Società | La polemica

L'effetto che fa

Qual è il modo migliore per farsi capire dai razzisti e dagli xenofobi? Bisogna sempre porgere l'altra guancia e praticare la tolleranza anche con gli intolleranti?

Qualche giorno fa, scrivendo un post su facebook, Luigi Gallo, assessore alla Partecipazione, al Personale e ai Lavori Pubblici del Comune di Bolzano, è sbottato:

Ai razzisti e agli xenofobi di ogni risma auguro sinceramente di trovarsi con le pezze al culo in un paese lontano tremila chilometri dall'Italia, di trovarsi a chiedere un documento a un funzionario pubblico che ha potere su di te biascicando qualche parola sconnessa in una lingua, che so, tipo Urdu, e a vedere se ti fanno pulire i cessi per sopravvivere. A coloro che ci criticano pure se facciamo un servizio di emergenza freddo per i senzatetto auguro di cuore, per una qualsiasi sfiga, di finire a dormire sotto un ponte con un bell'inverno rigido, non quelli miti di oggi, ma quelli belli freddi, da meno dieci. E infine a tutti quelli che augurano agli zingari di finire sul rogo un caloroso augurio di ritrovarsi a rinascere in qualche campo rom con i bravi residenti di fuori che ti tirano le molotov e i più buoni fra loro che ti dicono che non ti vuoi integrare... Così, tanto per vedere che effetto fa...

Gallo non è un ingenuo, sa benissimo che pubblicando un post del genere su facebook si sarebbe attirato critiche feroci e non solo da parte di eventuali e dissenzienti lettori della sua bacheca. Infatti il messaggio non è passato inosservato e, prelevato dopo un paio di giorni dalla sua sede originaria per poi essere pubblicato tale e quale sul quotidiano letto dalla maggioranza degli italiani dell'Alto Adige, è diventato subito un bersaglio di attacchi violenti proprio da parte di quelle persone alle quali Gallo aveva rivolto la sua durissima critica. Un esito triste, ancorché prevedibile.

Ci si potrebbe chiedere: ha fatto male l'assessore Gallo a sfogarsi su facebook, esprimendo così, senza alcun filtro diplomatico, il suo scoramento di fronte al montare sempre più evidente di una vasta opinione intollerante e razzista? In fin dei conti il suo sfogo non era che un appello all'empatia e, tradotto in un linguaggio più pacato, si limitava ad “augurare” a chi adesso fa mostra di atteggiamenti verbalmente violenti nei confronti dei più deboli di fare la medesima esperienza di sofferenza ed esclusione. Di provare le stesse cose almeno una volta nella vita, insomma. Per capire, appunto, l'effetto che fa.

E' sempre facile dare buoni consigli e invitare alla pacatezza. Chi adesso critica Gallo ricordandogli che nella sua posizione, cioè da uomo che rappresenta le istituzioni, il miglior modo per affrontare certe temi è quello di aggiustarsi la cravatta e spiegare gentilmente, come si farebbe a dei bambini un po' sciocchi, ma in fondo d'indole buona, il proprio punto di vista civile. Peccato però che questi bambini un po' sciocchi se ne freghino (il fascista “me ne frego”, quello che Don Milani pensava di combattere col suo “I care”, regna intanto sovrano) dei toni pacati e abbiano addirittura coniato un termine - “buonista” - per offendere chiunque non sposi una visione simile alla loro. E allora, quando il “buonista” non ce la fa più e s'incazza, quando il “buonista” sbotta e disgraziatamente imita i toni con i quali lui e gli altri devono sempre avere a che fare, non dobbiamo gioire per aver finalmente trovato un linguaggio comune col quale confrontarci e riconoscerci? Chissà perché sono invece sempre i più intolleranti ad esigere l'assoluta tolleranza. Ovviamente da parte degli altri.