Sport | CICLISMO

“Il mio Giro Donne: tra fughe e salite”

Parla Francesca Pisciali, ciclista professionista di Bolzano, che da qualche settimana ha terminato la sua quarta partecipazione al Giro d’Italia femminile
pisciali.jpeg
Foto: Twilcha

“Nonostante rimangano ancora delle disparità, nella categoria World Tour del ciclismo femminile – quella che, con un paragone calcistico, potremmo definire la ‘Serie A’ del ciclismo su strada - si inizia finalmente a intravedere una certa parità con quello maschile". Conclusa la sua quarta partecipazione al Giro d’Italia femminile, il Giro DonneFrancesca Pisciali ritorna ad allenarsi sulle strade del suo Alto Adige; strade che, però, sono ancora molto lontane all'essere equiparate al livello di sicurezza di quelle del nord d’Europa.

Le cicliste della categoria World Tour hanno diritto ad un minimo salariale e alla maternità. Al nostro livello, anche se siamo professioniste, nessuno vive solo di ciclismo.

 

“Fin da piccola, a casa mia, ho sempre respirato aria di ciclismo. Eccetto qualche pausa durante gli studi al Liceo, non ho mai mollato le due ruote” racconta Francesca durante un pranzo al volo tra la fine del lavoro e l’inizio della sessione di allenamento. “Da adolescenti si è poco coscienti dei rischi che si corrono in strada, ma ora, che in media percorro 350 chilometri pedalando per 20-25 ore a settimana, percepisco molto nervosismo; penso che questo incida in particolare anche sull’industria della bicicletta: in Italia, le ‘Gravel’ e ‘Mountain Bike’ stanno prendendo piede anche perché possono essere utilizzate nei sentieri e nei tratti di strada lontani dalle automobili.” Ma la sua specialità è quella ‘su strada’ che, a livello di squadre, si divide in due categorie: World Tour e Continental. “Correndo con la Mendelspeck – squadra Continental altoatesina – non ho a disposizione le risorse e i vantaggi di chi gareggia per le squadre Word Tour. Questo, al di là della struttura in sé della squadra e quindi della presenza, o meno, dei massaggiatori a fine gara, dei nutrizionisti etc., incide anche sulla disparità tra ciclismo maschile e femminile: le atlete World Tour hanno diritto a un minimo salariale – di 40 mila euro lordi annui – e alla maternità. Al nostro livello, invece, nessuna vive esclusivamente di ciclismo. Ad oggi svolgo un secondo lavoro, però, essendo da quest’anno con una squadra di Bolzano sto pensando di poter conciliare gli allenamenti con lo studio, iniziando così un percorso universitario.”

 

Ma veniamo al Giro Donne e ai suoi 1010 Km in 10 tappe, di cui 4 di alta montagna e un solo giorno di riposo. Partenza da Cagliari il 30 giugno e arrivo a Prato della Valle a Padova il 10 di luglio. Dopo le prime 3 tappe in Sardegna e il volo fino a Forlì, le atlete hanno attraversato Cesena, Reggio Emilia, Bergamo, Brescia e, infine, Padova. Pisciali non ha sprecato l’occasione per dare spettacolo: “Sono andata all’attacco già alla prima corsa in linea, la seconda tappa. Del centinaio di chilometri da percorrere, ne ho corsi 60 in fuga ma – sfortunatamente – siamo state riprese ai -10Km dall’arrivo”. E mentre parla si coglie tutto il suo entusiasmo per quella fuga: “Gli anni scorsi il gruppo partiva a tutta, faceva selezione ed era quasi impossibile staccarlo; quest’anno c’è stato più margine per provare la fuga e, infatti, visto il nostro primo tentativo andato in porto, nelle tappe che sono seguite si faceva la lotta per poter partire, pedalare al massimo e sperare di non essere più riprese fino all'arrivo.”

 

Ma come mai così tanto spettacolo sportivo non ha seguito in Italia? Ebbene, secondo Francesca, non è del tutto così: “Le dirette televisive, è vero, sono poche e su questo c’è ancora molto da lavorare per raggiungere lo spazio riservato agli uomini. Però c’è da dire che, quando viene fornita la possibilità di vedere il ciclismo femminile, le persone a casa lo seguono. Sarà per le tappe e, di conseguenza, la loro durata più breve rispetto al maschile, però il seguito televisivo di questo Giro Donne non è stato affatto basso: oltre il 7% di share e 800 mila telespettatori.”
E d’ora in avanti? Solo tanto allenamento? “Non solo. Abbiamo in programma due gare in Italia e due tappe sui Pirenei. Poi il giro della Toscana e forse, su invito, anche ad Ardèche, in Francia.”

E così, tra la volontà di azzerare il gender gap sportivo, i tentativi di fuga e la voglia di continuare quotidianamente ad allenarsi, non si può che unirsi all’appello di Francesca e di tutto il mondo del ciclismo: “Più tolleranza e rispetto per tutti gli utenti della strada, ciclisti compresi.”