Società | Il commento

“Vogliono isolare il Sudtirolo”

Carla Arcieri, insegnante al Pascoli di Bolzano, sui requisiti speciali delle scuole italiane. Intanto la giunta provinciale conferma: niente patentino per i professori.

Si chiama “Requisiti speciali” il nuovo tarlo della scuola italiana e in sintesi, come ormai noto, prevede che con decorrenza dall’anno 2015-2016 i docenti che verranno a insegnare nella preziosa autonomia del Sudtirolo dovranno avere nozioni di lingua tedesca e storia locale. Condizioni riservate, a quanto pare, solo alla compagine scolastica italiana.

Così l’assessore Christian Tommasini ha schiacciato prontamente il pulsante antipanico assicurando che non verrà chiesto il patentino di bilinguismo, con Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore) che, per tutta risposta, ha sventolato la bozza della delibera della giunta provinciale - risalente a fine aprile - in cui compare la certificazione linguistica di livello B2 e un corso di almeno 30 crediti formativi sui fondamenti culturali, storici e legislativi dell’autonomia (in linea con l’emendamento presentato dai Verdi che ha suscitato non poche polemiche). Risultato: la cortina fumogena intorno alle specificità della norma ha iniziato a diradarsi quando il consiglio provinciale, durante la seduta di ieri, 18 dicembre, si è impegnato a non includere l’attestato di bilinguismo nei requisiti speciali - previsti nella legge Omnibus – per l’insegnamento nelle scuole in lingua italiana della provincia, approvando l’ordine del giorno presentato da Urzì per fare chiarezza sulla questione.

Nella bagarre in atto gli insegnanti, tutori – non va dimenticato – della condivisione di un patrimonio di valore, si ritrovano a fare i conti con proiezioni futuribili che sembrano alimentare un soverchiante isolazionismo ultralocale che sa di sconfitta collettiva male accettata. “Nella scuola italiana di Bolzano – afferma Carla Arcieri, professoressa di Storia dell’arte e linguaggi al liceo Pascoliuna percentuale altissima di insegnanti proviene da fuori provincia e costituisce un arricchimento per una realtà complessa come la nostra. Limitarlo mi sembra una cosa inaccettabile. O la scuola è trilingue e allora possiamo ragionare insieme su come trovare soluzioni più complesse, articolate e sensate, oppure che abbiano il coraggio di dire che vogliono garantire all’Alto Adige una chiusura totale”.

Il ragionevole dubbio che si arrampica sul buon senso insinua che proseguendo su tale linea si voglia dare occupazione solo a chi ha la fortuna di nascere in questi luoghi, con la conseguente “perdita di opportunità e collegamenti con il resto delle realtà italiane e soprattutto europee. Molti di noi sono andati a studiare fuori, del resto l’università a Bolzano è un istituto relativamente recente e ancora oggi non ci sono tutte le facoltà, siamo andati ad arricchirci culturalmente altrove e siamo tornati portandoci dietro quella preziosità conquistata e ora non accettiamo coloro che provengono da quelle realtà? Vogliamo solo tutelare a vita il solito concetto di ‘isola felice’?”, commenta amaramente l’insegnante del Pascoli, secondo cui il fatto di avere più possibilità economiche dovrebbe spronare la provincia a fare meglio nel rispetto dei vantaggi di cui dispone.

Conoscere il contesto nel quale si applicano le proprie conoscenze, specie quando queste riguardano le forme di diffusione educativa, è appropriato, proficuo e caldamente raccomandato ma non può assumere caratteristiche selettive. Non può costituire un dovere per una sola parte linguistica, “siamo preoccupati, increduli per la verità. Siamo andati spesso a queste riunioni di presentazione sulla legge Omnibus ma non c’è stato mai nessun riferimento diretto alle questioni che sono emerse in questi giorni, mi viene da pensare che ci siano stati degli accordi di cui noi insegnanti siamo stati tenuti all’oscuro”, conclude Arcieri.