Fate largo al lieto fine
Aveva commosso molti la vicenda di Aref Mohammed Saab, l’iracheno 47enne fuggito da Mosul per cercare fortuna in Italia, e a Bolzano in particolare. Insieme alla moglie e ai figli (acquisiti) era scampato alla furia devastatrice dell’Isis che gli aveva ucciso la madre e i fratelli. Nel centro storico del capoluogo altoatesino la truppa - 10 persone in tutto - viveva stipata in un misero appartamento di circa 46 metri quadri senza riuscire, per lungo tempo, a trovare una sistemazione dignitosa, fra difficoltà oggettive (ad Aref è stata riconosciuta un'invalidità del 70%) e diffidenza diffusa. Poi la svolta. Diverse persone si mobilitano per aiutare la famiglia Saab, “Caritas, l’associazione S. Vincenzo, Forum Prevenzione, i volontari di Bozen Accoglie, l’Azienda Servizi Sociali di Bolzano (ASSB), un’agenzia immobiliare, in tanti ci hanno dato una mano e voglio ringraziarli tutti, uno per uno”, dice Aref con ritrovato entusiasmo.
"Non sarà facile vivere separati, ma non importa, in fondo la strada non è tanta, ci vedremo spesso e ci ritroveremo tutti i fine settimana, siamo grati per questa opportunità"
“Dopo tanto penare abbiamo finalmente trovato una casa nel paese di Soprabolzano, a due passi dalla Funivia del Renon, il padrone dell’immobile ha letto la nostra storia su salto.bz e si è offerto di aiutarci e devo anche dire che c’è stata molta solidarietà da parte dei bolzanini, ‘quello che vi è successo ci ha toccato ed era importante raccontarlo’, è stata l’opinione più comune”, spiega il capofamiglia. Il contratto è stato firmato 2 giorni fa per un appartamento di circa 70 metri quadri. Caritas e ASSB aiuteranno a pagare l’affitto e ad acquistare il mobilio necessario. Un compromesso, tuttavia, si è reso necessario: il nucleo famigliare dovrà dividersi, non c'è posto per tutti nel nuovo alloggio, e così gli uomini resteranno a Bolzano mentre le donne andranno a vivere sul Renon. “Non sarà facile vivere separati - ammette la moglie di Aref, Salma -, ma non importa, in fondo la strada non è tanta, ci vedremo spesso e ci ritroveremo tutti i fine settimana, siamo grati per questa opportunità”.
Il team di streetworker del Forum Prevenzione, come detto, è fra quelli che si sono spesi, in prima linea, per cercare una soluzione abitativa decorosa, “conoscevamo la famiglia di Aref attraverso il figlio Bashar che seguiamo nel nostro progetto streetwork dedicato ai ragazzi in difficoltà (Bashar era stato affidato ai servizi sociali per aver commesso violazioni contro la legge penale, il 20 aprile ci sarà l’ultima udienza in Tribunale, ndr) - riassume Stefano Rossetti che coordina il lavoro di strada per Forum Prevenzione -, siamo poi venuti a conoscenza della precaria e complicata situazione dei Saab, abbiamo avuto un incontro con i servizi sociali e grazie all’impegno cruciale di Karin Cirimbelli di Bozen Accoglie siamo riusciti a trovare una persona di gran cuore disposta ad aiutarli”.
"Il nostro modo di lavorare non ‘ingessato’ e per, così dire, informale ci permette di coltivare molte relazioni e di percorrere strade fuori dai canali istituzionali, e questo spesso paga"
Da non trascurare, sottolinea Rossetti, il fatto che “il nostro modo di lavorare non ‘ingessato’ e per, così dire, informale ci permette di coltivare molte relazioni e di percorrere strade fuori dai canali istituzionali, e questo spesso paga perché si riescono a trovare soluzioni che possano funzionare concretamente”.
Le più euforiche sono le ragazze di casa Saab, prima fra tutte Neamah, 15 anni: “Mi capita spesso di andare sul Renon, ogni tanto si organizzano delle feste, e poi anche lì ci sono parchi e negozi ed è tutto più tranquillo”, “è pure più bello di Bolzano, possiamo andare in montagna”, si accoda la piccola Inas, 10 anni, senza staccare gli occhi dal porta-penne fatto con le sue mani per il compleanno della madre, come sottolinea con un certo orgoglio. Il 3 aprile il nuovo “nido” sarà a loro disposizione. È lieto fine, malgrado tutto. Almeno stavolta.