Da oltre 70 anni, al confine tra Italia e Austria, un caffè costruito a forma di nave ormeggia tra le Dolomiti innevate. Il capitano, Marina, passa l’intera giornata a seguire il figlio trentatreenne, servendo, contemporaneamente, i clienti del bar. Il locale è anche il salotto della casa, una sola porta separa il bar dal resto dell’abitazione. Le vicende si intrecciano dando vita ad un racconto corale dal quale ne emerge un ritratto tragicomico; una commedia del reale in cui i protagonisti recitano il ruolo che la vita gli ha assegnato.
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(Domande GZ) Quando frequentavo regolarmente il Bar Mario, che si trova proprio accanto alla scuola di cinema Zelig, ho sempre pensato che bisognerebbe farci un film. Tu l’hai fatto e credo ne è valso veramente la pena. Come nasce questo progetto?
Io sono partito con l’idea di raccontare una città, Bolzano, dove convivono due culture, unite e divise. Ho finito per raccontare la vita di un piccolo bar…il bello del documentario. Quando ho iniziato a frequentare la Zelig avevo 26 anni, non ero più abituato a stare in classe e seguire delle lezioni. Di tanto in tanto uscivo dalla finestra e passavo la mattinata al bar. In quei giorni ho scoperto che il Bar Mario è un luogo speciale. L’idea di farci un film è nata dopo due anni, quando ormai ero anche io parte di quel microcosmo.
Ai documentaristi si chiede spesso di raccontare storie che hanno un valore universale. L’hai trovato all’interno di questo microcosmo di un bar all’angolo di una cittadina in una provincia remota come lo è l’Alto Adige?
“Il tuo villaggio è il centro del mondo, racconta il tuo villaggio e racconterai del mondo” diceva Tolstoj. Penso che l’universalità di una storia non sia data dalla tematica, ma da come viene trattata. A volte i documentari nascono dall’idea di trattare un “grande argomento”, come guerra, diritti umani, problematiche sociali ecc…in Bar Mario il processo è stato l’opposto, partire dal piccolo per arrivare al grande, speriamo di esserci riusciti. A prescindere dalla tematica, secondo me una storia è universale quando si avvicina il più possibile alla natura degli elementi che la animano.