Una catastrofe chiamata bostrico
Non bastano i danni alle colture assetate, soprattutto nella parte più a sud del bacino imbrifero del fiume Adige: la grave siccità di questa estate torrida crea stress agli abeti rossi, questi rilasciano nell’aria delle sostanze volatili che vengono captate da voraci coleottori in grado di “ucciderli” in poche settimane. In primavera il bostrico aveva seccato già un migliaio di ettari di boschi e si stima che tra un paio di mesi la cifra sarà come minimo raddoppiata. Duemila “campi di calcio” di alberi-zombie sui pendii delle vallate altoatesine: un incubo che trae origine dalla tempesta Vaia del 2018. Un evento catastrofico che in tutto il Nordest ha causato l'abbattimento di 42 milioni di alberi ed è legato a doppio filo con le devastanti e variegate ripercussioni dei cambiamenti climatici in atto. Anzi. Per la precisione, come spiega Wikipedia, Vaia è erroneamente conosciuta con l'appellativo di "tempesta" (grado 10 nella Scala di Beaufort), ma in quei giorni di fine ottobre i venti di scirocco raggiunsero le velocità "uragano" (grado 12) tra i 100 e i 200 km/h, che di solito vengono toccate solo quando soffiano sulle acque tropicali o subtropicali del pianeta.
Da quattro anni l’Ufficio pianificazione forestale della Provincia di Bolzano osserva quindi con preoccupazione lo sviluppo del bostrico dell’abete rosso (o tipografo. Ips typographus), il piú importante insetto patogeno specifico della pianta. Lungo appena cinque millimetri si insinua sotto la corteccia degli alberi, dove scava intricate gallerie che interrompono il flusso della linfa degli alberi già particolarmente deboli. L’insetto attacca piante a terra come quelle abbattute da Vaia, fino a quando il contenuto d’acqua sotto corteccia è sufficientemente alto, o anche piante in piedi, indebolite o stressate, decretandone la morte molto velocemente. Gli alberi perdono il colore verde e diventano lentamente marroni. Guardando i pendii delle montagne in Alto Adige negli ultimi mesi succede sempre più spesso di notare aree in cui avviene il cambio di colorazione. La foto che circola da ieri sui social in cui si vede il quasi intero versante occidentale del bosco nei pressi di San Martino in Badia ormai secco è a dir poco inquietante. “Ad essere colpita maggiormente – spiega Marco Pietrogiovanna dell’ufficio foreste – è la val Pusteria seguita dalla val Badia. Ma il problema è esploso su tutto il territorio provinciale. Sarà un anno davvero difficile, i conti li faremo alla fine dell’estate”.
Un flagello dopo l'altro
La concatenazione di eventi disastrosi che ha colpito le foreste sudtirolesi negli ultimi quattro anni è davvero impressionante. Dopo i 2 milioni di metri cubi di alberi schiantati dalle raffiche di Vaia, altri 2 milioni (!!) di metri cubi sono stati schiantati dalla neve negli ultimi due inverni.
Da qualche mese gli esemplari di bostrico tipografo sopravvissuti al freddo dalla primavera proliferano nelle giovani piante che non hanno difese. “Solo che quelle abbattute da Vaia – continua Pietrogiovanna – sono masse concentrate ed è stato fatto un lavoro efficace e molto veloce per sgomberarle. Gli schianti da neve sono un po’ qui e un po’ lì, e finora si è riusciti a recuperare circa la metà degli alberi. Questa massa a terra ha provocato una nuova proliferazione del bostrico. L’anno scorso il fenomeno è stato relativamente contenuto, quest’anno, con la siccità e gli ulteriori schianti dovuti alla neve, è esploso anche qui in Alto Adige. Si teme che durerà almeno tre o quattro anni. Secondo i dati che avevamo in primavera il coleottero aveva colpito circa il 10% della massa di alberi abbattuti dalla combinazione Vaia+neve, quindi circa 400.000 cubi o 1.000 ettari".
Il grosso guaio, dunque, è che dopo essersi nutrito delle piante a terra, il bostrico è attratto da quelle sane ma 'stressate'. “Per la mancanza d’acqua, la stagione ha preso una brutta piega. Anche le piante che qualche mese fa erano in salute vengono attaccate. Se si osserva un pendio oltre ai nuclei di colore marrone, dove gli attacchi sono già finiti, le piante morte e il coleottero è volato via, ce ne sono altri che stanno iniziando a virare dal verde al marrone. In quelle zone l’attacco dei coleotteri è in corso”. E non si può fare nulla? “La cosa più efficace per limitare i danni, è sgomberare sempre le piante danneggiate o le piante attaccate di fresco. Sarebbero alberi da tagliare e scortecciare”.
Quindi un bosco marrone è un bosco già irrimediabilmente morto? E la legna almeno si può recuperare? “Sì il bosco marrone non è più recuperabile. Essendo tutto ancora più secco aumenta di conseguenza anche il rischio incendi. Quando il bosco è così noi dobbiamo valutare se in alcune zone più ripide è necessario fare ad esempio opere paravalanghe o altri interventi. Se l’attacco è appena avvenuto e la pianta è morta da poco il legno è comunque recuperabile e inseribile sul mercato. Se la pianta resta lì può essere attaccata da altri agenti”.
Proliferazione incontrollabile
Fino alla siccità di quest’anno il problema è stato gestito con danni relativamente contenuti. “Il sistema altoatesino, nel quale circa due terzi dei boschi è di proprietà privata e un terzo dei Comuni ha reagito al meglio dopo Vaia, rimuovendo velocemente gli alberi caduti, ritardano l’esplosione del problema bostrico. Ma con i successivi schianti prima o poi la questione doveva esplodere. Si tratta di cercare di individuare le piante appena colpite e rimuoverle, ma non è affatto facile. Ed il compito è dei proprietari dei boschi".
La scorsa estate i forestali avevano distribuito nei territori colpiti dagli schianti oltre 100 trappole con ferormoni che venivano esaminate ogni 10 giorni. I rilevamenti avevano evidenziato che con l’ondata di caldo della scorsa estate le popolazioni si erano già sviluppate in modo esponenziale. Le trappole avevano fatto registrare picchi fino a 28.000 esemplari nel mese di giugno.
La situazione è altrettanto grave in Trentino. “Dall'anno scorso è esploso, purtroppo sono moltissimi gli alberi attaccati. Tanti erano stati indeboliti da Vaia nel 2018 e poi sono stati aggrediti dal bostrico” ha spiegato al Dolomiti.it Vittorio Ducoli, direttore del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino. Gli insetti stanno distruggendo anche una delle aree più conosciute del parco: la famosa Foresta dei violini, conosciuta per il legno di risonanza ricercato dai maestri liutai di tutto il mondo.