Politica | Gastkommentar

Bilinguismo diffuso, obiettivo mancato

La scuola plurilingue all'interno della scuola italiana esiste già. Ma qualcuno ha mai chiesto ai genitori italiani perché iscrivono i propri figli alla scuola tedesca?
Mittelschule St. Martin in Thurn
Foto: Seehauserfoto
  • L'epocale invenzione della ruota, con la quale si vuole travestire l'autonomia della scuola italiana e il suo diritto ad organizzarsi come crede per l'apprendimento linguistico, fa quasi sorridere. 
    La scuola italiana lo ha sempre fatto, ne sono testimonianza concreta i progetti di scuola plurilingue portati avanti alla Scuola Primaria Manzoni, alle Medie Foscolo e al Liceo Pascoli, che hanno visto impegnata l'allora direttrice Mirca Passarella, supportata da ricercatrici e docenti universitarie di glotto-didattica del calibro della professoressa Stefania Cavagnoli, grazie alle quali l'esperienza è stata ampiamente documentata anche con un libro dal titolo eloquente: "E' molto di più".

    Ma, c'è un ma
    L'esperienza per quanto validata anche scientificamente, non ha modificato né invertito il trend. 
    Non vi sono altre scuole che l'abbiano portata avanti per tre gradi di istruzione, replicando l'esperienza così intensa e i genitori italiani nonostante la scuola plurilingue all'interno della scuola italiana, iscrivono i figli alla scuola tedesca.
    E lo stesso fanno i genitori con background migratorio, non per caso - è bene ricordarlo - ma per preciso volere dell'allora Presidente Luis Durnwalder, che accortosi negli anni 2000 dell'incremento degli alunni stranieri nella scuola italiana e, temendo che andassero a gonfiare le percentuali della popolazione di lingua italiana, pensò bene di trasferire la competenza dei centri linguistici, utili al potenziamento linguistico dei più piccoli appena arrivati in Alto Adige/Südtirol, dalla scuola italiana a quella tedesca. 

    Un altro contributo d'eccellenza lo ha dato l'assessore Giuliano Vettorato che in una delle sue prime uscite pubbliche, sul delicato tema dell'apprendimento linguistico, aveva bollato i progetti Clil (content and language integrated learning - insegnamento integrato di lingue e contenuti) come poco utili
    La spinta nel burrone è arrivata con l'appalto per le ore di avvicinamento al tedesco dei bambini iscritti alla scuola dell'infanzia italiana, vinto di recente da una cooperativa di Trento, che ha tolto l'incarico ad una delle agenzie educative, fiore all'occhiello del nostro territorio per i valori della convivenza, del plurilinguismo e dell'insegnamento delle lingue, che da anni svolgeva un compito così delicato: avvicinare in modo ludico, ma non meno importante, i bimbi italiani all'apprendimento del tedesco. 

     

    In questi mesi sono mancate almeno due voci: quelle dei genitori italiani e dei genitori nuovi cittadini. 

     

    Aldo Mazza, nel suo libro "Stare insieme è un'arte" insieme a Lucio Giudiceandrea tocca profondamente un tema, che è quello delle relazioni, nell'apprendimento linguistico. Dei circuiti in cui entri o non entri in base alla scuola che frequenti. 
    In questi mesi di gran parlare, un po' elettoralistico e un po' di problemi veri - perchè se sei insegnante formata per insegnare nella tua madrelingua a bambini della tua madrelingua, qualche problema lo hai se la tua classe di bambini madrelingua ne ha meno della metà - dicevo, in questi mesi sono mancate almeno due voci: quelle dei genitori italiani e dei genitori nuovi cittadini. 
    Qualcuno ha chiesto loro perché iscrivono o hanno iscritto i propri figli alla scuola tedesca?
    Solo affinché imparassero meglio la lingua o anche perché se frequentano le Goethe, poi vanno a giocare a calcio nel Bozner e non alla Virtus e rafforzano lingua, relazioni ed emozioni fuori da scuola e poi magari concludono il percorso ai Franziskaner, dove si è formata e si formerà la classe dirigente dell'Alto Adige del futuro?
    Di soluzioni vecchie a problemi nuovi, le persone ne hanno abbastanza. Il bilinguismo diffuso non è stato raggiunto, il modello ladino di successo, non lo si vuole estendere e le famiglie si organizzano come meglio possono e sono solitamente più avanti della politica, che nella ripartizione dei finanziamenti in base alle fasce di bisogno è sempre restia.