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Società | Avvenne domani

La Memoria e la razza

Un'occasione per riflettere sulle radici profonde del razzismo, padre ignobile dell'antisemitismo.

Quando accade che le celebrazioni della Giornata della Memoria, programmate proprio in questo periodo, vadano a cadere mentre infuria il dibattito provocato da chi sostiene che sia addirittura la nostra Costituzione a render lecito il disquisire sulla razza, non è forse inutile riservare all'argomento qualche pacata riflessione.

La Memoria che si vuol tener viva con questa ricorrenza è ovviamente ed innanzitutto quella della Shoah, come avvenimento unico ed incommensurabile nella storia dell'umanità. Può non essere inutile, tuttavia, esplorare anche le periferie storiche di quella strage senza paragoni. A noi italiani può essere di giovamento, ad esempio, il recuperare le origini storiche di quelle leggi, non a caso definite "razziali" con le quali il fascismo, sul finire degli anni 30, dispose tutta una serie di misure discriminatorie nei confronti degli ebrei italiani, che si sarebbero poi tradotte, dopo l'8 settembre 1943, in una totale adesione del neofascismo saloino alla politica di sterminio messa in atto dai nazisti.

Le leggi, volute da Mussolini, arrivarono, non a caso, all'indomani della conquista dell'Etiopia e della proclamazione dell'impero. Nacquero, come gli storici hanno più volte raccontato e documentato, dal timore che il contatto fisico tra il conquistatore italiano e il conquistato potessero produrre fenomeni che venivano riassunti nella categoria del "meticciato", andando ad inquinare la presunta purezza della stirpe italica. Da qui alla persecuzione sistematica dell'unico "popolo" considerato estraneo e allora esistente in Italia, quello ebraico, il passo fu breve e quasi automatico. Scorrendo le pagine dei giornali dell'epoca, saldamente allineati nel propagandare il nuovo credo razzista, si può facilmente osservare come molte delle motivazioni poste alla base delle discriminazioni razziali, sia quelle nei confronti delle popolazioni delle colonie africane sia quelle più specificamente antisemite, non sono poi molto diverse, nella loro estrema sintesi, da quelle che ancor oggi si sentono ripetere una necessità di difendere l'italica stirpe dalla contaminazione e dall'invasione di soggetti estranei.

È un percorso storico, quello descritto più sopra, che fa giustizia anche di un'altra delle fandonie messe in circolazione nell'inesausto tentativo di riabilitare il periodo fascista: quello secondo cui l'antisemitismo italiano sarebbe stato solo una tragica scopiazzatura di quello nazista. Se è vero che la componente antisemita non è certamente tra quelle rilevanti quando, il 23 marzo 1919, in piazza San Sepolcro a Milano, nasce ufficialmente il fascismo, è pur vero che essa entra ufficialmente a far parte del regime con l'adesione delle frange più estreme del nazionalismo. È un filone ideologico e culturale che resta sottotraccia, quasi ignorato, se non momento in cui, proprio a fronte dei problemi nati con l'espansione coloniale, torna prepotentemente in superficie. Al margine di queste vicende vale sempre la pena di ricordare che uno fra i più fanatici e determinati antisemiti italiani, lo spretato Giovanni Preziosi, fu incaricato da Mussolini di assistere e consigliare Ettore Tolomei quando, nella primavera del 1923, fu investito dall'incarico di elaborare i provvedimenti per la snazionalizzazione dei sudtirolesi.

Tutte queste considerazioni riportano ad una riflessione più ampia e complessiva e che riguarda le radici dell'antisemitismo e, in definitiva, del più generale fenomeno del razzismo nella nostra cultura europea. Il pericolo è quello che concentrandosi unicamente, anche con le celebrazioni di questi giorni, sulla spaventosa enormità della Shoah, si finisca per sigillare l'antisemitismo stesso all'interno del fenomeno storico nazista o più in generale delle dittature nazifasciste del novecento. Per cui basta oggi  proclamarsi antinazisti per considerarsi del tutto mondati da ogni colpa e da ogni oscuro pensiero.

Così evidentemente non è.

Basta ripercorrere le pagine della storia europea di questi secoli per capire che il razzismo, con la sua tragica invariante antisemita, affonda radici ben robuste nel nostro passato in cui la cultura europea che oggi diciamo di voler difendere nei confronti di presunte e ostili invasioni.

Non c'è solo l'antisemitismo dei pogrom, divampati come incendi in tutti i paesi europei dal medioevo in poi. Ci sono delle correnti di pensiero ben più insidiose sottili che, a partire da quegli avvenimenti che potremmo buon titolo considerare come definitivamente scomparsi dal nostro orizzonte, arrivano a lambire anche i giorni nostri.

Un esercizio utile, in questo senso, è quello di camminare fra le tombe in un cimitero ebraico. Non occorre andare sino a Praga. A Merano le sepolture con la Stella di Davide ci raccontano in modo efficace la storia di una piccola comunità, formatasi nel corso dei decenni per scelte individuali ma anche per costrizione e paura di persecuzioni sempre rinnovate. Una storia di persone che si snoda tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, in un'epoca che vogliamo considerare "civile", ma nella quale l'antisemitismo era talmente tollerato, da farsi che si stampassero guide turistiche nelle quali venivano comprese, come mete per viaggi, solo quelle località che potevano fregiarsi dell'appellativo di "Judenfrei". Così anche era totalmente sdoganato l'antisemitismo a sfondo religioso. Non occorre risalire sino alle spaventose invettive antiebraiche dell'anziano Lutero. Basta sfogliare le raccolte del periodico gesuita Civiltà Cattolica negli anni 30 per trovare incredibili violenze verbali.

La meditazione davanti alle tombe del cimitero ebraico di Merano passa inevitabilmente attraverso le tragiche vicende di quella piccola comunità straziata dalla persecuzione nazifascista, attuata senza colpo ferire dopo l'8 settembre del 1943, ma approda anche ad inquietanti riflessioni su ciò che avviene in tempi più recenti. Se è vero, infatti, che l'odio antiebraico dei regimi nazifascisti si alimenta di origini storiche ben precise ed antiche, è altrettanto vero che esse sopravvivono, sia pur cautamente mascherate, alla fine di quelle dittature.

Di nuovo non c'è solo il rischio costituito dall'antisemitismo dichiarato da coloro che si proclamano eredi, magari tra molti distinguo, di Hitler e Mussolini. I percorsi sono volte più tortuosi ed insidiosi. Ricordo ancora oggi con stupore le reazioni rabbiose che mi toccò di raccogliere quando, anni or sono, ebbi parte, con altri colleghi, nell'assegnare alla Comunità Ebraica di Merano il premio allora assegnato annualmente dai giornalisti bolzanini. Un odio sordo, sganciato in molti casi ogni forma di appartenenza ideologico politica, così come è avvenuto, sempre in anni recenti, per la tenace resistenza opposta particolari gruppi religiosi alla cancellazione, nel Trentino, del culto antisemita del cosiddetto Simonino, clamoroso esempio dei falsi storici sui presunti omicidi rituali compiuti dagli ebrei.

La Giornata della Memoria, oltre che rinnovare in modo inesausto il racconto dello sterminio da parte nazista, sarà perciò tanto più efficace quanto più riuscirà ad ottenere che la nostra società apra, soprattutto davanti ai più giovani, una presa di coscienza severa sul razzismo, e quindi anche sull'antisemitismo, che continuano ancora a circolare impunemente nella nostra cosiddetta civiltà e in quella cultura che si vuole a tutti i costi difendere.

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Hartmuth Staffler Sab, 01/20/2018 - 17:53

Die Gemeinde Brixen hat sich (wegen Opposition der italienischen Koalitionspartner) geweigert, an der ehemaligen Dompropstei, die der jüdischen Mitbürgerin Lea Pincherle enteignet wurde, eine Erinnerungstafel anzubringen. Dafür bleibt des faschistische Kriegsverbrecher Gennaro Sora, der in Äthiopien mindestens 1500 Frauen und Kinder ermordet hat, Ehrenbürger der Gemeinde Brixen, weil die SVP es den Italienern nicht zumuten kann, ihnen diese "Ehre" zu nehmen. Brixen ist damit ein Beispiel dafür, wie in Südtirol mit der Vergangenheit umgegangen wird.

Sab, 01/20/2018 - 17:53 Collegamento permanente
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Hartmuth Staffler Sab, 01/20/2018 - 21:19

Gennaro Sora wurde Ehrenbürger der Gemeinde Brixen, weil ihn ein faschistischer Podestà dazu ernannt hat. Für die Italiener in Brixen wäre es eine Demütigung, wenn man diesem ihren "Helden" die Ehrenbürgerschaft absprechen würde, und die SVP macht sich wie üblich in die Hosen.

Sab, 01/20/2018 - 21:19 Collegamento permanente