Politica | Cittadinanza

"Crucchi all'Austria", ma tra 100 anni

Più dannoso del buco dell'ozono, dal buco dell'estate è fuoriuscito il tema della "doppia cittadinanza". L'epilogo annunciato: riparliamone tra qualche decennio.

Il mio ruolo qui su salto.bz è quello di fare l'antipatico, si sa, quindi ne approfitto. Commento la notizia del giorno, la dichiarazione del Landeshauptmann, secondo il quale la questione della "doppia cittadinanza" non sarebbe una priorità. Arno Kompatscher è una persona elegante, quindi si esprime volentieri usando eufemismi. Dire che la "doppia cittadinanza" non sia una priorità significa - tradotto in un linguaggio meno edulcorato, meno diplomatico - dire che alla faccenda sono interessati in pochi. Sappiamo chi sono questi pochi.

La cosa comunque più divertente l'ha detta Walter Obwexer, l'esperto di diritto internazionale al quale l'Svp si rivolge sempre quando non sa bene che pesci prendere. Dice dunque Obwexer nell'intervista alla Tiroler Tageszeitung: „Der Deckel soll sicher nicht zugemacht und die Staatsbürgerschaftsdebatte mit einem Nein beendet werden. Man soll die Frage offenlassen, weil sie derzeit auch nicht von der Südtiroler Landesregierung offensiv forciert wird. Aber in 20 oder 30 Jahren könnte es anders aussehen.“ Anche qui c'è bisogno di una traduzione (in termini semantici, non linguistici).

Obwexer dice in sostanza che di questo pseudo-tema bisogna tranquillamente continuare a discutere per altri 20-30 anni. Magari adesso si può accantonare per qualche mese, forse per un paio di anni, ma l'importante è che al momento opportuno - puf! - si ricominci da capo. Eppure, 20-30 anni a me sembrano pochi. Perché non continuare, insomma, a farlo per altri 50, 100, 150 anni? La politica, si diceva una volta, deve servire a modellare il futuro. E un futuro fatto di belle discussioni su passaporti e altre cartacce che ci dimostrino inequivocabilmente "chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo" è sicuramente molto attraente.

A rallegrarsene saranno sicuramente i nostri patrioti, quelli che trascorrono il loro tempo libero (molti di loro ne hanno tantissimo) a piantare croci sulle montagne (i cartelli monolingui sono già stati piantati tutti) o ad appendere manifesti alle pensiline degli autobus, sperando che il giorno dopo qualche ragazzino deficiente ci scriva sopra "Crucchi all'Austria". Sono belle soddisfazioni, non c'è che dire.

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Gabriele Di Luca Gio, 08/27/2015 - 20:54

In risposta a di Hartmuth Staffler

Una volta il signor Staffler rispose a una mia lettera al Dolomiten dicendo che io ero un imperialista italiano. Mi pare fosse una quindicina di anni fa, o poco meno. Ci rido ancora. Ma io voglio bene al signor Staffler (anche se è di un'ottusità quasi proverbiale) e colgo l'occasione per ricordargli una cosa. Eravamo a Bressanone - dove abitavo fino a due anni fa -, il mio primogenito aveva un anno o poco più. Lo portavo con me in bicicletta. A un certo punto lui perde il teddybär che si portava sempre dietro (in realtà una piccola pecora di stoffa, che lui chiamava "acci"). Sento che piagnucola, mi fermo e mi dice o mi fa capire che ha perso "acci". Passava in quel mentre il signor Staffler in bicicletta, dietro di me. Aveva raccolto "acci" e ce l'ha data. Ecco, non gliel'ho mai detto, ma volevo ringraziarlo. Non è da tutti riportare una piccola pecora di stoffa a un fascista e al figlio del fascista.

Gio, 08/27/2015 - 20:54 Collegamento permanente