Cronaca | Terrorismo

“Più che altro un'operazione di facciata”

E’ piuttosto critico il bolzanino Carlo Bertorelle, appena tornato da Bruxelles dove ha assistito al blitz delle forze di sicurezza.

Carlo Bertorelle, per puro caso Lei si trovava a Bruxelles nei giorni delle retate volte a scovare i terroristi. Che esperienza ne ha tratto?
Carlo Bertorelle - Mi trovato nella capitale belga per fare visita ad alcuni amici che sono immigrati lì per lavoro, alcuni anche altoatesini. Mi sono fermato in città per 4 giorni, dal giorno 18 a domenica 22 novembre. E a partire da venerdì 20 ho potuto respirare l’aria dello stato di massima allerta decretato dalle autorità. 

Con l’emergenza com’è cambiato l’aspetto della capitale belga?
In giro si sono visti mezzi blindati e moltissimi gendarmi, poliziotti e soldati in tuta mimetica. Tutti armati fino ai denti per presidiare tutte le zone, sensibili e non. Il pattugliamento era impressionante soprattutto nella Grand Place, che di fatto è il centro di Bruxelles, e nella stazione centrale della città dove c’è sempre molto movimento. 

Era impressionante vedere l’esercito per strada? 
Io non mi sono impressionato, ma mia figlia che era con me ha sentito un po’ la tensione. Personalmente devo dire che l’atmosfera, nonostante la severità della situazione e la preoccupazione, l’ho comunque trovata tranquilla. Nella Grand Place pur in mezzo ai gendarmi erano lo stesso presenti due giovani che suonavano la chitarra e cantavano. 

In città venivano spesso richiesti i documenti di identità?
Devo dire di sì, i controlli erano frequenti. Entrando in certi luoghi e in certe piazze transennate la gente veniva anche fermata e perquisita. 

I controlli erano severi anche all’ingresso degli esercizi pubblici?
Gran parte dei grandi magazzini, le stazioni della metropolitana e i musei a partire da venerdì sono stati chiusi. Sono stati chiusi anche i teatri e soprattutto le scuole. E la situazione mi hanno detto che si prolungherà anche per tutta questa settimana. 

In quale modo venivate informati degli sviluppi della situazione? 
Le notizie erano in primo piano nei ristoranti, nelle caffetterie. Per strada la gente però osservava una sorta di rispettoso silenzio, senza nessuna manifestazione di panico. Le famiglie con cui sono entrato in contatto nei miei 4 giorni di permanenza a Bruxelles mi hanno anche riportato un’eco diretta della situazione che vivevano nei quartieri della città. 

Gli abitanti della città come hanno vissuto l’escalation?
Mi sono sembrati contagiati da una sorta di ironia belga. Sapevano sorridere davanti alle misure che per loro erano un po’ strane. Se devo dire la verità, mi sono sembrati piuttosto scettici.

Scettici di cosa?
Delle iniziative maldestre del governo. Dell’esagerazione e l’enfasi eccessiva data alla stretta repressiva che, per quanto motivata dallo scenario francese dall'origine belga di alcuni attentatori, è apparsa forzata e nello stesso tempo inefficace. E’ sembrata un’operazione di facciata, pur necessaria, ma nella forma volta più che altro a coprire mediatamente le insufficienze e i buchi precedentemente manifestati.

Un polverone?
C’è stata, diciamo, una certa enfasi e teatralità. E la mia impressione si è confermata quando mi sono recato nel famoso quartiere di Molenbeek. 

In Italia è stato descritto come un luogo pericolosissimo. L’avete percepito così?
E’ un quartiere centrale della città e quindi non una periferia e nemmeno una banlieue o un quartiere emarginato. Di fatto ci vivono 100mila persone e nel corso dei decenni i belgi di origine magrebina e e musulmana hanno preso il posto residenti belgi. E`un luogo diverso dal resto della città ma direi che non vi ho percepito nulla di pericoloso. E anzi, devo dire che subito dopo l’inizio delle retate nella piazza principale del quartiere si sono raccolti moltissimi belgi, sia francofoni che musulmani, a manifestare contro il terrorismo. Nel quartiere ci sono anche chiese cattoliche e presidi di polizia. 

In definitiva: qual è la situazione a Bruxelles?
I belgi sono innervositi dal fatto che comunque il blitz non è servito a nulla. Le irruzioni riprese dalle televisioni di tutto il mondo hanno portato a 20 fermi, ma sono stati tutti rilasciati. Il dramma sta nel fatto che anche i belgi, come tutta l’opinione pubblica europea, si sono resi conto che i buchi nell’intelligence e nelle indagini della magistratura sono stati spaventosi. I terroristi belgi, entrati in azione a Parigi, erano tutte persone conosciute nel loro paese e si sapeva chi erano. Erano segnalati ed alcuni di loro erano stati anche già processati. Ma le autorità di pubblica sicurezza non sono stati in grado di impedire a loro di seminare morte a Parigi.