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Società | Gaza Calling 6

La donna silenziosa

Portare messaggi in strada, opponendosi al silenzio complice o alla lettura distorta dei fatti, diventa reato per la questura e atto vandalico per la stampa.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Gaza
Foto: Privat
  • Una figura particolare è apparsa nei giorni scorsi in alcune piazze di Bolzano, tra passanti oziosi o frettolosi  e turisti in cerca di svago:  una donna inginocchiata per ore in piazza Walther, piazza Erbe, piazza Municipio, piazza Vittoria.
    Stava ferma e in silenzio; lunghi capelli grigi, vestiti semplici, gli occhi bendati con un foulard rosso scuro, la mano destra tesa in avanti, verso i passanti, a porgere un volantino. Altre volte aveva le mani legate dietro la schiena, e i volantini stavano in un espositore di legno, accanto ad un piccolo vaso di fiori rossi. Davanti a lei era stesa una bandiera della Palestina e accanto un cartello che parlava di accettazione, genocidio, silenzio e complicità. Altre volte il foglio era bianco e a disposizione dei passanti stavano dei pennarelli, un invito silenzioso a lasciare un pensiero.

    Era interessante osservare le reazioni di chi passava. C’era ovviamente chi le camminava accanto, anche proprio a due passi, e riusciva a far finta di non accorgersi di nulla. Molti altri invece, tra cui tanti giovani, si fermavano ad osservare, qualcuno si avvicinava per prendere un volantino sussurrando  grazie. Alcuni bambini chiedevano spiegazioni ai genitori; un'intera classe di studenti sudtirolesi delle medie, dopo la foto di gruppo sotto la statua di Walther, si è messa in circolo davanti alla donna, il più intraprendente ha preso un pennarello ed ha scritto una frase, spiegando sinteticamente qualcosa ai compagni. Prima di allontanarsi alcuni di loro hanno applaudito. 
    In piazza Erbe una ragazza ha comprato due banane e della frutta secca ad una bancarella e l'ha lasciata accanto alla donna, un’altra ha lasciato un piccolo mazzo di fiori, un signore ha posato sulla bandiera una bella mela rossa presa dalla borsa della spesa. Visi incuriositi, perplessi, pensosi, a volte sdegnati, altre volte commossi.

     

    In effetti erano proprio tanti i messaggi che si potevano leggere in questa figura silenziosa

     

    In effetti erano proprio tanti i messaggi che si potevano leggere in questa figura silenziosa. Il più immediato: le donne palestinesi in ginocchio dopo 8 mesi di massacri da parte dell’esercito israeliano, le madri dei 16 mila bambini palestinesi uccisi, inginocchiate davanti ai cadaveri dei loro figli. O quelle degli 85 mila bambini feriti e mutilati, spesso impossibilitati a ricevere assistenza medica perché anche gli ospedali vengono bombardati, assediati, evacuati. E quelli che ancora funzionano,  spesso non hanno più i  farmaci essenziali né la strumentazione medica, né il  carburante per i generatori, perché tutto questo sta nelle migliaia di camion bloccati ai valichi ormai da settimane dall’esercito israeliano e da gruppi di coloni estremisti. Tutte cose che sappiamo e che accadono ormai da otto mesi. 

    Ma nella donna bendata e con le mani legate dietro la schiena stanno anche le 5 mila persone arrestate in questi mesi a Gaza e in Cisgiordania, e detenute in condizioni disumane, denudate, torturate, umiliate e di cui spesso dopo l’arresto non si hanno più notizie.
    A chi ha il coraggio di avvicinarsi per prendere un volantino, le donne palestinesi e i prigionieri politici raccontano del regime coloniale e di apartheid imposto da Israele nei territori palestinesi occupati fin dal ‘67. Raccontano di decenni di espropriazione di terre, distruzione di abitazioni e uliveti,  muri, recinzioni, check point, divieti, perquisizioni, provocazioni, arresti e detenzioni senza formulazione di accuse, di pestaggi e  uccisioni. Dal 2008 a giugno 2023 1464 bambini palestinesi sono stati uccisi dalle forze di occupazione israeliane secondo dati Onu.

  • Foto: Privat
  • Dal 2008 a giugno 2023 1464 bambini palestinesi sono stati uccisi dalle forze di occupazione israeliane secondo dati Onu.

     

    Gridano al mondo demoratico che Israele non si difende ma aggredisce. 
    Che chi si difende è l’occupato, lo spossessato, il rifugiato. 
    A noi che siamo i privilegiati di questa terra, e per questo possiamo permetterci di essere non violenti, dicono che i popoli colonizzati e oppressi hanno il diritto di lottare per la loro liberazione e che quasi mai i processi di decolonizzazione sono avvenuti in maniera pacifica. 
    Ma le mani legate sono anche l’impotenza di chi guarda con orrore e paura a ciò che sta accadendo da mesi a Gaza e in Cisgiordania (e tra poco anche in Libano) e non riesce a restare  a casa in silenzio, e prova vergogna di far parte della comunità internazionale, dell’occidente democratico che guarda indifferente, che non ascolta gli appelli né rispetta le risoluzioni delle stesse istituzioni che ha creato proprio per far si che le atrocità del nostro recente passato non potessero più ripetersi. 

     

    La rabbia e l’impotenza di chi vive in un paese come l’Italia, che ha continuato in questi mesi a vendere armi ad Israele.

     

    La rabbia e l’impotenza di chi vive in un paese come l’Italia, che ha continuato in questi mesi a vendere armi ad Israele. Secondo dati ISTAT nell’ultimo trimestre del 2023, nel pieno dei bombardamenti sulla popolazione civile di Gaza, l’Italia ha venduto a Israele armi e munizioni per un totale di 2,1 milioni di euro, 1,3 milioni solo nel mese di dicembre.  E sta continuando a farlo.
    Le mani legate sono anche quelle di chi in questi mesi, in tante parti del mondo e anche in Italia si è attivato e mobilitato per denunciare ciò che sta succedendo (e che avevamo promesso di non ripetere!), e che per questo è stato arrestato o denunciato. 
    Anche a Bolzano, come ci informano con soddisfazione i nostri organi di stampa, sono arrivate ben 38 denunce, varie multe e addirittura un foglio di via a persone che in questi mesi hanno dato vita ad un'assemblea cittadina e stanno cercando di mantenere viva l’attenzione sul genocidio in Palestina. 

  • Foto: Andy Odierno/SALTO
  • Portare questi messaggi in strada, con i mezzi che si hanno a disposizione, opponendosi  al silenzio complice o alla lettura distorta dei fatti della maggior parte degli organi di informazione, diventa molto facilmente reato per la questura e atto vandalico per la stampa. 

     

    Che Israele stia commettendo crimini e massacri indicibili nei confronti della popolazione civile palestinesecin violazione a tutte le regole del diritto internazionale lo ha dichiarato il Tribunale internazionale dell’Aja, con diverse ordinanze mai recepite;  lo ha ribadito la Corte penale internazionale, che ha chiesto di emettere mandati di arresto nei confronti di Netanyahu e di due suoi ministri, oltre che di tre dirigenti di Hamas; e più recentemente è emerso anche dalle conclusioni di una commissione indipendente dell’Onu. 
    Ma portare questi messaggi in strada, con i mezzi che si hanno a disposizione, opponendosi al silenzio complice o alla lettura distorta dei fatti della maggior parte degli organi di informazione, diventa molto facilmente reato per la questura e atto vandalico per la stampa.