L'Uomo e i suoi rifiuti

Produciamo tantissimi rifiuti, ma non ci vogliamo pensare. Una riflessione per invitarvi a sognare il giorno nel quale finalmente potremmo innalzare il riciclaggio al 100% e liberarci così dall'angoscia di smaltire quello che non ci serve più.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Yogastudio 108

Da un po' di tempo, ogni sabato mattina, raccolgo firme per la legge di iniziativa popolare „Rifiuti Zero“. Attorno al banchetto manifesti e una bandiera sui quali la parola rifiuti è scritta a caratteri cubitali. A Bolzano il momento è favorevole per raccogliere firme a man bassa, da pochi giorni è partito il nuovo sistema di raccolta voluto dal Comune e “organizzato” dalla SEAB.

La gente passa, guarda, qualcuno va oltre poi torna indietro, rilegge i titoli dei manifesti e molti decidono di sfogare con me le difficoltà del momento. Le discussioni che sono nate mi hanno incoraggiato ad esporre alcune riflessioni.

In tanti anni di lotta contro la costruzione dell'inceneritore, incontrando principalmente persone che in qualche modo concordavano con me che i rifiuti vanno riciclati al 100% senza spreco, non mi ero mai posto domande circa il rapporto della gente con i rifiuti, specialmente con propri rifiuti. Secondo la normativa “è rifiuto tutto ciò di cui una persona intende disfarsi”. Fino a quel momento non si parla di rifiuto. Scopro ora invece che non è così, un oggetto diventa rifiuto ben prima di decidere di disfarsene. In questo modo la la lattina dei pelati è rifiuto nel momento in cui viene acquistata, è come se la stessa fosse un rifiuto che contiene cose buone. I pelati vengono versati ed immediatamente la lattina diventa rifiuto, una cosa schifosa, sporca, immonda di cui bisogna sbarazzarsi immediatamente. “Lavarla? Ma sei matto mica posso diventare schiavo dell'immondizia” mi viene più volte detto. Va buttata subito prendendola con due dita e l'aria schifata. E si che pochi secondi prima conteneva buoni, puliti pelati indispensabili per il sugo che una volta mangiato entrerà a far parte di me. La lattina invece non fa parte di me, mi è estranea, non ha bisogno né di cure né di altri pensieri. Pensare ai propri rifiuti è per molti una perdita di tempo, pulirli per poterli riciclare è impensabile, ci penseranno -loro- “non posso sprecare il mio tempo per la spazzatura”. Altri, gli ultimi della scala sociale, i più sfigati tra noi penseranno a sceglierli e lavarli. Nessun pensiero che quella roba dopo un po' faccia davvero schifo, puzzi e debba essere maneggiata da persone uguali identiche a noi. C'è poi chi pensa che tanto fanno tutto a macchina, tutto automatico, il che è pure vero ma non per tutto, questo è vero per i metalli, il vetro ma non la plastica. La plastica viene sorteggiata a mano, certamente da mani guantate ma che sono attaccate a corpi con tanto di naso.

In definitiva il rifiuto è qualcosa da cui stare alla larga, di cui parlare il meno possibile, un argomento poco dignitoso e puzzolente solo a discorrerne, vietatissimo parlarne mentre si mangia. Un non argomento. Poco importa se fino a poco prima il rifiuto era un oggetto pulito, utile a volte indispensabile e spesso di valore. Non passa per la testa che parte di quel valore il rifiuto ce l'abbia ancora, forse per noi vale zero ma per altri che sanno come ripararlo, che sanno a chi darlo, che sanno come ricavarne le materie di cui è composto, che insomma sanno cosa farsene, mantiene ancora un altissimo valore anche economico.

Ho notato anche un'altra cosa il sabato mattina; alcune persone sono sinceramente disperate di fronte al nuovo sistema di raccolta. Chiedono a me cosa fare delle cose più disparate, dove buttare le cose più logiche come la carta che avvolge il burro o i tappi delle bottiglie o i vasetti dello yogurt. Sulle prime mi veniva da sorridere, poi ho cominciato a chiedere. Così ho scoperto che chi ha i maggiori problemi è tutta gente che non ha mai riciclato nulla, per tutta la vita (molti sono anziani) hanno buttato tutto nello stesso bidone senza mai chiedersi di che materiale fosse quella bottiglia, quel tappo, quel giocattolo e tanto meno che fine facesse. Ora sono obbligati, si sentono sotto pressione, vivono la minaccia di pesanti multe e si disperano. Per un po' mi hanno dato molto fastidio poi ho provato pena per loro, non si sono mai posti il problema, i giornali ne hanno parlato a lungo ma loro leggevano altro, il rifiuto non è un argomento simpatico e piacevole, così non sono andati alle serate informative organizzate dalla SEAB (pochissime del resto). In ogni caso sono nelle peste e la loro disperazione è segno di interesse a fare e fare al meglio. Forse sarebbe il momento per SEAB di ripetere le serate informative, ora che per molti l'acqua si avvicina alla gola la presenza sarebbe maggiore e più attenta e i risultati migliori.

Il riciclaggio è al 60% ma c'è ancora un 40% da recuperare, basta ancora uno sforzo da parte degli amministratori e uno da parte dei cittadini e Bolzano potrà onorarsi del fregio di Comune Riciclone.

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Frank Blumtritt Dom, 08/25/2013 - 23:00

L'interessante rapporto tra l'uomo e i suoi rifiuti, così ben descritto nell'articolo, è un risultato del consumismo come lo conosciamo dal boom economico del dopoguerra in poi. L'ignoranza in materia non sembra dipendere dal livello d'istruzione. Conosco persone studiate che non si pongono minimamente il problema. Una campagna di sensibilizzazione va quindi fatta a 360 gradi e non lasciata al caso con sporadiche serate informative. Gli ultimi si convinceranno solo quando ci sarà da mettere la mano sul portafoglio. E poi servirebbe un po di fantasia in più da parte di chi produce i beni. Un esempio: a Merano esiste - ben nascosto - un unico distributore di latte 24 ore dove - portandosi dietro un contenitore - si può spillare latte fresco, direttamente dal produttore, meno costoso e... senza Tetrapack&Co.

Dom, 08/25/2013 - 23:00 Collegamento permanente
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Argante Brancalion Lun, 08/26/2013 - 01:00

In risposta a di Frank Blumtritt

Vado spesso a trovare amici a Cgozzo in Valtrompia (BS), la sera dopo cena esco con Massimo a fare due passi con una bottiglia di plastica in piazza, la mettiamo in un macchinario, ci infiliamo una moneta e senza disturbare i vicini la mungiamo riempiendo la bottiglia di latte fresco. Il primo passo nell'approcio ai rifiuti è la loro riduzione, a partire da quelli inutili di cui il consumismo compulsivo degli ultimi anni ci ha sommerso. speriamo nella crisi.

Lun, 08/26/2013 - 01:00 Collegamento permanente
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Gianluca Trotta Mar, 08/27/2013 - 14:30

Interessante quanto scrivi: quelli che più sono in difficoltà, sono quelli che fino a ora non hanno mai riciclato nulla. E giù con le lamentele, per la necessità, ora, di farlo. Ci sta anche. Ma la cosa peggiore è che ci siano politici, o forze politiche, che, guarda caso, cavalcano questo malcontento; il malcontento di chi, per fortuna, ora è costretto a modificare il proprio stile di vita (facendo qualcosa di buono per l'ambiente, quindi per tutti). E questo è grave. È grave che la politica, invece di assumersi il ruolo di "educazione" del popolo, di miglioramento, cavalca un malcontento che, spesso, ha radici in una sorta di pigrizia mentale. La politica, i politici, dovrebbero assumersi il ruolo di migliorare l'esistente, non di capitalizzare, a fini elettorali, un sentimento "di pancia" dell'elettorato.

Mar, 08/27/2013 - 14:30 Collegamento permanente