Politica | Diritti minoranze

Fino a quando dichiarare il falso?

Qualcuno, nel 1981, vinse la causa. Altri, non si dichiararono. Ma gli "Altri", adesso, cosa faranno?
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

"Altra eccezione sono stati da subito i cittadini italiani di origine non italiana in Alto Adige (slovena o altro), che nel 1981 furono chiamati a dichiarare il falso, di appartenere ad un’etnia non loro. Alcuni di loro ricorsero al giudice ed ebbero ragione. Così nel censimento del 1991 fu prevista una modifica, con la presenza dell'opzione “Altri” per chi dichiarava di non appartenere ad alcuno dei tre gruppi linguistici , e poteva scegliere di aggregarsi ai soli fini burocratici a questo o quel gruppo."

(Fondazione Alexander Langer, sito web)

"In Italia le minoranze autoctone dell'arco alpino godono di una forte protezione giuridica. Tra queste però quella slovena è la meno tutelata. 

Le ragioni di una "tutela diffidente"

L'Italia è il Paese delle velocità variabili, e lo è anche in riferimento al trattamento giuridico delle minoranze. Delle dodici minoranze linguistiche autoctone riconosciute dall'ordinamento, quelle insediate nell'arco alpino godono di una protezione giuridica assai maggiore delle altre. Tra queste minoranze "superprotette", quella slovena è di gran lunga la più "debole". Non è tanto un fatto di numeri: gli sloveni italiani sono quasi 100.000, molti più dei ladini e poco meno dei valdostani. La lentezza con cui si sono garantiti i diritti della minoranza slovena, e il tortuoso e ancora incompleto percorso per la loro attuazione, hanno profonde origini storiche. Non pare un caso che la garanzia dei diritti degli sloveni sia andato di pari passo con le relazioni tra l'Italia e il loro Paese di riferimento (la Jugoslavia prima, la Slovenia poi), passando da una fase di conflitto e di guerra fredda ad una progressiva distensione, fino ai rapporti amichevoli dati dalla comune appartenenza alla casa europea.

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Con l'approvazione della legge quadro per la "tutela delle minoranze linguistiche storiche" (l. 482/1999), alla minoranza slovena vengono attribuite una serie di prerogative che ricalcano l'elenco e la struttura dei diritti della Convenzione Quadro del Consiglio d'Europa, in particolare riferibili agli ambiti dell'istruzione e dell'insegnamento delle lingue minoritarie, all'uso pubblico della lingua, alla toponomastica e ai media, aumentando sensibilmente il coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nella tutela e promozione delle minoranze linguistiche presenti nei loro territori. Di lì a poco viene poi approvata una legge specifica per la minoranza slovena (l. 38/2001), che contiene provvedimenti "globali" ad essa puntualmente rivolti, e per la prima volta se ne sancisce la presenza anche nella provincia di Udine. In particolare la legge garantisce il diritto al nome o al suo ripristino in lingua slovena, sviluppa il diritto all'uso della lingua nei rapporti con l'amministrazione, nella toponomastica e nella scuola, istituisce un Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena e promuove la collaborazione tra le popolazioni di confine e la minoranza e le sue istituzioni culturali, in un clima di mutuo confronto, per promuovere ed implementare politiche unitarie sui territori contigui.

Nel breve volgere di un paio d'anni, insomma, il quadro normativo si è sviluppato più di quanto sia avvenuto in mezzo secolo. Non solo. Più recentemente, una legge regionale (26/2007) ha ulteriormente integrato la normativa nazionale, definendo le linee fondamentali delle politiche d'intervento della Regione a favore delle diversità culturali e idiomatiche presenti nel proprio territorio. Si prevedono forme di collaborazione tra le identità linguistiche regionali, viene istituito l'Albo regionale delle organizzazioni della minoranza linguistica slovena, s'indicano i requisiti per le organizzazioni di riferimento della minoranza e viene creata un'apposita Commissione regionale consultiva, nonché una segreteria del Comitato istituzionale paritetico. Si dispongono poi specifiche azioni di settore, volte a facilitare la tutela, promozione e conoscenza della cultura della quale la minoranza è espressione, attraverso l'indicazione di appositi stanziamenti finanziari.

Nonostante un significativo sviluppo del quadro normativo, la sua attuazione, tuttavia, procede con lentezza, ... Solo nel dicembre del 2007 è entrato in vigore lo sportello unico statale per gli sloveni, previsto dalla legge 38/2001, per far convergere in un unico punto i servizi in lingua slovena da parte degli uffici statali, ed è iniziata la stampa dei documenti di identità bilingui. Inoltre, il frazionamento territoriale (ma anche politico e culturale) della minoranza all'interno della Regione pone degli ostacoli alla diffusione dello sloveno come lingua comune per l'insieme delle comunità, in particolare dei gruppi della provincia di Udine (Slavia Friulana), che spingono per un'esaltazione delle peculiarità culturali e storiche locali.

La tutela della minoranza slovena sembra insomma continuare ad essere il prodotto risultante dalla combinazione di aspetti diversi e non direttamente collegati, e il suo sviluppo, per quanto molto marcato negli ultimi anni, è sempre a traino di qualcosa d'altro. Talvolta anche della sua stessa ombra."

(da Osservatorio Balcani Caucaso)

* Francesco Palermo è professore di diritto costituzionale comparato nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Verona e Direttore dell'Istituto per lo studio del federalismo e del regionalismo, Accademia europea di Bolzano.
Giulia Predonzani è laureanda in studi giuridici europei, internazionali e comparati, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Trieste