Società | Natale

Un bambino scomodo

Se dovessi pensare ad un presepe oggi in Alto Adige, lo vedrei mobile, itinerante. Alla ricerca delle tante realtà di ‘margine’, di ‘non casa’ e’ non accoglienza’.

La famiglia di Gesù potremmo senz’altro trovarla vicino ai bidoni delle immondizie. A Bolzano si è discusso tanto sul sistema di raccolta, ma la questione importante è quella dello spreco. Dobbiamo ricordarci che il luogo dello spreco è anche il luogo dove vanno i cacciatori di briciole, cioè del nostro nostro surplus. 
La sacra famiglia la troveremmo quindi anche nelle lunghe file delle persone, italiane e straniere, che aspettano un pacco viveri. Tante volte molto magro. 

I genitori di Gesù si fermerebbero anche in mezzo a tanti giovani, che sono una ricchezza per questo territorio ma che tante volte nonostante gli investimenti in strutture magari non incontrano una società veramente adulta. Una società in grado di crescere ed affrontare in maniera proficua l’oggi e anche il domani. La paura di affrontare il domani non è dovuta soltanto alla crisi economica, ma anche a cause strutturali. Gli adulti fanno fatica a fare gli adulti. E quindi per i giovani risulta difficile incontrare persone riuscite e capaci di dialogare con una realtà che richiede anche differenti letture. E non si tratta solo di incapacità di comunicare a causa di motivi anagrafici. Ci sono infatti molte persone anziane che parlano con i giovani e i giovani li ascoltano perché riescono a coglierne la saggezza. 

La sacra famiglia la vedrei poi nei campi nomadi. Anche questa una realtà importante in Alto Adige: nonostante da molte parti si siano cercate delle soluzioni, spesso queste soluzioni sono state osteggiate. 

Gesù, Giuseppe e Maria li vedrei anche nelle nostre carceri. Dove ancora una volta non esiste un barlume di speranza di reintegrazione in strutture che consentono solo di scontare la pena. Aggiungendo di fatto una pena ulteriore. 

Il presepe lo vedrei anche al margine e cioè in frontiera. I nostri confini non sono altro che un tentativo di creare un cordone sanitario, ma non tanto per il ‘bene’ quanto per i nostri ‘beni’. Su questo bisognerebbe riflettere profondamente, perché si tratta di uno dei mali fondamentali. Quando quelli che noi chiamiamo beni non fanno più ‘bene’, allora dobbiamo interrogarci. Nella nostra fortezza Europa con tutti questi confini spesso c’è l’idea di voler preservare un determinato stile di vita, senza domandarci se è equo e sostenibile, e senza la consapevolezza che poi sono altri che lo pagano. 

La sacra famiglia senz’altro vorrebbe fare concorrenza al babbo natale che con le sue renne arriva dappertutto. Gesù, Giuseppe e Maria cercherebbero di arrivare in ogni casa, indipendentemente dallo stato sociale e ricchezza. Perché, tornando all’inizio, ogni bambino è scomodo. Ogni nascita è scomoda, nonostante il nostro tentativo di renderla dolce e quasi zuccherosa. Tutti quelli che hanno in casa un figlio o comunque un qualcosa di vivo (potrebbe essere anche una persona anziana o malata) sanno che si tratta di un qualcuno completamente affidato alle loro mani. La scelta di dio di venire come un bambino è fatta proprio per rompere le scatole. I bambini piangono anche in chiesa ed è naturale: fanno quello che sanno fare e cioè chiedono. Nel momento in cui chiedono ci dicono: “io ho bisogno di te e voglio mettere magari anche in dubbio il mondo in cui ti sei chiuso”.

È un bussare alla nostra porta e la figura del bambino rappresenta una scelta. Si può lasciarlo morire, come fa spesso la società optando per il ‘non vedere’, continuando con uno che costa molto, anche se solo per ‘gli altri’. Oppure lo si può accogliere, ma allora deve cambiare qualcosa. Per questo la sacra famiglia cerca di arrivare in ogni casa. 

Infine voglio ricordare che si tratta sempre e comunque di un bambino, cioè di un segno di futuro e di speranza. Un messaggio di speranza in mezzo a tanti annunci distruttivi.