Ambiente | La lettera

Lupi vittime del bracconaggio?

L'associazione "Io non ho paura del lupo" replica a Luigi Spagnolli e si chiede: "Dove sono finiti alcuni dei vostri animali? Assurdo chiedere un controllo senza dati"
Lupo
Foto: (c) pixabay

Qualche settimana fa abbiamo dato conto con un articolo dei contenuti della Relazione annuale sul lupo mai divulgata dalla Provincia di Bolzano nella quale emergeva un grosso problema di riperimento dei dati. Recentemente Luigi Spagnolli, direttore dell'Ufficio caccia e pesca ha replicato, spiegando le ragioni di Palazzo Widmann. Ieri, l'associazione Io non ho paura del lupo di Borgotaro (Parma) a propria volta interviene con grande decisione sul tema. Ecco la lettera che abbiamo ricevuto.

 

Gentile redazione di salto.bz, siamo rimasti molto colpiti dalle recenti dichiarazioni del direttore dell'Ufficio caccia e pesca della Provincia Autonoma di Bolzano, Luigi Spagnolli, riguardo il tema lupo e la presunta "necessità di applicare un controllo" da voi recentemente pubblicate. Come associazione impegnata da diversi anni nel favorire la coesistenza tra l'uomo e il grande predatore che da diverso tempo sta tornando a popolare anche le nostre Alpi, sentiamo il dovere non solo di offrire qualche precisazione, ma anche di esporre il nostro punto di vista su un tema che molto spesso riteniamo trattato in maniera poco chiara.

In primis crediamo sia necessario specificare che il primo branco, dopo oltre un secolo, si è formato tra le provincie di Verona e Trento nel 2013, e non, come erroneamente indicato nell'articolo, nel 2010.
Slavc e Giulietta, questo il nome dei due lupi alpha, hanno contribuito tramite le loro 9 riproduzioni a ri-colonizzare l'arco Alpino Centro-Orientale, ma altri individui, provenienti sia dalla popolazione Slovena, da quella Svizzera che ad oggi conta 15 branchi certi, sia dal resto d'Italia, come dimostrano i recenti casi di lupi che hanno attraversato talvolta l'intera Pianura Padana, dimostrano come la grande mobilità della specie sia alla base di questa naturale ripresa degli spazi.
Occorre specificare che questa ri-colonizzazione dei territori non avviene "a macchia d'olio" dalle aree più vicine a quelle più lontane, ma segue complesse dinamiche che hanno portato, a puro titolo di esempio, alla formazione di un branco sulla Marmolada al confine con l'Alto Adige già nel 2017, rispetto al nuovo branco nella Lessinia Orientale, formatosi nel 2020 a pochi chilometri dal primo nucleo Alpino Orientale originatosi nel 2013.

Riguardo l'attività di monitoraggio del lupo sul territorio altoatesino si evince, dalla lettura del report 2020 recentemente pubblicato, che "la mancanza di un monitoraggio standardizzato con tecniche che permettano accertamento del successo riproduttivo" non permetta alla Provincia di Bolzano di avere dei dati solidi sulla presenza del lupo sul suo territorio, e allo stesso tempo, non possa in alcun modo metterla nella condizione di prendere delle decisioni, come ad esempio quella di "applicare un controllo della specie" vista la seria mancanza di dati in merito.
Solo con una conoscenza approfondita, secondo la nostra opinione, si potranno prendere le giuste scelte gestionali, e al momento in Alto Adige non sembrano esserci i presupposti affinché si possano prendere questo tipo di decisioni. Bisogna inoltre sottolineare che la conoscenza della propria popolazione di lupi è uno dei requisiti necessari per la richiesta di abbattimenti in deroga all'Unione Europea.

Altrove fanno così Un bellissimo video sulla possibile convivenza tra uomo e lupo.



Restando sul tema del monitoraggio, e prendendo a riferimento il dato minimo-certo che si evince dal report provinciale, quello di 15 lupi identificati tramite genetica nel 2020, 7 nel 2019 e 14 nel 2018 si può comprendere come il numero di lupi presenti sul territorio altoatesino sia davvero esiguo se comparato ad altre regioni alpine, con una crescita sostanzialmente stabile. Al tempo stesso si comprende chiaramente come esso sia in netta contrapposizione con il trend del resto delle regioni italiane adiacenti, aree dove il lupo continua a cresce con un buon ritmo comune a buona parte dello stivale. Non siamo a conoscenza dei motivi per il quale la crescita delle popolazioni di lupo in Alto Adige segua questo trend, ma è possibile ipotizzare che, grazie al costante clima di tensione che attanaglia la specie, anche la barbara e illegale pratica del bracconaggio possa aver ipoteticamente influito sulla difficoltà ad espandersi della specie.

Risulta altresì difficile comprendere come, in una provincia come l'Alto Adige, dopo quasi 5 anni di presenza della specie, "durante la stagione riproduttiva e post-riproduttiva, non sia stata effettuata attività né di Wolf howling, né di fototrappolaggio" rendendo "tecnicamente difficile confermare la presenza o assenza dei branchi sul territorio" considerato come il tema sia di interesse pubblico e all'attenzione dei media quasi quotidianamente. Probabilmente le risorse umane a disposizione dell'istituzione non sono sufficienti o non adeguatamente formate per avere un'approfondita conoscenza dei branchi presenti sul territorio al pari della Provincia di Trento: paragonando la mole di dati sul lupo raccolti in quest'ultima, l'Alto Adige ne esce impietosamente sconfitto.

Wolfsfreies Südtirol Manifestazione a Bolzano contro il lupo Lisa Maria Gasser


Lo stesso vale per le domande di sovvenzione per l'adozione di mezzi di prevenzione: nel 2020 solo 6 nuove domande di contributo per la costruzione di recinzioni di protezione delle mandrie sono arrivate in Alto Adige a fronte delle 172 domande ricevute dalla Provincia di Trento. Crediamo quindi che l'attuale stato di conoscenza del lupo in Alto Adige non permetta in alcun modo agli organi preposti di prendere decisioni gestionali e che, prima della richiesta di deroghe, sarebbe necessario lavorare sui mezzi di prevenzione.

Occorre inoltre ribadire come, dal nostro punto di vista, sia totalmente errata l'ipotesi che la mitigazione del conflitto passi per l'uccisione di qualche lupo, al solo scopo di rimuovere quest'aura di impunibilità della specie.
Questo tipo di "gestione" in realtà non aiuta in alcun modo gli allevatori, che possono subire gravi perdite anche per colpa di un singolo esemplare. Secondo la nostra Associazione, l'unica maniera di "difendere il paesaggio culturale, nel quale l'uomo che ci vive interagisce con la natura" è quello di lavorare con impegno su tre ambiti: migliorare sensibilmente le attività di monitoraggio, creare cultura sul tema lupo nella popolazione ed incentivare l'utilizzo dei mezzi di prevenzione.


L'Associazione Io non ho paura del lupo