Una celebre battuta attribuita a Prodi nei confronti di un Berlusconi che in un dibattito citava statistiche e numeri recita: ”Lei si appoggia ai numeri delle statistiche come l'ubriaco al lampione per vederci meglio... ma il problema non è la luce!”

Sono passati decenni da quella battuta e nel frattempo si è fatto strada una maggiore cultura sull'analisi dei dati; il Corriere della Sera presenta una rubrica dedicata al “Data journalism” mentre dei giovani economisti tengono una rubrica on-line dal nome esplicativo “Show me the f*cking data!”.

Tra le statistiche importanti per alcune aree, per esempio di gli indici di rischio, ci sono quelle pubblicate dal World Economics Forum.

Il 20 giugno è stato pubblicato il Global Gender Gap Report.

Ossia un indice che confronta ogni anno lo stato attuale e l'evoluzione della parità di genere attraverso quattro dimensioni chiave (partecipazione economica e opportunità, livello di istruzione, salute e sopravvivenza e responsabilizzazione politica).

È l'indice più longevo e monitora i progressi degli sforzi di numerosi Paesi per colmare questi divari nel tempo sin dal suo inizio nel 2006. I Paesi presi in considerazione sono 146.

Questo indice registra un regresso ai valori del 2019 mentre la data prevista per colmare il gap di genere resta la stessa 2154.

Nella classifica generale dominano i Paesi del Nord nelle prime tre posizioni (Islanda, Norvegia, Finlandia) mentre la Germania è al sesto posto (+4 posizioni), la Spagna 18esima (-1 posizione) la Svizzera al 21enesima (-8 posizioni) la Francia 40esima (- 25 posizioni).

L'Italia? 79Esima (-16 posizioni) dopo Uganda ma prima della Mongolia.

Sarà come dice qualcuno che le statistiche servono poco... ma vista dai dati mi sembra di poter dire che no!, l´Italia non è un Paese per donne.

Qui trovare tutti i dati.

https://www.weforum.org/reports/global-gender-gap-report-2023/