Se c'è Civati ci voti e non ci èviti
Queste riflessioni nascono, evidentemente, dalla lettura di un testo nel quale Umberto Gangi, con la solita verve, analizzava il fenomeno-Civati (qui); e dagli acuti, al solito, commenti di Valentino Liberto; e dai vari contenuti che Civati stesso, in questi giorni, sta pubblicando sul proprio blog. Ovviamente il punto di partenza è sempre lo stesso: la sonora figuraccia fatta nella questione della sfiducia a Anna Maria Cancellieri.
Mentre scrivo, ho in sottofondo il filmato di un bel discorso di Civati (qui). Che, c'è da dire: dice, e scrive, sempre cose molto intelligenti e condivisibili. Per quella "figuraccia" Civati chiede scusa. E poi ripete il suo concetto chiave: a lui non sta bene la situazione in cui si trova il suo partito; ma in quel partito ci sta perché lui lo vuole cambiare.
Parole nobilissime (da idealista; o, forse, da Don Chisciotte). Che però poi, appunto, nel momento del dunque si dimostrano quello che sono: delle belle parole. Civati continua a riconoscere l'errore e la brutta figura: ma ciò, oltre a fargli onore perché almeno si assume le responsabilità, non sposta di nulla il giudizio che se ne può dare. E per darlo voglio partire da un esempio personale.
Io ho un amico che, per me del tutto incomprensibilmente, vota PD. E lo fa con convinzione, ogni volta. E ogni volta che ne discutiamo, e gli faccio la domanda meravigliata ("Ma come si fa a votare PD?"), mi risponde bene o male con le parole di Civati: che lui vuole cambiare da dentro il partito, che a lui il PD così non piace, ecc.
Ma, appunto, continua a votarlo. E, ad esempio, alle elezioni politiche ha votato gente come Tonini, come Panizza. E arriva a difendere a spada tratta pure la politica di Dellai, pur di difendere la politica del PD trentino; ripetendo il solito mantra del pericolo della vittoria dei nemici (che prima erano le destre, talvolta è la Lega, ora è diventato decisamente il M5S).
Ecco, questa mi sembra la funzione evidente di Civati: quella di scaricare la coscienza delle anime belle. Il PD, è evidente, è alleato di governo di gente impresentabile (a partire da un condannato in via definitiva), e con questo governo sta, pur di farlo sopravvivere, accettando cose che per qualcuno "di sinistra" sarebbero inaccettabili. Se nel PD non ci fosse uno come Civati, sarebbe evidente che ormai il PD è davvero, come dice Grillo, un "PD meno L". Che è un partito invotabile da chi si dice "di sinistra".
Infatti trionfa l'astensionismo, molti di coloro che si sentono "di sinistra" a votare non ci vanno più (e, tanto per dirne un'altra, i diversi "partiti comunisti" raccattano ormai anche loro una percentuale che rasenta lo zero). Ma finché nel partito c'è uno come Civati, che continua a "dire cose di sinistra" (tranne, poi, non metterle in pratica), il manipolo di anime belle che comunque votano il PD lo faranno sempre, chiunque gli toccherà votare, qualunque linea politica stia portando avanti e qualunque alleato abbia.
È in fondo una funzione molto utile per il PD. E così Civati, col suo dieci per cento (m'immagino sarà questa la percentuale che collezionerà alle primarie) avrà vita lunga, continuerà a essere la buona coscienza del PD, illuderà chi si dice "di sinistra" di fare cosa buona e giusta a votare il PD.