Politica | Provinciali 2013

Due mondi (e io vengo dall'altro)

Beppe Grillo e Daniela Santanchè hanno chiuso la campagna elettorale del M5S e Forza Alto Adige. Un modo per rimarcare la distanza della politica italiana dal contesto sudtirolese.

Chiedo venia ad Alessandro Banda se per scrivere questo articolo ho rubato il titolo del suo libro sull’Alto Adige/Südtirol. Però, come fare altrimenti? Ieri (25 ottobre), antivigilia delle elezioni provinciali, nel centro di Bolzano, tra piazza Municipio e piazza Magnago, il tema era proprio questo. Nella prima, dove si distribuivano gli ultimi pacchi di pasta e signore agghindate sfilavano compiacendosi della pseudo occasione mondano-politica, e nella seconda, popolata stavolta più da curiosi che da indignati contro la “kasta”, le due Italie, anzi le due “Italiette” antitetiche eppure così simili, la berlusconiana e la grillina, non soltanto casualmente sovrapposte nell’orario. Allo sfortunato cronista, troppa grazia stroppia, il compito di fare la spola, cercando di apprezzare differenze (inferiori al previsto) e punti di contatto (cospicui).

Prima di tutto il rituale stanco e scarsamente produttivo dell’ospite importante, anzi del “big”. E se lo vogliamo chiamare davvero “big” ecco tutti gli altri a far solo da contorno, veleggiando a ritroso, sia pur sorridendo, verso le taglie minori, addiritture infime. Ormai soltanto un “big” li potrà salvare? Non pareva, non pare. L’importante comunque è esserci, non mancare nella foto ricordo che sarà poi appesa sulla bacheca di facebook e gratificata dai venti o cinquanta “mi piace” e sei condivisioni per la felicità di chi non c’era: “Ah, cosa vi siete persi”!

In pratica poco, pochissimo vi siete persi. A meno che non vi piacciano i tramonti che non si stancano di finire: l’astro estenuato non riesce a penetrare oltre la linea dell’orizzonte, perciò  rimbalza ancora un po’ in aria, provaci ancora Sun.

Temi? Tutti quelli possibili, purché non avessero nulla, o pochissimo, a che vedere con il voto imminente. Grillo, almeno, azzanna un paio di brandelli dal contesto (la cosa che ancora gli riesce meglio: “qui vi danno la cittadinanza italiana in due mesi, basta essere svedesi e gnocche”), ma poi sfora un po’ nella retorica antitedesca, continua a chiamare Durwalder “Rotweiler”, e possiamo pensare cosa sarà passato nella testa di Paul Köllensperger, il candidato di punta che forse parecchi italiani non voteranno per paura di sbagliare a scriverne il nome. L’auspicio, dice il genovese, è riuscire “almeno a piazzare uno dei nostri qui dietro” (cioè nel Palazzo). E poi via di nuovo con cose tipo “difendiamo l’olio italiano”, “la mafia sale sempre più al nord, ma qui da voi non è ancora arrivata perché c’era già”, “chi piange davanti alle bare degli immigrati mi fa vomitare”. Il pubblico applaude (poco) e ride (non molto di più). Dall’altra parte, invece, c’è il grido della Biancofiore (“sono sempre qui perché voi siete la mia gente”), il macchinone blu della Santanchè parcheggiato quasi sotto al palco, grande e lussuoso come una casa esentata dal pagamento dell’Imu, e la celebrazione del maschio arcoriano, simbolo erettile della fedeltà ai valori della nazione. Alla povera Artioli, il compito quasi disperato di ritrovare il contatto col territorio: “Voglio salutare mio marito, che si è ferito un dito tagliando lo speck”. Infine l’inno di Mameli: ma lo bisbigliano solo i candidati, ché la piazza ormai è ammutolita.

Due mondi, insomma, come si diceva, trovatisi a collidere per un un’ora, senza tuttavia minimamente toccarsi, all’interno di un altro, cioè quello sudtirolese, rimasto sullo sfondo, imperturbabile e distante. Comunque vada, e sarà battaglia davvero minoritaria, nessun elettore del M5S o di Forza Alto Adige / Lega Nord / Team Autonomie avrà la possibilità di eleggere un candidato anche pur minimamente influente. Se ne prenda nota con pacata tristezza: la secessione che qualcuno vorrebbe raggiungere in futuro è in realtà già accaduta da sempre e, anzi, accade ogni volta. Soprattutto in occasioni come queste. Capire di provenire dall’altro mondo per sperare, un giorno, di arrivare finalmente in questo, ecco, questa dovrebbe essere la consapevolezza da allenare. Ne riparleremo ancora tra cinque anni.