Vittoria elettorale del nazionalista Narendra Modi crea timore tra le minoranze del paese
Da anni si assiste ad un preoccupante aumento delle violenze nei confronti di tutte le minoranze religiose e etniche in tutti gli stati federali indiani in cui il BJP è al potere. Nel 2002 bande di nazionalisti hindù si resero responsabili di un vero e proprio pogrom contro la popolazione musulmana nello stato del Gujarat il cui governatore era all'epoca proprio Narendra Modi. Oltre 1.000 persone di religione musulmana furono uccise e più di 2.000 case e 2.400 esercizi commerciali furono distrutti e dati alle fiamme mentre la polizia restò a guardare. Nel 2008 la violenza dei nazionalisti hindù dello stato federale di Orissa si scatenò contro i credenti cristiani. Allora 53.000 persone di fede cristiana furono cacciate da complessivamente 315 villaggi, 151 chiese furono distrutte, 4.640 case saccheggiate e bruciate, circa 60 persone di fede cristiana furono uccise e molti furono minacciati di morte se non si fossero convertiti al hinduismo. Contemporaneamente è cresciuta anche la violenza e la sistematica violazione dei diritti degli Adivasi, i popoli indigeni dell'India.
Secondo l'APM, i circa 200 milioni di Indiani appartenenti a una minoranza religiosa e i circa 90 milioni di Adivasi sono i predenti di questa tornata elettorale.
Il popolo indiano si aspetta dal suo nuovo premier Narendra Modi nuovi impulsi e incentivi economici che però rischiano di arrivare a spese della popolazione adivasi. Negli stati federali del Jharkand e del Chattisgarh il governo federale del BJP punta infatti su mega-progetti di multinazionali indiane che, se realizzati, comporterebbero massicce perdite di terreno ed espulsioni per la popolazione indigena. Negli stati federali governati dal BJP, il Partito del Popolo Indiano si è sempre dimostrato un ottimo partner della lobby mineraria e dell'industria dell'acciaio mentre sono sempre state presto dimenticate le promesse fatte in campagna elettorale agli Adivasi.
Sulle isole Andamane, su cui vivono i popoli indigeni tra i più antichi e maggiormente minacciati al mondo, la campagna elettorale del BJP "prometteva" l'assimilazione dei popoli indigeni, tra cui gli Jarawa che hanno coscientemente scelto di restare isolati dalla cosiddetta civiltà. L'assimilazione forzata delle popolazioni indigene non solo violerebbe le disposizioni di legge indiane sulla tutela dei popoli indigeni ma di fatto significherebbe la cancellazione coatta di comunità e culture uniche.
In questi primi giorni dopo le elezioni le chiese e organizzazioni cristiane dell'India sembrano essere impegnate a dare risalto agli aspetti positivi del risultato elettorale, come la promessa lotta alla corruzione, ma in molte comunità la popolazione cristiana è spaventata. Da anni i militanti dell'organizzazione giovanile estremista hindù RSS (Rashtriya Swayamsevak Sangh - Organizzazione Patriottica Nazionale) intimidiscono credenti e preti, distruggono chiese e minacciano denunce per presunte violazioni della legge anti-conversione. La cosiddetta legge anti-conversione inasprisce notevolmente la possibilità delle persone di convertirsi da una religione all'altra, prevedendo che chiunque voglia cambiare religione debba chiedere il permesso di un magistrato locale almeno 30 giorni prima della conversione. Per i trasgressori o i "colpevoli di conversione forzata" sono previste multe e carcere fino a tre anni. Negli ultimi dieci anni questa legge è stata introdotta in tutti gli stati federali governati dal BJP del nuovo primo ministro indiano.
La popolazione di credo musulmano invece teme che la politica di ghettizzazione simile all'apartheid praticata dal BJP nello stato del Gujarat nei confronti dei musulmani possa ora essere espansa a tutto il territorio nazionale. Molti temono poi l'inasprirsi del conflitto attorno alla costruzione di un tempio hindù nella città di Ayodhya. Da anni i gruppi nazionalisti hindù spingono per poter costruire un tempio hindù sulle macerie di una moschea distrutta nel 1992 proprio da nazionalisti hindù.