Cultura | ARCHITETTURA

Architettura collettiva

Una radura nella foresta tropicale. Svetta il fusto di un albero. Sulla cima una piccola abitazione. La casa su uno stelo. Che sia una delle città invisibili di Calvino?

 

 

Architettura collettiva sugli alberi? Per la popolazione dei Korowai, una tribù delle foreste della Papua Nuova Guinea, vivere elevati dal suolo offre sicurezza da nemici e animali feroci. Tuttavia costruire una casa a 30 metri da terra richiede uno sforzo che un singolo nucleo familiare non è in grado di affrontare. Ogni volta che una nuova abitazione deve essere eretta, ogni venti anni circa, l'intera tribù contribuisce alla sua costruzione. Do ut des.

 

Politecnico di Milano, 1949. Nasce il Collettivo di Architettura, una congregazione studentesca, di cui faceva parte Gae Aulenti, che si pone l'obiettivo di andare incontro ai bisogni delle persone comuni. Tra i temi maggiormente dibattuti vi era il problema sociale della casa, la risposta fu l'architetto condotto, il quale - come il medico della mutua - fornisce un servizio fondamentale alla società.

 

Per i conoscitori di architettura un concetto familiare sono i movimenti, gruppi di architetti che condividendo idee, visioni, progetti, decidono di fondare una nuova teoria del costruire. Ricordiamo l'esperienza dei maestri del Novecento, Le Corbusier, Karl Moser, Alvar Aalto, tutti membri dei Ciam (Congresso Internazionale di Architettura Moderna). Nel secondo dopoguerra nacque il Team 10 con l'intento di superere la crisi del Movimento Moderno. Queste esperienze collettive hanno sovente dato vita a nuove estetiche, nuove forme, citiamo i cluster - le formazioni urbane a grappolo - di Alison e Peter Smithson.

A partire dagli anni sessanta del Novecento in vari paesi si formano collettivi di architettura radicale, le esperienze più significative sono rappresentate dal lavoro di Archigram (Inghilterra), Archizoom (Italia), Movimento Metabolista (Giappone) e Superstudio (Italia). La volontà comune dei radicali era di rifondare l'architettura partendo da idee utopiche, immaginando architetture fantascientifiche o astratte.

 

 

Volgiamo lo sguardo al passato riflettendo sulla Bauhütte gotica. La costruzione della grandi cattedrali nell'alto medioevo richiedeva sì la specializzazione delle maestranze, ma supponeva altrettanto il coordinamento del lavoro e la formazione delle successive generazioni di costruttori. La Bauhütte, la congregazione di muratori, carpentieri e scalpellini, aveva, vista la mancanza di scuole e accademie, lo scopo di riunire competenze e saperi nonché di tramandarli nel tempo - il Duomo di Bolzano, iniziato attorno al 1300, fu completato nel 1517.

 

Un ulteriore modo di intendere il collettivo in architettura é rappresentato dalla pratica urbanistica denominata progettazione partecipata. Fondamentalmente i futuri utenti di un determinato edificio o spazio urbano vengono coinvolti nella fase di progettazione per apportare le loro idee, elencare le proprie esigenze le quali rappresenteranno la base, il cosiddetto programma, del progetto. L'urbanistica, la scienza che studia e pianifica le città, ha più confidenza con questi approcci, forse a causa del carattere collettivo insito nella città stessa.

Citiamo Aldo Rossi che con il suo L'Architettura della città sembra individuare un carattere autonomo del fatto urbano che supera la volontà dei singoli progettisti e l'immagine dei singoli edifici. Quasi contemporaneamente a Rossi, Robert Venturi, l'altro importante teorico dell'architettura postmoderna, scriveva Learning from Las Vegas. In questo testo esortava gli architetti a imparare dalle costruzioni spontanee di forte impatto visivo presenti nella città dei divertimenti americana. Anche in questo caso riscontriamo l'interpretazione della città come fatto collettivo e non come frutto dell'agire di singoli individui.

 

 

L'edilizia in se è un gesto collettivo. Gli attori principali coinvolti nella costruzione di un edificio sono il committente - colui che vuole costruire qualcosa, il progettista - che definisce l'idea, si fa carico delle esigenze del committente, pianifica l'esecuzione,  le maestranze, muratori e artigiani – coloro che materialmente costruiscono. Due architetti particolarmente sensibili a questo tema furono Gaudì (Spagna, inizio '900) e Hundertwasser (Austria, seconda metà del '900). In fase di cantiere lasciavano libertà artistica ai propri artigiani per definiere i dettagli estetici delle loro costruzioni.

Un gruppo di persone sedute attorno a un focolare in una radura nel bosco. Il cerchio che formano stando sedute delimita uno spazio. Un agire collettivo, lo stare seduti attorno al fuoco definisce una forma, un cerchio. Alcune teorie ipotizzano che l'architettura possa essere nata così, costruendo sui tracciati che delimitavano gli spazi in cui le persone svolgevano le loro attività quotidiane.

 

 

 

 

 

 

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Kira Yagami Gio, 02/26/2015 - 16:41

Chiaro Excursus! Con semplicità e dinamicità ritengo siano stati toccati i punti salienti del tema.
Molto suggestivo, specie nell'ultima parte. Gli elementi della natura hanno sempre delimitato gli spazi in cui l'uomo ha sviluppato i suoi insediamenti. Le fonti d'Acqua e il Fuoco. Due elementi che, seppur in antitesi, giocano da sempre un ruolo fondamentale, insieme alla Terra nello sviluppo delle società.

Gio, 02/26/2015 - 16:41 Collegamento permanente