Cultura | Festival

Nuova letteratura israeliana

Una giovane generazione di autrici e autori presenta, al Festival letterario di Hohenems e Zurigo, una diversa prospettiva per cogliere e magari cambiare la complessa realtà israeliana.
Annabel De Melchiori - Zeichnung 2
Foto: Annabel Egger

Festival letterario israeliano (IsraeLiteratur): si terrà alla fine di settembre tra Zurigo e Hohenems. Organizzano il Museo ebraico di Hohenems, assieme a Literatur Vorarlberg, alla rivista letteraria austriaca Miromente e, in Svizzera, a Omanut (“Verein zur Förderung jüdischer Kunst”).

“Questi incontri con giovani autrici e autori che appartengono ad una nuova generazione di intellettuali – dice chi organizza il Festival – mostra quanto i giovani autori percepiscano e descrivano la società israeliana in modo variegato, curioso e aperto alle contraddizioni. In tal modo danno corpo all’utopia di una diversa convivenza nella loro terra, ad una cultura dell’attenzione e del riconoscimento reciproco”.

Il 28 e 29 settembre, in parte a Hohenems, in parte a Zurigo, si alternano dunque sei scrittori israeliani. Brani dei loro testi, nel Land austriaco, saranno letti da autori locali. Il festival sarà aperto nella mattinata del 28 settembre da Nir Baram. Nato a Gerusalemme nel 1976, romanziere e commentatore politico, Baram è impegnato sul fronte del riconoscimento dei diritti dei palestinesi e della riforma della legge di cittadinanza. Tomer Gardi, l’autore protagonista del pomeriggio, è nato (1974) nel kibbuz di Dan, in Galilea, e si confronta in modo critico coi miti fondativi dello Stato di Israele. I libri di Lizzie Doron (1953, Tel Aviv) sono adottati nelle scuole israeliane, mentre il primo romanzo di Eshkol Nevo (1971, Gerusalemme) è stato a lungo un best seller. Sayed Kasha (1975, Tira) è uno degli autori arabo-israeliani più affermati e Assaf Gavron (1968), cresciuto nella capitale, oltre a scrivere, canta e inventa giochi elettronici come quel “Peacemaker” che simula, per risolverlo almeno virtualmente, il conflitto mediorientale.

C’è un legame particolare tra la città di Hohenems e l’Alto Adige. In un certo senso quella vorarlbergese è la comunità ebraica matrice di quella di Merano. Se si prescinde da singole persone che svolsero una loro attività in riva al Passirio già nel tardo Medioevo, i primi ebrei stabilitisi in città sono infatti i fratelli Biedermann, giunti nel 1832, titolari di un istituto di credito. Da lì in avanti numerose famiglie arrivarono in città, provenienti principalmente da Hohenems. Lo sviluppo della comunità andò di pari passo con la crescita di Merano come città di cura. Proprio in quegli anni l’amministrazione cittadina scoprì le virtù del clima meranese, sorsero i primi alberghi, arrivarono gli ospiti più blasonati tra i quali l’imperatore Francesco Giuseppe con la moglie Sissi. Gli ebrei meranesi, mentre si integravano perfettamente nel tessuto cittadino, diedero mano alla costruzione di una comunità assai vivace, caratterizzata dalla gestione di alcune strutture quali il sanatorio, la sinagoga e, ancor prima, il cimitero.

A Hohenems (Schweizerstr. 5), il Museo Ebraico rappresenta oggi uno sviluppo dell’opera di documentazione della vita del mondo ebraico nel Voralberg, iniziata ai primi del ‘900 da Aaron Tänzer, che fu rabbino, per qualche anno, anche in riva al Passirio.

La rivista Miromente ha in programma un numero speziale che raccoglierà i contributi degli ospiti israeliani e degli autori locali. Il Festival si accompagna all’esposizione temporanea “Familienaufstellung. Israelische Porträts, Fotografien und Interviews von Reli und Avner Avrahami”, che chiuderà il prossimo 12 gennaio.