, dove si fa addirittura fatica a trovare personale.
C’è però da considerare che “effettivamente circa un terzo degli interessati fa una pausa abbastanza lunga, anche più di 9 mesi”, ci rivela il Direttore Luther, il cui ufficio sta svolgendo un’indagine per comprendere i motivi che spingono le persone a dimettersi dal posto fisso. Coloro che spariscono dal mercato del lavoro sudtirolese e non rientrano nel breve periodo, possono infatti coincidere con chi sceglie di andare via dalla Provincia perché trova opportunità di lavoro migliori altrove.
È difficile dunque dare una lettura univoca al fenomeno della fuga dal posto fisso. Da un lato è evidente che le priorità delle nuove generazioni sono cambiate, ha perso molto valore l’attaccamento all’azienda mentre è aumentata la necessità di un lavoro che si concili con la vita privata. Dall’altra questi fenomeni sono anche un campanello d’allarme, il costo della vita in Alto Adige è sempre più proibitivo e la scelta di andare altrove è un'opzione sempre più valida.