“È il sistema che non funziona”

Il ministro degli Interni austriaco Mikl-Leitner, riguardo la decisione di ripristinare le barriere al Brennero, ha chiesto “comprensione” a Kompatscher, Rossi e Platter. Significa che bisognerà accettare incondizionatamente le scelte di Vienna?
Va detto innanzitutto che la maggior parte delle persone che cercano di varcare il confine del Brennero non si vuole fermare in Austria. Quando nel 2015 sono stati ripristinati i controlli al confine con la Germania c’è stato un forte coordinamento fra la Germania stessa e l’Austria, fra Kufstein e Rosenheim. Come hanno riferito le autorità austriache, a suo tempo, l’effetto è stato che la gente non è stata bloccata alla frontiera ma si sono piuttosto creati dei campi di transito a Kufstein. Un certo quantitativo di persone a una determinata scadenza oraria è stato poi rimandato alle autorità tedesche, chiamando in causa l’articolo 23 del Trattato di Schengen, secondo il quale per motivi di sicurezza interna si possono richiedere controlli temporanei. Ora bisognerà capire cosa succederà al Brennero e come ci si comporterà, ad esempio, con coloro i quali vogliono proseguire il viaggio dal momento che le circostanze dipendono anche da altri attori, quali la Germania o la Svezia.
Si continua a prospettare l’idea che il Trentino-Alto Adige diventi una novella Lampedusa.
Non la ritengo una possibilità realistica. Se il Brennero dovesse “intasarsi” le persone troverebbero sicuramente altre vie per uscire dall’Italia.
Crede che l’Euregio, apertamente criticato per il ritardo con cui è intervenuto sulla questione, potrà davvero avere una qualche influenza sulle decisioni di Vienna?
Ben venga questo nuovo livello di governance, anche se certamente l’Euregio non avrà potere decisionale il risultato positivo è che Trentino, Alto Adige e Tirolo, acuiscono la loro sensibilità rispetto alle esigenze e agli interessi locali comuni, cooperano su un piano operativo e possono fare eventuali pressioni ai propri governi. Deve essere la task force dell’Euregio poi a informare tempestivamente l’opinione pubblica sui futuri sviluppi della situazione. È vero inoltre, però, che va messa in discussione la scarsa efficacia degli hotspot o delle quote che evidentemente non funzionano.
Si spieghi meglio.
Ci sono persone nei centri di identificazione che si rifiutano di farsi prendere le impronte perché sanno che in questo modo, dal momento che è ancora in atto il Trattato di Dublino, dovranno restare in Italia, c’è poi il fatto che le persone arrivando nel nostro paese devono compilare un formulario, non necessariamente nella propria lingua, dove va indicato il motivo per cui si è scelto di venire in Italia. Fra le opzioni segnate non c’è però quella di asilo. Alcune persone, quindi, si ritrovano con un provvedimento di respingimento “differito” che in sostanza le obbliga a prendere un volo per tornare nel proprio paese d’origine. La Sicilia è piena di queste persone, che senza un soldo in tasca, aspettano di tornare indietro senza aver avuto la concreta possibilità di chiedere asilo. Se non partono e le autorità trovano queste persone che sono in stato irregolare possono deportarle e metterle nei CIE dove possono essere ospitati per un massimo di tre mesi, ma se viene fatta richiesta di asilo all’interno della struttura possono rimanervi per un anno. Comprendo che si vogliano spostare i controlli dal confine del Brennero a sud o a est ma il sistema non è assolutamente efficace, come spesso sottolineato da diverse associazioni competenti, in Sicilia che hanno denunciato più volte come spesso non venga rispettato il diritto individuale di chiedere asilo.
Vienna avrebbe la facoltà di sospendere Schengen fino a due anni effettuando controlli a campione, che scenario si aprirebbe a quel punto?
Può sospenderlo per tre mesi e poi chiedere una proroga che può appunto arrivare fino a un massimo di due anni. La Commissione europea farà delle valutazioni per capire i motivi dell’eventuale decisione e attestare se la sicurezza interna del paese è minacciata e se non viene ostacolata la libera circolazione delle persone in Europa. Uno degli scenari possibili è che l’Austria accolga un tetto massimo di persone e che gli altri rimangano in Italia, va tenuto conto del fatto che se si fa domanda di asilo questa deve essere quantomeno presa in considerazione.
C’è anche il rischio che la fiamma del nazionalismo più granitico possa riprendere vigore?
Lo scenario attuale è senz’altro un buon argomento per le destre che trovano terreno fertile per ricominciare a parlare di indipendentismi e secessionismi. C’è soprattutto da dire che ancora in Alto Adige ci sono più di un centinaio di richiedenti asilo che vivono in strada, ancora non abbiamo preso di petto le criticità che ci riguardano più da vicino. Se vogliamo pensare al futuro prima di occuparci del Brennero vanno risolti i problemi che ci portiamo dietro da mesi, ormai, sul tema dell'accoglienza.
Non si sottovaluta forse il fattore umano nella contingenza della situazione?
È così, non è mai stato molto considerato, ma a riempire il vuoto ci ha pensato spesso la popolazione che ha dimostrato una forte solidarietà in questo senso. È chiaro però che se la gestione del problema è inefficiente si creano degli attriti e nascono paure anche legittime. Il punto è che il capro espiatorio è sempre il profugo o il senzatetto di turno, mai il sistema.
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