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Salto.bz: Sindaco, a molte persone non è sfuggita la sua rinnovata strategia di comunicatore, diciamo così, multimediale. Ce ne vuole parlare?
Renzo Caramaschi: Guardi, se allude alla mia pagina Facebook direi che parlare di strategia è piuttosto esagerato.
Non c'è nessuna strategia, dunque? Tutta spontaneità e farina del suo povero sacco?
Sì, facciamo tutto in famiglia. Io e mia figlia, che mi dà una mano. Del resto io non è che sia veramente entusiasta di questo modo di comunicare.
Perché no? Sembra funzionare.
Cosa vuole che le dica. Mi sono affacciato in questo mondo tardi, con la campagna elettorale del 2016, si ricorderà. A quel tempo avevo un giornalista professionista che mi seguiva (Carmelo Salvo, ndr). Poi qualche mese fa avevo ripreso, ma il virus ha in un certo senso bloccato tutto, costringendomi a usare quel mezzo per rivolgermi più direttamente ai cittadini.
La pagina Facebook la gestisco io, mia figlia mi dà solo una mano
Ma questo modo di rivolgersi ai cittadini a quanto pare piace, la sua pagina è molto seguita.
Funziona perché la gente ha tempo di seguirmi. Io un po' meno. Lavoro tutto il giorno, dalle sette di mattina fino alla sera tardi. E poi mi dovrei mettermi anche a rispondere. Per fortuna mi aiuta mia figlia, così riusciamo a sbrigare anche questo lavoro.
Sta dicendo che è meglio utilizzare canali comunicativi più tradizionali? Comunicati stampa ufficiali e giornali?
Be', i comunicati stampa ci vogliono, sono il canale tradizionale. I giornali li preferisco senz'altro. Con Facebook arrivano domande di ogni tipo, è impossibile dare ascolto a tutti, rispondere su ogni questione.
Però poi lei usa Facebook anche per rivelare qualche sua passione, la musica per esempio...
Ah, sì. Quella è una parte che mi piace e – penso – mi distingue dagli altri “politici”. Sono io che scelgo per esempio i brani musicali, oppure segnalo una lettura, un libro. In questo penso di avere una marcia in più sugli altri. E magari questa marcia in più consiste proprio nel non avere una strategia precisa, di rivelarmi insomma per quel che sono, anche a costo di apparire ingenuo.
Siamo riusciti a limitare moltissimo il numero dei decessi
Cambiamo discorso. I mesi passati sono stati difficilissimi per lei. Guardando indietro si sente di aver agito nel modo migliore?
Vede, il mio ruolo non era mica facile. Un sindaco sta un po' tra l'incudine e il martello. Da sopra arrivano le indicazioni del presidente del Consiglio e di quello della Provincia. Si tratta di applicare i decreti, anzi di interpretarli. Da sotto ci sono le esigenze, i bisogni, le preoccupazioni dei cittadini, che quei decreti li devono rispettare. Ci vuole pazienza. Però mi sembra di essere riuscito a fare cose buone...
Per esempio?
Abbiamo proceduto subito alla chiusura delle case di riposo. Siamo riusciti così a limitare moltissimo il numero dei decessi, che in altre zone hanno invece toccato numeri impressionanti.
Lei pensa che Bolzano e la provincia siano state messe particolarmente sotto pressione?
Innanzitutto penso che Bolzano e la provincia siano due cose diverse, bisogna distinguerle. In città abbiamo una densità abitativa molto più elevata, senza considerare la situazione psicologica. A Bolzano vivono più italiani, che erano maggiormente esposti alle informazioni, anche allarmistiche, che provenivano dal resto d'Italia. Fuori dal capoluogo, invece, ci si affidava di più alle informazioni provenienti dal mondo tedesco, sicuramente meno martellanti. Per fortuna sono riuscito a far capire questa particolarità al presidente della Provincia, potendo quindi operare con maggiore rigore – e talvolta con qualche restrizione in più – al fine di salvaguardare i cittadini.
Allude al dibattito che si è acceso sulle distanze da rispettare?
Anche. Fuori dalla città era possibile interpretare l'espressione “nelle vicinanze”, quando ci si riferiva alla possibilità di passeggiare nei dintorni della propria abitazione, con molta elasticità. Ma io dovevo misurarli, quei passi. Non potevo mica permettermi di essere vago. Per questo abbiamo dovuto indicare prima i 200 metri, per poi estenderli dopo qualche giorno fino ad arrivare al doppio.
Adesso è fondamentale non abbassare la guardia: una ricaduta sarebbe insostenibile
Tutto sommato, comunque, la cittadinanza ha risposto alle sue attese, no?
Direi di sì. I bolzanini hanno capito la gravità della situazione e si sono comportati in generale con senso di responsabilità. Io sono sempre in ufficio, sa, e li vedo dalla finestra. Portano tutti la mascherina, mi pare ci sia molta consapevolezza.
Pensa che siamo fuori dalla fase più acuta, possiamo dire che l'inizio di questa seconda fase ci possa far dire che finalmente il peggio è passato?
Speriamo. Comunque è stato un periodo terribile e ci ha deposto sulle spalle un fardello pesantissimo. Ho notizie di un cospicuo aumento di divorzi e separazioni. E sono aumentate anche le situazioni di disagio psichico, gli episodi di violenza. La limitazione del movimento ha inciso senz'altro, ma del resto era un obiettivo reso necessario dall'emergenza sanitaria. Adesso è fondamentale non abbassare la guardia, perché una ricaduta sarebbe insostenibile.
Adesso è anche tempo di ripensare alla campagna elettorale...
Oh, guardi, questo è l'ultimo dei miei pensieri. Non sappiamo neppure quando potremo tornare a votare. Diciamo che ho altre preoccupazioni e la priorità resta quella di riuscire a garantire la sicurezza dei cittadini.
A proposito di sicurezza, ha visto il siparietto inscenato da Vittorio Sgarbi e dall'assessore Massimo Bessone? Cosa ne pensa?
Ho visto, cosa vuole che le dica? Sgarbi lo conosciamo. Evidentemente all'assessore Bessone sarà scattato un moto di condiscendenza: ha sentito quell'altro dire ciò che ha detto e non avrà ritenuto opportuno deluderlo. Se un personaggio è forte si tende a compiacerlo. Così si è messo a ridere. Io avrei reagito in modo diverso, ma non siamo mica tutti uguali.