Società | Incertezze

“Ma lo sapete cos’è davvero la sicurezza?”

Nel reparto di maternità dell’ospedale di Vipiteno crescono inquietudine e rabbia: peggio della chiusura è l’incertezza che condanna inevitabilmente ad una morte lenta.

Agli operatori dell’ospedale di Vipiteno le parole pronunciate dal primario di Bolzano Klaus Eisendle e pubblicate nei giorni scorsi su Salto sono suonate come un colpo al cuore. Per molti di loro è stata la triste conferma che lo stillicidio della ‘chiusura sì, chiusura no’ sia di fatto il preludio della morte annunciata

Il tutto ha il sapore della beffa per il reparto di ginecologia e ostetricia che per anni si è sentito fiore all’occhiello non solo della sanità altoatesina ma addirittura di tutta Italia. 
Nell’ospedale si mormora che dietro a tutto questo ci sia l’interesse a privatizzare. Ma a Vipiteno l’aria che si respira è pesante e lo spettro che gli ospedali periferici debbano prima o poi rassegnarsi a diventare delle cliniche geriatriche getta lo sconforto chi professionalmente si occupa dell’inizio e non della fine della vita. 

Il tema della sicurezza nell’ospedale dell’Alta Val d’isarco è diventato quasi un incubo. Rischiare di morire per il numero troppo basso di parti è un paradosso insopportabile per chi da sempre ha basato sul parto dolce la propria vocazione professionale. 

Ma lo sapete cosa significa davvero sicurezza nel parto?” continuano a ripetersi nel reparto, ricordando che la fortuna di Vipiteno è sempre consistita nell’ancora di salvezza che il reparto di ostetricia di Vipiteno ha voluto rappresentato le donne che volevano andare incontro all’esperienza di maternità nel modo più naturale possibile. 
Da sempre le donne fuggono dagli ospedali italiani che tendono a medicalizzare gravidanza e parto fisiologico” si dice. E molte di loro fino ad oggi hanno trovato rifugio proprio a Vipiteno. Che però - e qui sta proprio il paradosso - ora rischia di morire a causa delle linee guida nazionali per la sicurezza varate anche e soprattutto per cercare di limitare i parti cesarei che raggiungono percentuali del 70% nei piccoli ospedali del bel paese. 

E Vipiteno? Non è anche quello un piccolo ospedale?
Sì, ma diverso da quelli ‘italiani’ in quanto ha sempre cercato di avvicinare il suo servizio agli standard che rispettano i tempi individuali delle donne,  mettendole al centro. Che dicono che accelerare i tempi comporta spesso complicanze. Inoltre in un ospedale piccolo ma ben organizzato come quello di Vipiteno vengono spesso saltati dei passaggi: se c’è un problema non arriva prima il medico di assistenza ma direttamente lo specialista. Per il resto tutta l’attività del reparto è incentrata sulla prevenzione delle complicanze.  

Nel reparto di ostetricia di Vipiteno non si nascondono dietro a un dito e vanno fino in fondo: “l’ideale per la sicurezza è il parto in casa”. E all’obiezione che ostetricia però è un ospedale ribattono: “noi rispettiamo i tempi facendo quello che molte donne ci chiedono”. 

E allora dove sta il problema? 
E’ presto detto: nei numeri. L’anno scorso i parti a Vipiteno sono stati 494, e quest’anno siamo ancora in linea con questi numeri nonostante…“Nonostante la paura seminata in giro negli ultimi mesi attraverso una campagna irresponsabile basata sulla manipolazione delle statistiche” commentano gli operatori del reparto. 
Ad esempio recentemente è stato scritto che Vipiteno ha molti morti perinatali in più. Ma va tenuto conto che spesso sono le donne stesse a scegliere Vipiteno anche per riuscire ad affrontare nel migliore possibile dei modi l’esperienza della perdita di un figlio.  
Insomma: i parti quest’anno sarebbero stati di più a Vipiteno se non fosse stato messo in atto quello che gli operatori del reparto considerano vero e proprio terrorismo.  

Ma con i responsabili ultimi, sanitari, amministrativi e politici dell’Azienda Sanitaria altoatesina esiste (ancora) un dialogo?
Gli operatori scuotono la testa: “non c’è comunicazione”. Gli operatori (medici, ostetriche, infermieri) non si sentono coinvolti e sono quindi frustrati in quanto da parte loro ci sarebbe goni disponibilità al confronto. “Siamo sempre disposti a migliorare”, ribadiscono. Dicendosi però scettici in merito alla moltiplicazione delle ‘commissioni di esperti’ varate man mano dall’assessora Martha Stocker, che andrebbero invece affiancate da tavoli di lavoro che coinvolgano i primari e le capoostetriche. 

In attesa di sviluppi intanto a Vipiteno si stanno preparando alla veglia di protesta organizzata per il prossimo 28 ottobre anche con il coinvolgimento dei sostenitori delle altre due Geburtstationen messe recentemente in discussione. E cioè quella già ‘spenta’ a San Candido e quella a rischio a Silandro. 
L’intento è quello, a detta degli organizzatori, di promuovere una vera a propria ‘valanga del silenzio’, una marcia silenziosa percorrerà la città di Vipiteno. In essa con ogni probabilità alla speranza (che è l’ultima a morire) qualcuno affiancherà anche la preghiera. 
Con buona pace della ancora incerta riforma della sanità altoatesina.