Società | Lessico

Sinnerologia

ingiocabile
  • “Non ci sono più aggettivi” è il commento più frequente alle imprese di Jannik Sinner. Ma, se non ci sono più aggettivi, perché insistere a bombardarci con metafore e aggettivi roboanti e impropri, stravolgendo il sinnerismo su carta e su internet a un frastuono inascoltabile?

    Questa piccola analisi linguistica, anzi più modestamente lessicale, della sinnerologia italica è un omaggio al direttore di Salto, il quale – appassionato di tennis – mi ha fatto scoprire un paio d’anni fa il ragazzo di Sexten, Sesto Pusteria, allora in ascesa verso i vertici mondiali. Chiarisco il fatto personale: non gioco a tennis da almeno una decina d’anni, e l’unico torneo a cui ho partecipato è stato quello tra i colleghi del giornale Alto Adige al laghetto di Fié, una trentina d’anni fa: eliminato al primo turno, naturalmente. Anche se, da adolescente a Fai della Paganella, frequentai un regolare corso per quasi principianti, frequentato in due tranche causa infezione gastrointestinale. Avevo il cappelluccio giallo dei (quasi) più imbranati, che invidiavano i berretti azzurri e soprattutto quelli rossi dei migliori allievi.

    (Sotto un’altra visiera gialla, peraltro, mi ricordo, e mi ricordo il nome, che ci scrivevamo sopra per socializzare, c’era una sorridente biondina di nome Milena Sutter. Da Genova. Un paio d’anni dopo fu sequestrata e uccisa dal cosiddetto biondino della spider rossa. Una tragedia italiana. Un odioso, feroce femminicidio quando non gli omicidi delle donne non si chiamavano ancora così…).

    Ultimo paragrafo della mia autobiografia tennistica: quando, con l’amico Alberto Valli, poi brillante ingegnere e manager, io sedicenne, mi trovai per la prima volta in vacanza studio in Inghilterra e precisamente nella ridente (quando non pioveva) Brighton sulla Manica (se non l’avete letto, non perdetevi Brighton Rock, giallo di un Graham Greene in stato di grazia!), ebbene andando a giocare a tennis a piedi, già biancovestiti (allora si usava così) le ragazze di un liceo in pausa ricreazione ci fecero oggetto di catcalling, fischi e commenti probabilmente irripetibili. Così, nel lontano 1973, scoprii l’esistenza del girl power e di una disinibizione femminile in Trentino allora sconosciuta.

    Tornando al grande Sinner e lasciando stare i ridicoli commentatori metropolitani nazionali (Jannik emblema del “bravo ragazzo italiano” e via farneticando), segnalo l’inondazione tossica di aggettivi iperbolici su Sinner che uccidono l’idea stessa dello sport (lo dice uno che trent’anni fa si dimise da milanista dopo aver scritto una lettera di fuoco all’allora presidente Berlusconi, colpevole a mio dire di aver programmato un Milan “tecnicamente invincibile” – anche Silvio era tecnicamente immortale secondo il suo medico, e si è visto che non era vero – e dunque se invincibile, incompatibile con l’idea che in una partita di calcio con la palla rotonda possa capitare che i bianconeri della Spal battano una volta nella vita i bianconeri della Juventus…).

    Insomma, dichiaro tutto il mio dissenso per l’uso dei seguenti aggettivi e sostantivi e metafore a riguardo dell’eccellente giocatore di tennis Jannik Sinner.

    Ingiocabile. Orribile neologismo, che giustamente il correttore automatico mi segna in rosso, come le parole Jannik Sinner che non ha ancora imparato. Ingiocabile, porca miseria! Ma allora, se è ingiocabile, che si gioca a fare? E il povero Ruud che comunque tre giochi gliel’ha strappati? Ingiocabile, no dai, è inesatto. È illeggibile.

    Devastante. No, per favore no. Devastanti sono i bombardamenti ordinati da Putin o da Netanyahu.

    Schiacciasassi. Quella è una macchina che serve per fare le strade, non i campi da tennis.

    Fenomenologia di un re. Avvisate La Stampa, giornale rimasto un po’ sabaudo, che il Sudtirolo non è più monarchico, né asburgico.

    La storia è Sinner. Be’, ma Giulio Cesare, Gesù, Bismarck, Gandhi e Stalin dove li mettiamo?

    Sul tetto del mondo. Ma quello non era l’altro sudtirolese, il Messner sull’Everest?

    Jannik re del mondo. Ma non era Trump? Cioè, Musk? Insomma, Trusk?

    König Jannik (Dolomiten): König von der Welt? Von Sexten? Von Pustertal? Von Südtirol? E il Landeshauptmann Arno come l’ha presa?

    Sinner oltre lo sport. Già pronto alla discesa in campo per le prossime provinciali? O per le europee?

    Irreale.

    Uragano.

    La Scala Sinner dei valori (Xavier Jacobelli): ma non era la scala Mercalli? Padrone assoluto. Ma che brutto, che deriva patriarcale!

    Abbiamo davanti una lunga piacevolissima dittatura. L’ha scritto Luca Paladini: e qui siamo al delirio totalitario.

    Ma imparate dai tedeschi, dai, coraggio!

    Grandioser Sinner” (Die Zeit); Grandioso. Non vi basta, o cantori italiani del Mito, un bel “grandioso”?

    Der 23-jährige Sinner, der das erfolgreichste Jahr seiner noch jungen Karriere spielt, gewann am Wochenende die ATP Finals in Turin – und das ohne Satzverlust über die gesamte Woche”: fattuale, impeccabile, non sbrodolata Süddeutsche!

    Perfino il sudtirolese Stol non è contestabile: “Das Traumjahr des Jannik Sinner”.

    Ho una modesta proposta: Wunderkammer per il palazzetto di Torino ok, usate tutti i superlativi che volete ma non esagerate, non delirate. J.S. è un braver Kerl, è educato e trilingue, gioca benissimo, è il migliore tennista del mondo, è fortissimo, geniale, prorompente, imperiale… Imbattibile, sembra… finché qualcuno, da qualche parte del mondo, lo batterà e diventerà il nuovo numero 1 del mondo.

    Intanto, viel Spass, enjoy J.S., viva Pel di Carota! Ma “ingiocabile” per favore no. Lasciate che ci giochino! Non era un gioco? Un gioco miliardario ma pur sempre un gioco? Ingiocabile no, è inascoltabile.