Quando il partigiano non è di sinistra
Particolarmente toccante la scorsa settimana la testimonianza di Alfredo Schonhaut che ha raccontato agli studenti del liceo Gandhi di Merano la sua storia personale.
Alfredo, triestino di famiglia ebraica, è ancora molto giovane quando, nel 1938, vengono firmate anche in Italia le leggi razziali e lui come ebreo è costretto a lasciare la scuola pubblica per frequentarne una ebraica. La madre, seconda moglie del padre dopo il divorzio di quest'ultimo, viene considerata adultera ed è quindi costretta a lasciare l'Italia entro 60 giorni. Per Alfredo questa è la fine della sua famiglia. Per sfuggire alle persecuzioni, poi, nel 1942 decide di battezzarsi. Solo così riesce a proseguire gli studi.
Nel 1944 la decisione chiave che segna la sua vita: arrampicarsi sui monti ed entrare a far parte dei partigiani. Succede però che la brigata partigiana non è quella classicamente omologabile come, per esempio, la Garibaldi. Si arruola nella Brigata Osoppo-Friuli. E allora cadono tutti gli schemi mentali che ci hanno accompagnato in questi anni. La Osoppo-Friuli infatti non era affatto di sinistra o cattolica. Era indipendente, con i fazzoletti verdi in contrapposizione con quelli rossi dei partigiani di sinistra che invece appoggiavano, ed erano appoggiati, dai partigiani titini, questi sì comunisti, che combattevano certamente per liberare il Frilui dal fascismo, ma anche dall'Italia stessa, nel senso che volevano annetterselo.
I conflitti tra la Osoppo-Friuli e la Garibaldi raggiunsero alle volte apici particolarmente tragici e violenti.
Alfredo con fierezza sostiene di aver aderito alla lotta partigiana per completare il Risorgimento, ribadisce il suo antagonismo al comunismo a parla di amore per la patria.
Un partigiano antifascista con valori tutt'altro che di sinistra spiazza la platea, anche se ai ragazzi bastano pochi secondi a capire che le cose non sono mai omologabili in rigidi schemi, non sono o bianche o nere.
La vicenda della Brigada dell'Osoppo-Frilui è una delle tante pagine di storia che si nascondono tra le righe dell'omologazione che non porta a vedere le sfumature del passato.
anche più che sfumature, una
anche più che sfumature, una vera e propria ricchezza di posizioni e percorsi...che questa nozione sia sconosciuta ai più rappresenta una delle tante occasioni perse del nostro paese
In risposta a anche più che sfumature, una di marcello fera
infatti
Proprio così.
Ovvio che gli storici e coloro che, in generale, si interessa alle questioni storiche, sanno benissimo che tra le file dei partigiani c'erano anche monarchici, badogliani, ex fascisti pentiti o delusi,... ma per i più essere partigiano significava opporsi completamente al fascismo e quindi essere o di sinistra, o almeno cattolico. In questo caso si trattava di un partigiano badogliano che aveva conservato le sue idee di destra, emerse qua e là solo al margine del suo racconto.
Questa sua posizione ha sconvolto molti adulti presenti, mentre è stata accettata dai ragazzi, i quali forse sono cresciuti in un'epoca meno ricca di contrasti ideologici.
Alcuni colleghi sono arrivati addirittura a dire che non bisognava farlo parlare, oppure a sminuire la sua esperienza, dicendo che in fondo non era nemmeno stato in un vero e proprio campo di concentramento. Stiamo parlando di Buchenwald... per di più gli ultimi mesi quest'uomo li ha passati a Ohrdruf, campo della morte satellitare di Buchenwald...
In risposta a infatti di rosanna oliveri
Non capisco bene il
Non capisco bene il significato di questa frase: "ma per i più essere partigiano significava opporsi completamente al fascismo e quindi essere o di sinistra, o almeno cattolico". Sembra voler dire, in un certo senso, che a quei partigiani che non erano né comunisti né cattolici poteva andare bene qualcosa del Fascismo (poiché "di destra"), ma comunque lo combattevano; "non completamente", appunto, perché qualcosa gli sarebbe andato bene.
Ecco, mi pare una assurdità storica. Come anche mi sembra un po' esagerato affermare che un partigiano né comunista né cattolico debba destare tanta incredulità (fra "colleghi", tra l'altro): il maggiore narratore-partigiano in Italia, Beppe Fenoglio, era un badogliano (e, devo dire, mai per questo lo definirei "di destra" né direi che non si opponeva "completamente" al Fascismo). Alcuni suoi giudizi sui partigiani "rossi" sono memorabili, stanno lì nei suoi splendidi libri, pubblicati a partire dagli anni Cinquanta dalle maggiori case editrici italiane; né mi risulta che sia stato in qualche modo bandito dal canone letterario per questa sua appartenenza ideologica o che sia ignorato dalle storie letterarie.
Insomma, tutto 'sto "sconvolgimento" mi risulta davvero incomprensibile...
In risposta a Non capisco bene il di Gianluca Trotta
precisazioni
Hai ragione. Ho scritto in maniera affrettata. Certo che a quei partigiani non andava bene il Fascismo. So che può sembrare assurda questa reazione da parte dei colleghi, ovvero di altri insegnanti, ma ti assicuro che è così. Ovviamente non tutti hanno reagito così, ma alcuni sì.
confini, etnie e storie personali...
Anni fa ho visitato queste terre come ho visto anche il cinefilm Porzûs. In questa terra contesa come la nostra l'allora resistenza, collaborazionismo e vicende etniche(italiano vs slavo) formavano degli intrecci molto difficilmente capibili per chi viene da fuori. L'allora resistenza aveva come sfondo sempre la lotta etnica e la questione dei confini. Una volta che il fascismo 'ufficiale' e l'occupante tedesco erano quasi sconfitti lo scontro principale divenne fra resistenza di destra e resistenza 'filoslava' di sinistra. Alla fine facevano da prodromo alla Guerra Fredda. I confini vennero decisi altrove, non certo sulle montagne friulane. Quando gli USA e l'allora URSS si misero d'accordo che le truppe sovietiche invadendo al Jugoslavia occupata dai tedeschi si sarebbero fermate davanti alla porta adriatica la vicenda dei confini in grandi modi era già decisa. L'Italia nel suo insieme sarebbe entrata nella sfera occidentale senza subire la spartizione in aree d'interesse come la Germania.
Sulla brigata Osoppo i storici sono divisi. Pero le cose erano comunque già state decise.
Come erano decisi già i confini altrove. Basta leggersi "Keeping the Brennero Italian. Südtirol und die alliierten Geheimdienste 1943–1945", in:
Gerald Steinacher (Ed.), Im Schatten der Geheimdienste. Südtirol 1918 bis zur Gegenwart,
Innsbruck-Wien-München-Bozen 2003, S. 115-159 [Keeping the Brennero Italian. South
Tyrol and the Allied secret services].
Molto interessante. Mi sarebbe piaciuto sentire al testimonianza di Alfredo Schonhaut.
Possibilità altro incontro
Alfredo vive a Merano. Più in là pensavo di fare un incontro cittadino aperto quindi non solo agli studenti, ma a tutti gli interessati.