Società | Un segno

Aung San Suu Kyi delicata come un fiore forte come l'acciaio ha vinto

"La Signora" della Birmania/Myanmar, premio Nobel per la pace, figlia del fondatore della Birmania indipendente ucciso quando lei aveva solo due anni, ha vinto.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

La commissione elettorale ha decretato la vittoria della "Lega nazionale per la democrazia" alle prime elezioni svolte nel paese dopo 25 anni, elezioni che "Amay", madre, come la chiamano i birmani, ha definito "giuste ma non libere". Non libere perché per legge il 25% del parlamento viene nominato direttamente dal regime militare, e perché, nonostante la maggioranza assoluta, i vincitori probabilmente non saranno in grado di modificare l'articolo della Costituzione che sbarra ad Aung San Suu Kyi la strada del governo perché moglie e madre di stranieri (il marito era cittadino britannico, e Aung non aveva potuto assisterlo durante la malattia incurabile che l'aveva colpito perché non le sarebbe più stato consentito di rientrare nel suo paese). Per cambiare la Costituzione, infatti, la legge prevede una maggioranza qualificata del 75% più un voto, ed appare assai improbabile che qualcuno tra i nominati dal regime possa esprimere quel voto favorevole.

Resta una vittoria storica, che ha già avuto un primo assenso formale della Cina, finora interlocutore privilegiato del regime. Dopo decenni di segregazione e di lotte la lady combattente con la sua indiscutibile autorevolezza, con immensi sacrifici personali, con un sorriso disarmante e malinconico e con le armi della democrazia e della non violenza ha battuto il regime militare che le ha segnato tutta la vita.

In un momento così difficile prendiamolo come un segno di speranza per tutti.