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Il dolore e la speranza di chi resta

Andrea Liponi è scomparso da Bolzano l’8 giugno 2008. Da allora, i suoi genitori hanno intrapreso una lunga e dolorosa ricerca, rimasta finora senza risposte.
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Foto: c_chiara_cortellini
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  • Nell’appartamento dei coniugi Spadotto-Liponi Andrea è ancora presente. Vive nei ricordi custoditi con cura, nelle fotografie in salotto che lo ritraggono da bambino e nella sua stanza, rimasta intatta dal giorno della sua scomparsa. Ma è vivo soprattutto nelle parole dei suoi genitori, Mirella e Livio, che da diciassette anni affrontano il peso della sua assenza.

  • Un ricordo ancora vivo

    “Andrea per noi è sempre stato il numero uno, un ragazzo eccezionale”, racconta Livio e il suo viso si apre in un sorriso radioso. “Per noi nostro figlio è stato fonte di gioia e di vita”, aggiunge Mirella, “un ragazzo molto sensibile, legato alla sua famiglia, che sognava di diventare avvocato”. Intorno ai diciotto anni, però, qualcosa in lui comincia a incrinarsi. Dopo il diploma al liceo scientifico, si iscrive a giurisprudenza a Padova per inseguire il suo sogno. “Le cose non andarono come sperava e, dopo un anno, decise di rientrare a Bolzano e di cambiare indirizzo di studi”, spiega la madre. Passa quindi a Trento, alla facoltà di mediazione linguistica. Supera alcuni esami nel primo anno, ma il successivo è segnato da difficoltà che, dice Mirella,“insieme al lutto per la morte del nonno avevano acuito la sua fragilità”. 

    Quella difficile fase della vita di Andrea sfocia nel pomeriggio dell’8 giugno 2008. Dopo aver pranzato al ristorante, il ventiduenne accompagna i genitori al cimitero, poi si allontana dicendo che avrebbe lavato l’auto. La sera, però, Andrea non rientra a casa. Mirella e Livio si allarmano e avvertono le forze dell’ordine. Il giorno dopo, la sua Fiat Punto blu viene ritrovata a Sirmiano di Sopra, frazione nei pressi di Nalles, chiusa a chiave. All’interno gli inquirenti rinvengono il cellulare, la carta d’identità, la patente e la tessera universitaria del ventiduenne. A pochi metri di distanza, su un prato, vengono individuati un paio di jeans, scarpe marca Tiger e il lettore CD portatile ancora in funzione. Scattano subito le ricerche: vigili del fuoco, soccorso alpino e centinaia di volontari si concentrano in particolare nelle aree boschive tra Tesimo e Nalles, ma del giovane non vi è traccia.

     

    Da diciassette anni Mirella e Livio convivono con il dolore dell’assenza del figlio Andrea.



    Da allora sono passati diciassette anni. Un lasso di tempo lunghissimo in cui Mirella e Livio hanno convissuto con il dolore dell’assenza del figlio, senza però perdere del tutto la speranza di ritrovarlo. “Da quando Andrea è scomparso, il cinquanta percento della nostra felicità se n’è andato e la nostra vita è cambiata completamente”, confida Mirella. Entrambi lavoravano a scuola – Mirella insegnante in una scuola media del capoluogo, Livio preside di un istituto superiore –, ma in seguito alla scomparsa del figlio non sono più riusciti a svolgere la loro professione con la necessaria serenità e, appena possibile, sono andati in pensione. È un periodo segnato da numerose segnalazioni – alcune plausibili, altre piuttosto fantasiose –, che di volta in volta alimentano la speranza di ritrovare Andrea. 

    Tra queste, per esempio, quella del 2011, quando Mirella e Livio vedono recapitarsi una cartolina con francobollo italiano, datata 13 ottobre e raffigurante un paesaggio desertico del Kuwait. Sul retro la scritta: “Tanti salutoni. Andrea. Sono lontanissimo del Kuwaiti”. Diversi esperti ne analizzano la scrittura, concludendo che non corrisponde a quella di Andrea. E ancora, nel 2019, a “Chi l’ha visto?”, nota trasmissione televisiva di RaiTre, arriva una segnalazione dal Veneto: una persona di circa 35 anni molto somigliante ad Andrea sarebbe stata vista a bordo di un autobus tra Mestre e Venezia. Anche in questo caso, però, le verifiche non portano a nulla. “Seguendo le segnalazioni abbiamo girato praticamente tutta Italia e alcuni Paesi esteri, ma purtroppo non abbiamo mai trovato riscontri reali”, ricorda Livio, che sottolinea come "gli ‘avvistamenti’ possono essere utili se arrivano subito dopo la scomparsa, mentre con il passare del tempo risultano sempre meno attendibili. Certo, va detto che, se fatti in buona fede, sono sempre ben accolti, perché significa che l’attenzione non è calata”. “In ogni caso – aggiunge Mirella –, resta la speranza che Andrea sia ancora vivo e possa aver trovato una sua strada”. E con il tempo, per Mirella e Livio, la speranza non è rimasta chiusa nel silenzio di un dolore privato, ma si è trasformata in una forza attiva e in un impegno concreto a favore degli altri. Due mesi dopo la scomparsa del figlio, infatti, hanno incontrato l’associazione Penelope e, un anno dopo la sua sparizione, hanno fondato la sezione regionale per supportare le ricerche di familiari e amici di chi, come loro figlio, è svanito nel nulla.

  • La forza che nasce dal dolore

    Penelope Italia nasce nel 2002 e oggi conta 16 sezioni regionali attive in tutto il Paese, impegnate a offrire supporto psicologico, legale e tecnico alle famiglie colpite dalla scomparsa di un proprio caro. Dalla sua fondazione, Penelope ha seguito oltre mille casi, collaborando con istituzioni e forze dell’ordine per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere politiche di pre- venzione e intervento. In questo senso, l’associazione svolge un ruolo importante anche nell’applicazione del Piano Provin- ciale per la Ricerca delle Persone Scomparse (Legge 202 del 2012), che definisce un quadro operativo coordinato per la gestione delle scomparse in Italia: appena viene segnalato un caso, le autorità sono chiamate ad attivare immediatamente le ricerche, coinvolgendo forze dell’ordine, protezione civile, servizi sociali e associazioni di volontariato. “L’associazione ci ha mostrato che il nostro dolore non era isolato e ci ha messo in contatto con persone che vivono esperienze simili alla nostra”, riprende Livio. “Se non siamo caduti nella disperazione è perché abbiamo trovato il modo di realizzare qualcosa che ci portasse ad essere di aiuto agli altri”. 

    Guidata anche da una profonda fede religiosa, Mirella racconta invece di “aver sempre sentito una voce interiore, il richiamo di Andrea che diceva: ‘cercate qualcun altro, è come se cercaste me’”. All’interno di Penelope Trentino Alto Adige i ruoli dei coniugi Spadotto-Liponi sono ben distinti ma complementari. “Io tiro il carro, lui mi sorregge da sempre”, dice Mirella rivolgendo al marito uno sguardo carico di gratitudine. È lei a occuparsi dei contatti con le famiglie e dell’ascolto, mentre Livio si concentra sugli aspetti informatici, organizzativi e legali, curando la diffusione degli appelli e l’aggiornamento della rete. Quando arriva una nuova segnalazione Mirella si attiva subito: cerca un contatto, chiama, si informa. Spesso si tratta di capire se è già stato fatto tutto il possibile, se la famiglia è pronta a ricevere aiuto o preferisce restare nel silenzio. “Non c’è sempre apertura, perché a volte si preferirebbe arrivare alla soluzione del caso senza ‘clamore’”, spiega. “Essendoci passati lo capiamo perfettamente e, ovviamente, rispettiamo la decisione di ciascuno”. Ad ogni modo, anche quando non è possibile intervenire direttamente, Mirella e Livio fanno la loro parte, rilanciando gli appelli tramite i canali social, coinvolgendo la rete nazionale di Penelope e, se necessario, attivando le organizzazioni partner all’estero. In altri casi, invece, il supporto di Penelope è ben accolto e il contatto con l’associazione si traduce in un sostegno concreto. È un lavoro costante, quindi, che anche se non sempre porta a un ritrovamento, contribuisce a tenere viva l’attenzione sui singoli casi e, più in generale, sul tema. 

     

    Dalla sua fondazione, Penelope ha seguito oltre mille casi, collaborando con istituzioni e forze dell’ordine.

     

    A volte, fortunatamente, le vicende seguite dalla coppia si concludono con un lieto fine. È accaduto per esempio qualche anno fa con una ragazza scomparsa da una comunità del meranese e con un padre che si era allontanato portando con sé in Tunisia i due figli piccoli. “In entrambi i casi abbiamo seguito gli sviluppi delle ricerche da vicino. E ogni volta, anche se non è nostro figlio, il cuore un po’ si solleva”. Oltre al supporto diretto ai familiari delle persone scomparse, una parte fondamentale del lavoro di Mirella e Livio riguarda l’attività di sensibilizzazione e prevenzione. In alcune occasioni, il loro messaggio è arrivato attraverso l’arte e la cultura. È il caso di “Allarme al parco”, un fumetto che mira a sensibilizzare i*le più giovani circa l’importanza della prevenzione e del pronto intervento nei casi di scomparsa. Provenendo entrambi dal mondo della scuola, inoltre, negli anni hanno saputo costruire un dialogo particolarmente efficace con studenti*esse, insegnanti e famiglie. “Con loro analizziamo i fatti accaduti per capire come si sarebbe potuto intervenire prima”, sottolinea Mirella. “Lo facciamo attraverso convegni e incontri informativi in cui diamo molto spazio alle esperienze e alle riflessioni dei più giovani. La prevenzione, oggi, vuol dire soprattutto ascolto e attenzione verso chi ci sta vicino, per riuscire a cogliere i segnali di disagio prima che sia troppo tardi”.

     

    Il lavoro di Mirella e Livio contribuisce a tenere viva l’attenzione sui singoli casi e sul tema.



    Nonostante il dolore, dunque, la vita della famiglia Spadotto-Liponi continua a confrontarsi con il presente e il futuro. L’altra figlia di Mirella e Livio si è trasferita da tempo a Padova, dove ha formato una famiglia con il suo compagno. Ha invitato spe so i genitori a raggiungerla, per stare vicino a lei e ai nipotini, ma anche per mettere una distanza da quel passato così doloroso. “Io però non me la sono sentita”, confessa Mirella, “perché andare via da Bolzano significherebbe lasciare indietro Andrea”. Così, anche attraverso i social, Mirella mantiene un legame speciale con suo figlio: in una sorta di “corrispondenza immaginaria” gli racconta gli anniversari importanti e condivide con lui la sua passione per i libri, parlandogli dei romanzi che legge. In questo modo, pagina dopo pagina, è come se potesse dialogare ancora con Andrea, tenendo vivo il suo ricordo e, al contempo, la speranza di poterlo un giorno ritrovare.

  • Cosa fare quando una persona scompare

    • Mantieni la calma, ma agisci subito: il tempo è fondamentale.
    • Contatta le forze dell’ordine: chiama il 112. Non è necessario attendere 24 ore: la denuncia può essere fatta immediatamente.
    • Fornisci tutte le informazioni utili: descrizione fisica, età, abbigliamento al momento della scomparsa, ultimo luogo e orario in cui è stata vista la persona, eventuali problemi di salute, fragilità o situazioni a rischio.
    • Consegna una foto recente della persona scomparsa.
    • Diffondi la segnalazione, se possibile, tramite social media, associazioni dedicate (Penelope, Nostos Italia, ecc.) e media locali.
    • Collabora attivamente con le autorità durante le ricerche