Società | Il report

Come (non) si muovono gli altoatesini

Effetto zona rossa, i dati di Google Mobility sulla provincia di Bolzano: in che modo sono cambiate le abitudini sugli spostamenti ordinanza dopo ordinanza.
Bolzano, lockdown
Foto: Othmar Seehauser

Come sono cambiati gli spostamenti degli altoatesini dopo le varie restrizioni adottate dagli amministratori provinciali per arginare la diffusione del coronavirus? Una parziale fotografia sulle modificate abitudini in tema di mobilità delle persone è quella che arriva da Google Mobility. I dati sull’Alto Adige illustrano lo stato dell’arte al 17 novembre (le informazioni vengono aggiornate periodicamente), ovvero tre giorni dopo l’entrata in vigore dell’ordinanza numero 69 che sanciva la chiusura delle scuole di tutti gli ordini e gradi per una settimana e ulteriori strette sul piano sociale e lavorativo, seguite dall’annuncio dello screening di massa, appena conclusosi con successo presentando così già la prospettiva di graduali riaperture a partire dal 30 novembre.

L’ultimo report prende in esame le 6 settimane precedenti al 17 novembre. Dai grafici di Google possono già vedersi gli effetti “zona rossa” e dell’ordinanza in questione (nel frattempo intanto siamo arrivati alla numero 71). Nell’aggiornamento del 17 novembre gli spostamenti verso luoghi del tempo libero (il settore più colpito dall’inizio dell’epidemia) - compresa la frequentazione di posti come bar, locali e ristoranti, centri commerciali - sono diminuiti del 67%, con un calo ancora più drastico dopo le chiusure decretate dal susseguirsi di ordinanze via via più stringenti. Netta flessione anche per gli spostamenti verso i luoghi di lavoro (-39%) e verso stazioni di trasporto pubblico (-45%) verosimilmente a causa dell’aumento dello smart working e di una minore mobilità generale dovuta probabilmente anche alla volontà di molti cittadini di evitare i mezzi pubblici. In calo gli spostamenti verso luoghi per l’acquisto di beni essenziali ovvero generi alimentari e farmacie (-23%) mentre cresce il dato relativo alla permanenza nelle case (+20%).

 

I report messi a disposizione da Google contengono dati aggregati e anonimi raccolti in moltissime città e aree del mondo. I numeri sono gli stessi che vengono usati per rilevare in tempo reale gli orari di punta nei luoghi di Google Maps i cui dati permettono di tracciare la cronologia dei movimenti in diverse aree prendendo come riferimento un determinato lasso di tempo. Va sottolineato che i dati in questione appartengono a un campione di utenti che fa uso di applicativi nel rispetto della privacy, non si dispone perciò di informazioni riguardanti il loro profilo demografico, e quindi il campione può essere più o meno rappresentativo del comportamento dell’intera popolazione.

La pubblicazione è però utile per farsi un’idea dell’impatto dell’epidemia anche in seguito alle decisioni prese dall’esecutivo, in questo caso provinciale. Lo stesso Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, in un’intervista al Corriere della Sera ha sottolineato l’importanza di attingere a queste informazioni per studiare nuove strategie di contenimento dei contagi (visti peraltro i noti guai con il sistema di tracciamento dei contatti).
Il punto è che Crisanti vorrebbe poter accedere a informazioni dettagliate sugli spostamenti dei cittadini, posizione che riaccende il dibattito, già sorto ai tempi dell’app Immuni, sull’equilibrio fra esigenze della privacy e quelle della salute.