pattuglia esercito heer
Foto: Ministero Difesa
Politica | Merano

L'esercito non è la soluzione

I problemi ci sono ma si investa in prevenzione. La presenza dei militari farà sì che gli episodi accadano altrove e non farà calare il senso di insicurezza. Merano è una città meravigliosa, basta solo volerle salvare l’anima
  • Se scorriamo a grandi linee l’evoluzione di Merano ne individuiamo due momenti d’oro: 

    Il primo, a partire dal XII secolo, allorché la famiglia dei Tirolo ne fece il centro della propria contea favorendo l’ampliamento e la ristrutturazione urbanistica del borgo originario per trasformarla in un’importante sede di fiere e mercati annuali e di servizi ( ne cito alcuni esemplificativamente: la “zecca”, un banco dei prestiti, l’ospedale, il lebbrosario...). 

    Il secondo, quando a partire dalla prima metà dell’800, si individuò per la città la nuova funzione turistica e di stazione climatica e di cura. 

    Furono cioè la situazione politica o lo sviluppo economico a determinarne il ruolo e l’importanza condizionando la qualità della vita dei suoi abitanti. Quando infatti la Contea di Tirolo passò agli Asburgo, Merano venne via via sempre più marginalizzata e visse un lungo periodo di progressiva decadenza durato fino agli inizi dell’800. 

    La riconversione delle attività produttive e della vocazione della città avvenne solo negli anni trenta – quaranta del XIX sec. per iniziativa di Josef Valentin Haller, borgomastro della città in seguito alla pubblicazione a Vienna di un saggio del medico Huber sul clima e le potenzialità curative offerte dalla zona di Merano. Ciò significò un grande impulso per l’economia e determinò lo sviluppo urbanistico che, con la realizzazione tra l’altro di parchi e passeggiate, fece assumere a Merano la caratteristica di“ città di giardino”. La facilità d’accesso, dovuta alla costruzione della nuova ferrovia, e l’affermazione delle nuove comunità ebraica, russa e protestante resero quindi Merano un centro cosmopolita. 

    Lo scoppio della guerra e l’annessione all’Italia modificò lo sviluppo della città che nel secondo dopoguerra tentò nuovamente di incrementare la sua vocazione turistica. Oggi Merano permane una città a vocazione turistica, ma è anche città di servizi, polo scolastico, centro commerciale, sede di piccole e medie imprese produttive. Vanta strutture con grandi potenzialità: il giardino botanico(Trauttmandorff), le terme, l’ippodromo, MeranArena, il Combi, il Kurhaus ed il teatro, il Palais Mamming, i vari centri giovanili per citarne alcune.  

  • Dal Medico e Kompatscher: La Giunta meranese, d'accordo con la Provincia, vuole replicare modelli che per Merano non hanno senso. Foto: Salto.bz

    Questi brevi e quanto mai superficiali cenni storici per dire che nei momenti epocali di passaggio Merano ha saputo scavallare le difficoltà puntando e valorizzando le proprie risorse e peculiarità. Oggi Merano si trova in un’altra fase di passaggio, quella che coinvolge un po’ tutto l’occidente.  La denatalità con conseguente crisi demografica ha fatto confluire in città e nel burgraviato molti nuovi cittadini impiegati in tutte le attività, dai lavori di cura, alla ristorazione, all’edilizia, ai servizi e persino all’agricoltura. 

    La città, dalla fine degli anni novanta ad oggi, ha visto un forte incremento di nuovi cittadini dalle più svariate etnie ed origini ed ha dovuto dare risposte  sia in ambito  abitativo che educativo.  Già perché chi qui viene per lavorare, deve poter trovare una sistemazione decorosa per sé e per la propria famiglia: il che vuol dire un alloggio decente con un affitto abbordabile e la scuola per i propri figli.

    La città è stata all’altezza dei nuovi compiti? Ha saputo attrezzarsi per far fronte al cambiamento sociale che questa forte presenza di nuovi cittadini comportava? Ha fatto abbastanza per includere? Sono domande a cui è doveroso dare risposte oneste per colmare quelle lacune che probabilmente ci sono state e non ripetere errori (seppur involontari) in cui si è incorsi.

    Da questo, a mio parere, si deve partire per prevenire ed evitare il riproporsi di fenomeni di vandalismo e violenza spesso giovanile registrati in città. 

    Non è certo il modello Caivano, ovvero il pattugliamento con l’esercito dei luoghi teatro delle violenze, la soluzione. La violenza non cesserà, semplicemente si sposterà dove non ci sono i militari a sorvegliare. Ed invece che fungere da deterrenza, la presenza dei militari rischia di acuire la percezione di insicurezza.

    Se io anziana vedo le pantere dei carabinieri, le macchine della polizia e dei vigili, le camionette dell’esercito che stazionano nelle strade, temo che la mia Merano sia diventata un luogo pericoloso come lo è stata in anni bui, quelli degli attentati dinamitardi che prepararono gli anni di piombo. 

    Il mio non è negare l’esistenza di certe criticità o una critica fine a se stessa all’esecutivo cittadino.

    E’ un invito, a chi ci amministra, ad essere all’altezza della storia di Merano, alla sua essenza  di città aperta, crogiolo e laboratorio di culture: si lasci perdere la propaganda securitaria e si investa in tutto ciò che è prevenzione.

    Si investa in cultura, formazione, musica, teatro, arte, sport, tutto quanto insomma riduce ed annulla l’emarginazione che è il terreno su cui germoglia la violenza.

    Merano è una città meravigliosa, basta solo volerle salvare l’anima.