Femminismo: what are we talking about?
Recentemente un lettore di salto.bz ha invitato le donne a riflettere su come il femminismo sia suddivisione, scissione e separazione. Noto spesso una diffusa ignoranza a riguardo, e così credo sia arrivato il momento di dare una breve infarinatura generale sul termine femminismo o meglio sui femminismi per rassicurare chi ancora pensa che il femminismo sia un’ideologia anti-uomo o che abbia come obiettivo la semplice sostituzione di uomini con donne in un sistema di potere invariato.
Per definizione, il femminismo è il “movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne. Un insieme di teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una collocazione sociale paritaria in quella pubblica” (Enciclopedia Treccani). Il movimento nasce verso la metà dell’Ottocento, e da allora ha conosciuto diverse ondate. Dalla lotta per l’uguaglianza giuridica, il diritto a istruzione e voto ad un’estensione del dialogo a sesso, matrimonio, maternità e lavoro, passando per gender studies, antiviolenza e intersezionalità fino a una diffusione capillare dell’attivismo grazie ai social network. Conseguentemente il femminismo si è sviluppato anche in diverse correnti di pensiero, dal femminismo liberale/tradizionale a quello new age, dal femminismo individualista a quello transfemminista e molti altri. Per questo oggi parliamo di una pluralità di femminismi.
Il femminismo nel quale personalmente mi identifico si interroga sulla radice della disparità di genere e la identifica nella società patriarcale
Il femminismo nel quale personalmente mi identifico meglio, è quella frangia del movimento che va oltre la definizione riportata sopra e che si interroga sulla radice della disparità di genere e la identifica nella società patriarcale (vi ricordate la prima, la seconda e la terza puntata della miniserie “Patriarcato? Parliamone” di dicembre?). È un femminismo che riconosce come un sistema sociale patriarcale - che basa su gerarchie di potere e produce sfruttamento (soprattutto delle donne ma anche di altre categorie che non siano il “maschio alfa privilegiato dalla società patriarcale”) - non potrà mai essere paritario. Per una reale parità di genere, è indispensabile il ribaltamento di questo sistema.
Non si tratta di avere le stesse libertà o lo stesso potere degli uomini, non si tratta di un ‘donne contro uomini’. Si tratta di prendere consapevolezza e destrutturare (prima in se stessə e poi nel mondo che ci circonda) quei preconcetti, stereotipi e modelli che alimentano il patriarcato e che danneggiano tuttə: donne, uomini e persone non binarie, perché ci costringe a ricoprire e riprodurre ruoli di genere molto stretti nei quali nessunə si riconosce davvero.
I femminismi quindi non sono necessariamente una prerogativa del genere femminile. Mirano a mettere fine a sessismo, sfruttamento e oppressione con una serie di pratiche che possono essere adottate da chiunque ne senta il bisogno o ne veda la necessità. Esistono gruppi maschili che riconoscono i valori del femminismo e adottano pratiche femministe. Così come esiste il movimento Non Una Di Meno che ha allargato l’inclusione ed è un movimento transfemminista.
Ci impegniamo quotidianamente per un mondo più equo dove siano garantiti i diritti umani per tuttə
Certo, lottiamo per conto nostro, perché l’esperienza ci insegna che se non siamo noi a farlo, non lo farà nessuno. Lottiamo contro chi ancora oggi nega la disparità e rifiuta la realtà di chi la vive. Lottiamo, perché spesso per noi si tratta di salvare la pelle. Ci impegniamo quotidianamente per un mondo più equo dove siano garantiti i diritti umani per tuttə, e ben venga chi a modo suo appoggia questa lotta nella propria realtà (possibilmente senza mansplainarci come fare...).
Ecco, perché mettere nella stessa frase femminismo, suddivisione, scissione e separazione è davvero un azzardo. Anzi, io mi chiedo ogni giorno come possa non essere femministə chi ha a cuore il superamento di questi meccanismi.
„tuttə“:
„tuttə“:
diese Art der Schreibweise ist sehr irritierend (auch von der Netiquette nicht erwünscht);
würden Sie dies respektieren, auch als Entgegenkommen und Respekt dem Leser gegenüber?
In risposta a „tuttə“: di Peter Gasser
Ich glaube nicht, dass die
Ich glaube nicht, dass die Netiquette etwas gegen die Verwendung des inklusiven Schwa Zeichens hat. Vermeiden sollte man imho, in Sinne der Netiquette, Dinge wie lange Strecken dialektaler Schreibweise, mutwillige durchgängige Klein- oder Großschreibungen und so ähnliche Dinge, die den natürlichen Lesefluss für den Leser arg stören.
Das Schwa ist - in der "italienischen" Online Welt - ein 2022 eher üblicher Kunstgriff, so wie es halt das Binnen-I oder das Gendersternchen auch sind.
Es steht ja jedem frei, das Zeichen jetzt gut, mittelmäßig, woke oder völlig daneben zu finden.
Die Netiquette würde ich jedenfalls argumentativ wirklich nicht aus der Schublade ziehen.
In risposta a Ich glaube nicht, dass die di Christoph Moar
Ja, vielleicht bin ich dafür
Ja, vielleicht bin ich dafür nicht „modern“ genug, mich stört beim Lesen auch das Binnen-I, oder das Gendersternchen, gleichermaßen;
wie dem auch sei, wir leben in einer Welt „üblicher Kunstgriffe“, so mag dies so sein.
Es gibt in der Tat Schlimmeres, auch hier im Community-Bereich.
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(Es war daher lediglich als höfliche Frage formuliert)
In risposta a „tuttə“: di Peter Gasser
Ich verwende ə um auch jene
Ich verwende ə um auch jene Leser:innen anzusprechen, die sich im generischen Maskulinum nicht wiederfinden. Schade, dass Sie gendern so empfinden, ich verstehe die Anwendung einer inlusiven Sprache nicht als Kunstgriff, sondern als Ausdruck des Respektes. Zu Beginn hat es mich zwar auch einige Mühe gekostet, aber man gewöhnt sich daran (Emojis not available)
In risposta a Ich verwende ə um auch jene di Christine Clignon
Ja, ich weiß, und es sei
Ja, ich weiß, und es sei Ihnen also unbenommen;
ich kann mich bildlich ästhetisch und von der Grammatik her einfach nicht damit anfreunden, nehmen Sie es mir bitte nicht übel.
Im übrigen bin ich bedingungslos für eine Gleichstellung der Geschlechter und für gleiche Entlohnung für dieselbe Leistung - unabhängig von Alter, Herkunft und Geschlecht.
Ich halte gerne (m)einer Frau die Tür auf, empfinde aber Abneigung vor jedem männlich-abwertendem Verhalten gegenüber Frauen.
Man braucht sich nur Filme aus den 50er-Jahren anzusehen, um eine Ahnung von den Verhaltensnormen und Mechanismen patriarchaler Strukturen zu bekommen... mitsamt deren Nachwirkungen aus der Vergangenheit herauf in die Gegenwart.