“Speriamo in un Alto Adige cooperativo”
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Coopbund feiert 2025 sein 50-jähriges Jubiläum. Monica Devilli, Sie arbeiten seit rund 20 Jahren beim Coopbund und sind seit 2021 Präsidentin. Welche Entwicklungen haben Sie miterlebt?
Monica Devilli: In diesen 50 Jahren ist wirklich viel passiert, sowohl im Verband als auch in der Gesellschaft. Wir können im Verband auf eine wichtige Tradition zurückblicken und viel aus der Vergangenheit lernen, aber wir blicken auch zuversichtlich in die Zukunft. Wenn ich sage, dass wir uns auf die Zukunft freuen, dann heißt das auch, dass wir heute noch nicht wissen, wie die Zukunft in unserer Gemeinschaft in Südtirol aussehen wird. Wir können sehen, was auf nationaler Ebene passiert, wo wir natürlich auch gut vernetzt sind, und was im Rest der Welt passiert. Aber wir sehen, dass die Situation in Südtirol in verschiedener Hinsicht eine besondere ist.
Inwiefern?
MD: Wir haben es heute in Südtirol mit einer Bevölkerung zu tun, die vielleicht einen Schritt zurückgegangen ist, vor allem was die Inklusion betrifft. Das ist für uns ein großes Problem, denn das Genossenschaftsmodell steht für Inklusion auf allen Ebenen.
Ivan Tomedi, quali sono stati per lei le tappe importanti in questo?
Ivan Tomedi: Io sono entrato in Coopbund nel 1996 con una cooperativa che ho fondato allora e che è ancora attiva oggi; faccio parte della presidenza da circa 20 anni. In questo periodo ho conosciuto tre presidenti diversi: Alberto Stenico, Heini Grandi e, attualmente, Monica Devilli. Ricordo con piacere ogni singola presidenza e posso affermare che, in questo lungo percorso, c’è stata una crescita costante sia in termini numerici che di sostanza. Oggi mi sembra che Coopbund abbia un impatto significativo sulle dinamiche locali. Una delle tappe fondamentali è stata sicuramente la fusione di Legacoopbund e Confcooperative Alto Adige nel 2019. L'obiettivo era quello di unirci per essere più rappresentativi. Ciò che non è mai cambiato, invece, sono i nostri valori: il pluralismo, l’inclusione, la libertà di espressione, la democrazia e l’assenza di qualsiasi tipo di discriminazione.
Wie werden diese Werte durch die Genossenschaften, die Teil eures Verbands sind, repräsentiert?
MD: Wir sind der Verband, der die Sozialgenossenschaften in Südtirol vertritt. 80 Prozent der Sozialgenossenschaften gehören uns an. Das sind jene Genossenschaften, die am meisten Kontakt zu unseren Bürgerinnen und Bürgern haben. Sie kümmern sich um Dienstleistungen im Gesundheitsbereich, um Kindertagesstätten, um Seniorenwohnheime … Wenn wir heute unsere Gesellschaft betrachten, sind wir von der Geburt bis zum Tod mit Genossenschaften konfrontiert. Zu uns gehören auch viele Sozialgenossenschaften, die sich um die Arbeitseingliederung von benachteiligten Personen kümmern. Das heißt, sie kümmern sich um jene Menschen, die heute in keinem anderen Bereich unserer Gesellschaft und unserer Arbeitswelt einen Platz finden.
IT: Coopbund, ha sempre avuto nel suo DNA lo scopo di rafforzare il tessuto sociale della comunità. Coopbund annovera infatti anche la maggior parte delle cooperative di inserimento lavorativo, sia per numero che per dimensioni. Questo dimostra l’attenzione e la sensibilità di Coopbund nei confronti di queste tematiche.
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Aktive Rolle in Gesetzgebung und Politik
Welche Rolle spielt der Verband für diese Genossenschaften?
MD: Das Wichtigste ist, dass Südtirol die Bedeutung und den Wert der Sozialgenossenschaften anerkennt. Wir sind keine Vereine, keine offenen Werkstätten. Wir sind Unternehmen ohne Gewinnabsicht, bei denen der Mensch im Mittelpunkt steht. Unsere Rolle als Verband ist es, uns für die Bedürfnisse der Mitgliedsgenossenschaften und ihrer Mitarbeiter:innen einzusetzen. Wir haben also eine politische Aufgabe.
Wir begleiten aber auch die Vorstände und Personen, die in den Sozialgenossenschaften eine Führungsrolle einnehmen; sie brauchen rechtliche Unterstützung, Hilfe bei der Organisationsentwicklung oder politische Vertretung. Und wir sind auf der Ebene der Kollektivverträge aktiv und setzen uns dort ein, wo es Missstände gibt oder die Vernetzung zwischen Genossenschaften und öffentlicher Hand schwierig ist. Nicht nur bei den Beiträgen, die übrigens immer weniger werden, sondern auch wenn Zusammenarbeiten nicht klappen.
Come valutate il contesto politico e giuridico nel quale operano le cooperative in Alto Adige oggi?
MD: L'Alto Adige è l'unica regione italiana in cui, negli ultimi anni, sono state aperte molte cooperative. Il territorio è caratterizzato da una pluralità di mentalità e culture e questo favorisce la creatività. Inoltre, il fatto di avere le spalle un po' coperte economicamente permette alle persone di avere il coraggio di assumersi il rischio di costituire un’impresa. Perché si tratta di costituire un’impresa a tutti gli effetti. Il resto d’Italia è un po’ bloccato, anche perché si deve lavorare di più sulla comunicazione e sull'informazione rispetto a questo modello.
Aber auch in Südtirol sind wir nicht auf dem neuesten Stand. Wir haben ein Gesetz, das über 30 Jahre alt ist. Die Sozialgenossenschaften können heute aber nicht mehr so arbeiten wie vor 30 Jahren. Vor allem was die Formen der Benachteiligung angeht, gibt es heute eine Reihe von Menschen, die vom Gesetz nicht erfasst werden: zum Beispiel Langzeitarbeitslose, Migrant:innen oder Menschen, die sich in vorübergehenden Notsituationen befinden.
IT: La legge, mi riferisco alla 381 del 1991, non corrisponde più alle esigenze attuali. Come ha detto Monica, ci sono nuove forme di disagio che andrebbero incluse in una riforma normativa a livello nazionale.
Cosa succede nel momento in cui queste persone non sono considerate dalla legge sulle cooperative?
IT: In assenza di incentivi a livello normativo, c'è il rischio che queste tipologie di lavoratori e lavoratrici non vengano reinseriti nel ciclo produttivo e che rimangano ai margini della società.
MD: Hier haben die Sozialgenossenschaften selbst reagiert, das heiß es werden trotzdem Menschen aufgenommen, die offiziell nicht als benachteiligt gelten. Aber die Sozialgenossenschaften können die öffentlichen Gelder, die dafür zur Verfügung stünden, nicht nutzen. Das bedeutet mehr Arbeit. Es werden Menschen aufgenommen, die die Sprache nicht sprechen, die nicht lesen und schreiben können, die die richtigen Beratungsstellen nicht finden können oder die aus einem ganz anderen Kulturkreis kommen und sich hier erst zurechtfinden müssen. Diese Menschen werden von den Sozialgenossenschaften umfassend begleitet. Dafür werden wir natürlich nicht gefördert, aber der Arbeitsmarkt verlangt das: Wer geht heute noch Reinigungsarbeiten machen? Das sind vor allem ausländische Mitbürger:innen.
Das heißt, die Genossenschaften orientieren sich immer mehr am Markt als an der öffentlichen Hand?
MD: Genau. Das bedeutet auch, die Sozialgenossenschaften zu motivieren, neue Unternehmenszweige zu erschließen.
IT: Il mercato del pubblico rimarrà sempre una parte determinante, grazie all'esecuzione delle classiche attività esternalizzabili, come i servizi mensa, le pulizie e la cura del verde. Per essere competitivi nel mercato privato, però, è necessaria una certa produttività. Questa non è possibile garantirla in tutti gli ambiti di intervento, ma alcune cooperative aderenti hanno intrapreso percorsi alternativi e siamo fiduciosi.
MD: Infatti, il nostro obiettivo è abituare le persone a considerare la cooperazione in modo più imprenditoriale e, quindi, più competitivo. Dazu gehört auch die Zusammenarbeit mit dem For-Profit-Bereich. Ein Beispiel ist das Thuniversum: Hier wird die Gastronomie von einer Sozialgenossenschaft betrieben, was sehr gut funktioniert. Aber auch hier fehlen gesetzliche Anreize, um solche Kooperationen attraktiver zu machen.
Come possiamo immaginare il ruolo politico di Coopbund?
MD: Noi siamo paragonabili a un movimento politico, se vogliamo dirlo così, anche se rimaniamo indipendenti da qualsiasi fazione politica. Poiché la cooperazione sociale è attiva in tutti i settori, abbiamo la fortuna di poter comunicare apertamente con tutti gli stakeholder politici. Portiamo temi molto concreti ai tavoli di lavoro: il tema degli appalti, la coprogettazione nel sociale, ma anche il riconoscimento delle nuove categorie, per esempio. Portando delle esigenze concrete, cerchiamo di restituire un riscontro concreto ai nostri associati da parte della politica.
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“Dobbiamo imparare a raccontarci”
Quali temi volete affrontare in questo anno di celebrazioni?
IT: Vogliamo contare sempre di più a livello politico e vogliamo espanderci a livello territoriale, perché pensiamo di rappresentare la totalità dei*lle cittadini di questa provincia. Da presidente di due cooperative, vorrei aggiungere anche un altro tema: avvicinare i giovani alla cooperazione. La generazione Z non cerca solamente uno stipendio, ma ha bisogno che il lavoro abbia un senso per loro, che ci sia una certa flessibilità lavorativa e che si possa conciliare la vita lavorativa con quella privata. Inoltre, desiderano lavorare in un ambiente che sia inclusivo. Penso che essere soci e lavorare in una cooperativa possa rispondere concretamente a tutte queste esigenze! I vantaggi offerti dalle cooperative, in termini di partecipazione democratica, condivisione delle responsabilità, sviluppo personale e sostenibilità, rendono questa opzione sempre più attraente per i giovani. Tant’è che alcuni universitari che lavorano per noi adesso sono diventati nostri dipendenti, nonostante avessero altre opportunità che forse erano più economicamente soddisfacenti. Per noi, però, contano le persone al centro del progetto e quindi ogni socio conta, decide e alza la mano, e questo piace molto. Secondo me i giovani d’oggi hanno bisogno di questo. Noi dobbiamo solo comunicare meglio.
Apropos Kommunikation: Frau Devilli, Sie sagen, dass am Genossenschaftsmodell eine Reihe von Vorurteilen haften.
MD: Es gibt manche, die sagen, dass die Löhne nicht korrekt ausbezahlt werden, andere glauben, dass das Arbeitsrecht nicht so umgesetzt wird wie in anderen Unternehmen und wieder andere, dass in einer Genossenschaft kein Umsatz gemacht wird. Natürlich machen unsere Genossenschaften Umsatz! Nur werden die Gewinne nicht an die Mitglieder ausgeschüttet, sondern wieder in die Genossenschaft investiert: für neue Mitarbeiter:innen, höhere Löhne oder anderes. Das Genossenschaftsmodell ist sicher nicht für jeden die richtige Lösung, aber wenn ich ein Unternehmensmodell haben möchte, bei dem der Mensch im Mittelpunkt steht und nicht die Gewinnmaximierung, dann ist das Genossenschaftsmodell eine Alternative, mit der ich unternehmerisch sehr gut fahren kann.
Durch die demokratische Entscheidungsfindung ist man vielleicht auch näher an den Herausforderungen und Problemen der Mitglieder und damit der Gesellschaft.
IT: Assolutamente. Faccio un esempio: la mia cooperativa si occupa di gestire eventi, teatri, fiere, musei... Durante il periodo di pandemia ci sono stati momenti in cui tutto si è fermato e in cui abbiamo subito una riduzione dell’80 percento del nostro fatturato. Abbiamo quindi deciso di indire una riunione con soci e dipendenti per capire chi poteva rinunciare e chi no. Io, per esempio, potevo rinunciare allo stipendio per tre mesi. Altri soci hanno rinunciato al loro stipendio per due mesi, altri hanno avuto una riduzione dello stipendio. Chi non poteva, ha preso lo stipendio intero. Così siamo sopravvissuti, ci siamo ripresi e nell’arco di due anni siamo riusciti a ridare tutto quello che era mancato. Questo dimostra perfettamente come può funzionare una cooperativa, dove in determinati contesti il primo conta come l’ultimo.
MD: Infatti tutte le nostre cooperative hanno sopravvissuto a questo periodo difficile. Le persone hanno un interesse personale a far funzionare la propria cooperativa, di cui si sentono parte integrante.
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Aktive Bürgerschaft und Inklusion
Wie versucht ihr das Genossenschaftsmodell auch den jüngeren Generationen nahezubringen?
MD: Per noi è molto importante entrare in contatto con i giovani e capire le loro aspettative. È inutile che siamo noi a spiegare a loro "come funziona un ambiente lavorativo", perché le cose cambiano, cambiano le aspirazioni e i metodi di lavoro. Oggi non possiamo pensare di assumere un laureato, pagarlo poco, tenerlo a fare sei mesi di pratica e poi farlo fare le fotocopie “perché deve fare gavetta”. Non è più accettabile. Noi questa cosa l’abbiamo capita da tempo e ci impegniamo per cercare di sensibilizzare a vari livelli.
Oltre a essere aperti ai giovani, vi impegnate anche ad aprirvi a una cittadinanza più eterogenea e ampia.
MD: Noi siamo aperti a tutta la cittadinanza. Tedesca, italiana, araba, iraniana, pachistana... Dobbiamo renderci conto che la nostra è una società nuova e che non esiste una via alternativa. Se escludiamo una parte della cittadinanza, infatti, non ci saranno più risorse lavorative e non andremo da nessuna parte.
Lei prima diceva che, per quanto riguarda l’inclusione, però, si sono fatti dei passi indietro.
MD: L’Alto Adige, così come si percepisce oggi, tende ancora ad attivare meccanismi di separazione rispetto ai quali non ci troviamo né come centrale né come movimento cooperativo a nostro agio. Il trend altoatesino è ancora quello di separare e di chiudere. Lo vediamo a livello scolastico: gruppo linguistico tedesco da un lato, gruppo linguistico italiano dall’altro. Io non voglio più parlare di gruppi linguistici e dichiarazioni linguistiche, ma questo è un altro tema. Non è possibile che per essere riconosciuta in Alto Adige oggi io debba essere identificata al 100 percento: che lingue parlo, perché ho quella cultura o quell’altra ... Dobbiamo fare un passo in avanti, essere orgogliosi della nostra autonomia, credere nell’Europa e pretendere un riconoscimento come persone. L’obiettivo della nostra centrale, e di conseguenza delle nostre cooperative, è offrire un servizio inclusivo a tutti i cittadini e tutte le cittadine con un rispetto massimo della persona. Siamo convinti che, nel momento in cui abbiamo gli stessi valori, il linguaggio, le culture e le mentalità diventino secondari.
Voi avete scelto di presentarvi all’intervista parlando italiano e tedesco. Come si è arrivati a questa scelta?
MD: È una scelta nata tantissimi anni fa, quando Alberto Stenico, il primo presidente di Coopbund, si trovava in una società completamente diversa da quella di oggi nella quale era assolutamente necessario rivolgersi ai gruppi etnici nella propria madrelingua. Era una forma di rispetto e di riconoscimento. Noi oggi partiamo dal presupposto che ognuno mastichi più o meno entrambe le lingue, anche se, vista la grande separazione, non è proprio sempre così. Quindi, se vogliamo operare sul territorio sappiamo che dobbiamo adattarci alla lingua del territorio.
Eines eurer Ziele ist es, auf dem gesamten Territorium präsent zu sein.
MD: Wir wollen auch außerhalb der Städte eine größere Rolle spielen. Vor allem das Thema der aktiven Bürgerschaft ist heute für alle Gemeinden ein großes Thema, für die kleinen wie für die großen. Auch deshalb, weil bestimmte Ortschaften abwanderungsgefährdet sind, wenn nicht Entscheidungen im Sinne der Bürgerinnen und Bürger getroffen werden. Bürgergenossenschaften können hier helfen, Menschen in Entwicklungen und Beschlüsse einzubinden.
Tornando ai 50 anni di Coopund: ci possiamo aspettare qualche festeggiamento?
MD: Ci sarà una celebrazione verso la fine del 2025, ma vogliamo fare un percorso durante tutto l’anno con tante iniziative e manifestazioni aperte alla cittadinanza e alle nostre cooperative. Creeremo delle occasioni per ricordare l’importanza dei valori che rappresentiamo, ma anche delle cose concrete che sono successe in questi cinquant’anni. Abbiamo tantissime cooperative di lunga data, le quali a loro volta hanno fatto un percorso. Il nostro grande punto di forza è che la flessibilità è intrinseca al modello cooperativo, perché siamo fatti di persone che decidono e quindi sappiamo anche reagire a quelle che sono le sfide oggi. Per il futuro io spero di trovarmi in un Altro Adige che possa reagire simile al modello cooperativo: con una grande flessibilità, avendo non in mente l'interesse delle singole persone, ma l’interesse della comunità. In Alto Adige si vive molto bene, ma è necessario capire cosa si vuole fare di questo Alto Adige in futuro. La famosa fuga delle menti c’è, ma magari prima o poi le persone potranno tornare, trovando casa, riconoscimento e lavori retribuiti in maniera adeguata.