Il pasticcio della Provincia
Ormai la notizia, al pari del virus imperante in questo periodo, ha valicato i confini provinciali per raggiungere – alla velocità del web – anche i media nazionali, in attesa di quelli internazionali. Parliamo dell’ormai famigerata ordinanza numero 8 del 12 marzo scorso emanata dal presidente della Giunta provinciale di Bolzano, che oltre a recepire l’ultima decreto nazionale del premier Conte, nelle pieghe dei vari articoli inserisce con nonchalance un paragrafo di enorme portata. Il documento firmato da Kompatscher infatti ordina (attenzione: non raccomanda bensì ordina: la differenza è sostanziale) “ai turisti, ospiti, villeggianti e tutte le altre persone presenti sul territorio provinciale che non hanno la propria residenza in Alto Adige, di rientrare alla propria residenza, affinché possano eventualmente beneficiare delle prestazioni dei propri medici di base o pediatri di libera scelta”.
Ordinare non è sinonimo di invitare
Questo ordine, è la ratio del provvedimento spiegata dal governatore altoatesino, sarebbe finalizzato ad evitare che tutte queste persone non residenti in Alto Adige possano intasare gli ospedali della provincia in caso di necessità medica, non potendo essi beneficiare delle prestazioni dei propri medici di base o pediatri di libera scelta. Il giorno dopo, di fronte alla levata di scudi dei cittadini interessati e di politici di ogni schieramento, in calce al comunicato provinciale che annuncia la chiusura dei cantieri viene riportato quanto segue: “Le persone non residenti in provincia che sono al momento in Alto Adige per ragioni non di lavoro sono pregate di tornare nei rispettivi luoghi di residenza. Il motivo della richiesta è legato a questioni sanitarie. Ora, non bisogna essere militari per conoscere la differenza tra un ordine e un invito. E che una leggerezza simile sia presente in un testo ufficiale, al quale fare riferimento, è perlomeno spiazzante.
Nella stessa giornata inizia a circolare una bozza modificata dell’ordinanza incriminata, secondo la quale “Il dispositivo concernente il rientro al luogo di residenza, al fine di poter beneficiare delle cure eventualmente necessarie, è da riferirsi alle persone che soggiornano in Alto Adige per turismo, villeggiatura o che sono presenti sul territorio per altre ragioni ma diverse da motivi di lavoro. La disposizione infatti si riferisce alla mera presenza sul territorio provinciale, non a chi vi abbia un domicilio”. Ora, a parte il fatto che la sostanza non cambierebbe di molto visto che comunque la permanenza continua ad essere consentita solo a chi si trova in Alto Adige per lavoro, lasciando fuori tutte quelle persone giunte prima dell’epidemia per svariati motivi familiari, ad oggi la “nuova” ordinanza non esiste. E pertanto fa testo quella vecchia, tanto che in alcuni comuni sono già arrivate le intimazioni della polizia locale a fare i bagagli.
Per capirne di più abbiamo sentito l’avvocato Luca Crisafulli, giuslavorista nonché membro della Commissione dei Sei, uno dei primi a denunciare le incongruenze giuridiche e sanitarie legate all’ordinanza n. 8.
I dubbi sulla legittimità dell’ordinanza sono molteplici
“In questa ordinanza figurano molteplici dubbi di legittimità. Vi è in primo luogo un problema di tenuta costituzionale della norma. Anche se è vero, come ha precisato recentemente il professor Francesco Palermo, che durante periodi di emergenza sanitaria alcuni diritti costituzionali possano essere compressi, tale limitazione non può spingersi al punto da scardinare – da parte di un governatore di una regione o di una provincia autonoma - lo stesso sistema di valori costituzionali che disegnano l’architettura giuridica del nostro Paese. Il diritto al lavoro, a mantenere i legami con la propria famiglia, a non esporre a rischio la propria salute, a non violare una legge dello Stato, sono tutti diritti costituzionali che il presidente di una provincia autonoma non può comprimere con un’ordinanza, nemmeno in periodi di emergenza sanitaria”.
Vi è poi, secondo Crisafulli, un ulteriore profilo di illegittimità legato all’incompetenza del presidente della Provincia di Bolzano a legiferare in questa materia, tra l'altro in difformità con quanto statuito a livello governativo.
“Il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, prevede ad esempio tra le misure contenitive della diffusione virale il divieto di allontanamento dal comune o dall'area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell'area. Ciò proprio al fine di evitare spostamenti, assembramenti sui mezzi pubblici e alti rischi di contagio e di diffusione territoriale del virus. L’ordinanza presidenziale va invece in direzione opposta, laddove prevede una sorta di “Daspo” per i non residenti e li invita a mettersi in viaggio per raggiungere altri luoghi, peraltro senza fornire presidi di sicurezza e nonostante, un po' ovunque, siano stati ridotti al lumicino i collegamenti e i servizi di trasporto. Ora, è vero che l’art. 2 del medesimo decreto attribuisce alle autorità competenti la facoltà di adottare ulteriori misure di contenimento, ma al contempo precisa che detta facoltà possa essere esercitata esclusivamente al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia, non certamente per questioni legate alla mancanza del medico di base per soggetti non residenti”, spiega l’avvocato bolzanino.
Anche i non residenti possono avere il medico di base
Ed è proprio qui la contraddittorietà più manifesta: è vero che le persone non residenti in Alto Adige non possono avere un medico di base o un pediatra di libera scelta?
“La risposta - a dire il vero molto semplice - è negativa. Ai sensi dell’accordo 8 maggio 2003 della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, hanno diritto all’iscrizione negli elenchi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta della Provincia di Bolzano anche persone che non siano ivi residenti, ma che vi dimorino - per un periodo superiore a tre mesi – per motivi di lavoro, di studio o di salute. Questo fa cadere il presupposto della norma”.
Come si esce da questa impasse, avvocato?
“A seguito delle legittime perplessità da me inoltrate al presidente Kompatscher, questi aveva precisato, discostandosi dall’ordinanza, che l’ordine di allontanamento non era altro che una raccomandazione e che essa comunque riguardava esclusivamente i proprietari di seconde case. Sabato scorso è arrivata l’apertura a una modifica dell’ordinanza, nel senso che a dover lasciare il territorio provinciale sarebbero stati esclusivamente coloro che avessero avuto una mera presenza sul territorio provinciale, quindi non persone domiciliate e con attività lavorativa in Alto Adige. Ad oggi però di questa ordinanza riscritta non vi è traccia. E nel frattempo i sindaci di diversi comuni dell’Alto Adige sono già intervenuti con ordini generici di espulsione per tutti i non residenti, scatenando ulteriore confusione e angoscia tra i non residenti”.
Tra i primi comuni a invitare alla porta i non residenti figurano Vipiteno e San Candido, come segnala anche il consigliere provinciale Urzì in una nota inviata nelle ultime ore assieme alle foto delle relative ordinanze di allontanamento. Nei documenti in questione, come volevasi dimostrare, si cita appunto l’ordinanza n. 8 del 12 marzo, che malgrado le acrobazie semantiche di Kompatscher è vigente a tutti gli effetti.
Insomma un pasticcio che in periodi come questo si sarebbe dovuto evitare, per non aggiungere ansie a chi ne ha già abbastanza.
La questione degli italiani all’estero
Ma sorge spontanea un’ultima domanda: cosa accadrà ai tanti cittadini iscritti all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all'Estero) che in queste ore lasciano gli stati esteri di residenza per tornare in Italia? A queste persone sarebbe interdetto di raggiungere l’Alto Adige perché non vi risiedono, compresi i tanti sudtirolesi che, dopo essersi trasferiti all’estero, hanno perso la residenza sul territorio provinciale. Queste persone cosa dovrebbero fare? Indietro non possono più tornare, qui non possono stare. Magari toccherà loro accamparsi nel terminal dello scalo aereo come nell’omonimo film di Spielberg con Tom Hanks, dove il malcapitato protagonista, a causa di un colpo di Stato accaduto nel proprio Paese mentre si trovava in viaggio, fu obbligato a restare all'interno dell’aeroporto.