Economia | Urbanistica

La grande sceneggiata

Riflessione amara sul referendum per il Kaufhaus a Bolzano.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Il gioco delle tre carte era praticato spesso a Napoli sui marciapiedi davanti alla stazione centrale e nei luoghi in cui più intenso era il passaggio di persone che vanno di fretta. Il gioco delle tre carte è una truffa perpetuata ai danni di persone che si fanno affascinare dal miraggio di una vincita e di un vantaggio personale e prevede una organizzazione molto articolata della messinscena. Servono un tavolino, tre carte da gioco e quella che in gergo si definisce una “paranza”, ovvero un piccolo gruppo di persone che affiancano il conduttore, detto “mastro di carte”. 

Il conduttore mischia velocemente le carte e le fa scivolare più volte sul tavolino e i giocatori devono indovinare dove è finita la carta. Solitamente uno o due membri della paranza detti “compari” puntano del denaro e indovinano dove è posta la carta della cui posizione sono informati attraverso segni taciti dal conduttore.  Gli altri compari creano intorno al tavolino un clima di sovraeccitazione che incuriosisce i passati e li induce a fermarsi e partecipare al gioco. Di norma un altro componente della paranza fa il “palo” e se vede vigili o carabinieri avvicinarsi avverte i compari che velocemente spariscono tra la folla. 

Gli sprovveduti passanti incuriositi dal gioco, vedendo i compari vincere si fanno prendere dalla curiosità. Prima giocano poche lire e il conduttore abilmente li lascia vincere. Mossi dall’euforia dell’incasso, alzano la posta. Al momento opportuno, il palo o un membro della paranza inizia a urlare “ …’a polizia…’a polizia”…”. Nel parapiglia come per incanto, le carte spariscono, il tavolino si ripiega a libretto e tutti i compari spariscono dissolvendosi tra la folla come in una rosa dei venti insieme al denaro scommesso dallo sprovveduto giocatore.

Il gioco delle tre carte, all’apparenza molto semplice, è in realtà un raffinato esercizio psicologico. Il conduttore conosce molto bene la psicologia del giocatore, crea un clima di euforia per farlo avvicinare, lo rassicura, scruta i suoi comportamenti fino a coglierlo nel momento massimo di sprovvedutezza e è in quel momento che fa scattare l’inganno. 

Come il gioco delle tre carte, anche l’affare Kaufhaus Benko sembra assumere sempre più i connotati della sceneggiata napoletana. Chi sia il conduttore del gioco, non è del tutto chiaro, forse è uno, forse più di uno. Così come non immediato è capire chi è sono tutti i compari, e chi fa il palo. All’osservatore attento però appare subito evidente che il gioco non è limpido.

Fin dal principio del rilancio del progetto Kaufhaus, bocciato dal consiglio comunale, c’è qualcosa che non funziona.  Il vecchio sindaco Spagnolli sfiduciato dalla sua maggioranza firma l’atto di convocazione della conferenza dei servizi disconoscendo platealmente il voto dei rappresentanti regolarmente eletti dai cittadini. I media sorvolano dall’approfondire i motivi di tale decisione e Spagnolli in compagnia del vicesindaco Ladinser saluta sornione i cittadini alzando le dita della mano in segno di vittoria. Cosa ha vinto, nessuno sa. E quale era la medaglia in palio, nessuno chiede. Del vecchio sindaco si sa solo che è stato rinviato a giudizio per la questione del Twenty e che entrato a far parte del direttivo della Virtus in forza della sua grande esperienza di dirigente sportivo. 

La nomina del commissario straordinario sembra placare temporaneamente gli animi. I più pensano che decidere di approvare un nuovo progetto di riqualificazione urbanistica richieda di seguire la prescrizione di legge che attribuisce al consiglio comunale l’ultima parola in merito all’avvio dell’iniziativa e che il commissario sapientemente terrà dunque in sospeso la decisione fino all’elezione della nuova assemblea. In fondo cosa cambia se un progetto che ha atteso anni per essere avviato, partirà un paio di mesi in ritardo? Bolzano può sopravvivere tranquillamente senza un nuovo centro commerciale. Uno, quello dei Podini è stato appena inaugurato tra il plauso dei media e gli ingorghi del traffico cittadino, un secondo quello dell’Haspiag è in attesa di sentenza della corte di Stato e se il giudizio come sembra sarà favorevole verrà costruito a tempo di record nei prossimi mesi. Ma il commissario non sembra interessato a valutare gli impatti di queste iniziative sulla città e esprime ufficialmente l’intenzione di indire un referendum tra i cittadini per il mese di marzo, due mesi prima delle nuove elezioni comunali, per prendere in base ai risultati lui stesso una decisione definitiva sul nuovo progetto di Benko. 

Le tre carte si muovono sempre più velocemente e la paranza si impegna a surriscaldare il clima. Sembra avere un’organizzazione perfetta, con ruoli precisi e degni di un’affiatata banda. Da settimane politici vecchi e rampanti, dichiarano l’urgenza di dare respiro alla città. Si susseguono incontri, più o meno trasparenti tra i protagonisti della vicenda e i più improvvidi si fanno persino immortalare dai fotografi della carta stampata. 

Per dieci anni i principali sostenitori del nuovo progetto non si erano accorti che tutto era fermo in città ma ora, improvvisamente, sentono improrogabile la necessità di fare in fretta. “Serve un progetto di sviluppo”, “bisogna mettere in sicurezza la città”, “è l’investimento del secolo”, “tutti i cittadini ne trarranno beneficio”, “Bolzano deve aprirsi al mondo”, ”innovazione, innovazione, innovazione”. 

Parlano senza sosta, e quasi sempre senza cognizione di causa, mentre i media mettono in prima pagina i risultati delle gare di sci, o l’immagine del capriolo disperso in città salvato da intrepidi vigili del fuoco da morte certa. Al progetto rivisitato del nuovo Kaufhaus, andrebbero dedicate intere pagine. Ma l’informazione deve rassicurare per creare il giusto pathos per la nuova alzata di posta. 

L’annuncio del referendum avviene così dopo che un grande istituto di ricerca italiano ha realizzato tra novembre e dicembre un’indagine telefonica commissionata direttamente dalla società Sigma di Benko per capire gli orientamenti dei cittadini in merito alla costruzione del Kaufhaus. Nessuno chiede perché sono stati investiti tanti denari da un privato per chiedere un’opinione a cittadini rispetto a una consultazione popolare che a dicembre non era stata decisa da nessuno. In un sistema democratico normale, verrebbe da chiedere al commissario che ha deciso ora di organizzare il referendum se è a conoscenza dei risultati dell’indagine. 

Ma nel gioco delle tre carte, la costruzione del clima di eccitazione e la confusione devono regnare sovrane. Non si possono fare troppe domande, altrimenti la razionalità dei passanti prevale sull’emozione. 

Qualcuno fa notare che un referendum, per essere considerato autentico strumento di democrazia, ha bisogno dei tempi necessari per diffondere informazioni e consapevolezza tra i votanti.  Ma i compari sono pronti a intervenire. “Ma come, proprio gli alfieri della democrazia si oppongono alla volontà di dare voce ai cittadini?” 

Le carte corrono sempre più veloci. La carta vince – la carta perde. I compari fanno il coro e il cittadino medio è sempre più confuso. 
Si arriva a sostenere che il risultato del referendum avrà addirittura valore morale nel orientare le decisioni del commissario straordinario, mentre è noto che un voto popolare non ha nemmeno valore legale, non essendo previsto l’istituto referendario all’interno dello statuto comunale. L’equazione implicita che si viene a sostenere è così che il Kaufhaus nasce dalla volontà popolare. Non è stato Benko a volerlo. Non sono stati i suoi sostenitori occulti a avere creato le condizioni affinchè si potesse legittimare un iter procedurale che sembra un vestito disegnato apposta sulla figura del magnate austriaco. Nessuno ha mai dato il placet a Benko per venire in provincia di Bolzano a promuovere la sua politica di investimento, ne ci sono interessi politici per affidare al commissario la responsabilità di sciogliere un nodo che ha fatto naufragare l’esperienza decennale della vecchia maggioranza in consiglio comunale. Il Kaufhaus lo vogliono i cittadini. Sono i passanti che si fermano e si fanno confondere dalla paranza, a essere responsabili del loro destino. Come diceva il grande Eduardo De Filippo, la sceneggiata napoletana, per essere tale, deve diventare paradossale. 

Ma come si dice a Napoli: chi tròppo vo' magnà, s'affòca. Chi è troppo avido nel mangiare, rischia di strozzarsi. Bisogna stare attenti a tirare la corda perché, come sempre accade quando è troppo tesa, rischia di rompersi. Bolzano non ha bisogno di un nuovo centro commerciale nel cuore della città. Ha bisogno di onestà e di trasparenza. Non è detto che i cittadini non inizino a stufarsi delle sceneggiate della politica e dei grandi burattinai che vogliono mettere le mani sulla città. Il voto è vicino, e per strada si sentono tanti che sono desiderosi di non vedere più le stesse facce e gli stessi partiti sedere sugli scranni del consiglio comunale. Qualcuno inizia anche a pensare non sia giusto che siano in pochi a mettere le mani su una città, e che il futuro di Bolzano deve essere costruito nell’interesse di tutti. 

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Massimo Mollica Sab, 01/23/2016 - 21:33

Per fortuna che c'è lei che è sveglio e intelligente! E soprattutto conosce dove sta la verità e il giusto.
Un giorno la contatterò per chiederle dove devo fare la spesa, come mi devo vestire e già che ci sono, che in quale dio credere.

Sab, 01/23/2016 - 21:33 Collegamento permanente
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Massimo Mollica Dom, 01/24/2016 - 01:18

Gentile dottor Fazzi mi scuso con Lei per quanto scritto sotto. Il mio giudizio rimane invariato ma la forma ammetto che è stata sbagliata e non consona alle mie abitudini. Le chiedo scusa.
Lei mi pone dei quesiti ai quali io non risponderò. Non lo farò per logica, in quanto Lei e io abbiamo due visioni diverse della vita. E tali visioni non verranno riviste per una semplice discussione sulla riqualificazione di una zona di Bolzano. La chiarezza che Lei invoca è un palliativo perché nella normale dialettica tutti noi siamo chiari nelle nostre convinzioni. Il problema, come già detto, è che abbiamo una scala di valori differente. E quindi non vedo perché dovremmo discutere. Lei continui pure a vivere e a ribadire le Sue certezze, io rimarrò nei miei dubbi. Scusi ancora e La ringrazio.

Dom, 01/24/2016 - 01:18 Collegamento permanente
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alfred frei Dom, 01/24/2016 - 09:46

Luca Fazzi si è dimenticato che che nel gioco delle 3 carte la carta da individuare è il re di picche, che nel nostro caso è il Presidente della Provincia. Aveva dichiarato a suo tempo: “non potrei mai accettare che su un progetto di tale portata si esprima il commissario. Non credo che sarebbe nemmeno sostenibile giuridicamente, tra l’altro. Ecco allora la decisione che farò mettere oggi a verbale in giunta: mi impegno a non firmare il nuovo accordo di programma, se ad esso non verrà garantita una validazione comunale».
Parole che sono come una pietra, basta vedere a chi sono indirizzate.

Dom, 01/24/2016 - 09:46 Collegamento permanente