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What is a populist?

Negli ultimi vent'anni la cultura politica è cambiata. Ideologie che erano confinate ai margini nella società sono ora tornate. Soprattutto quelle di destra.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Fabio Petrini Cgil-Agb

Allora si pone la domanda fino a che punto la nostra democrazia riesca a sopportare questo sviluppo e se la nostra società aperta e democratica sia in pericolo. Alcune possibili risposte si possono evincere dall’idea stessa di società della destra più radicale. Entrando un po' di più nel dettaglio, l’estremismo di destra è caratterizzato dal non considerare le persone di pari dignità, l’idea di una comunità nazionale, l’etnocentrismo, il rifiuto della democrazia, una visione nazionalizzante della storia e l'accettazione della violenza come modalità di risoluzione dei conflitti. Questi sono ovviamente presupposti in netto contrasto con l’idea stessa di sindacato, che per la sua natura ha come collante la solidarietà tra tutte le persone. Ma se vogliamo però capire i futuri sviluppi forse bisogna analizzare quanto queste idee siano a meno radicate veramente nella società.

Senza ombra di dubbio determinati atteggiamenti sono stati “sdoganati”. Questo non significa automaticamente che la maggioranza della popolazione assumerebbe in concreto poi posizioni di estrema destra. Il fatto nuovo è che queste idee radicali rientrano in ciò che si può ormai dire pubblicamente. Ovviamente questo aumenta il pericolo che esse possano diffondersi ulteriormente. Tenendo conto che questi cambiamenti si verificano gradualmente forse in passato si sarebbe dovuto reagire. Ma va anche detto che certe infiltrazioni ideologiche sono più subdole e per questo più difficili da rilevare. Probabilmente il mix tra un certo razzismo latente e gli sviluppi economici e sociali negativi è stato un terreno favorevole per la destra populista, che è riuscita a utilizzare queste due realtà ai propri fini politici.

Innanzitutto, va notato che atteggiamenti autoritari o razzisti non cadono dal cielo, ma spesso hanno profonde radici storiche. Risentimenti e commenti dispregiativi sono da sempre latenti in una parte della società. Semmai bisogna capire perché, in certi momenti storici, questi atteggiamenti si allarghino a un punto tale da diventare maggioritari e si trasformino in progetti politicamente efficaci.

Tra i motivi che hanno determinato tutto ciò ci sono l’accelerazione della globalizzazione e la crescente incertezza. Nei paesi capitalisti questi fattori hanno aumentato la divisione sociale, innescando i timori di un incontrollabile declino del benessere. Tuttavia questi sviluppi non causano automaticamente modelli autoritari e razzisti. A queste incertezze, infatti, si è aggiunto il generale vuoto di rappresentanza della politica tradizionale. In questa lacuna si sono inseriti i partiti populisti di destra con offerte politiche semplici ma efficaci.

Hanno riattivato alcuni risentimenti in una parte della popolazione, usando narrazioni e interpretazioni della realtà semplici, a volte ingannevoli, ma comprensibili. Nel tempo questo ha aumentato la loro legittimità anche in quella fetta di popolazione che dovrebbe, in base alle esperienze pregresse, essere lontana da tutto questo.

Purtroppo certi atteggiamenti apertamente violenti a livello di opinione pubblica (vedi i social) hanno raggiunto quello che si chiama il centro politico, mentre finora erano confinati ai margini. I confini del politicamente corretto si sono spostati. E al di là dei futuri sviluppi politici questo linguaggio produrrà comunque “guasti” nella società. Per fortuna l’estremismo di destra filonazista o fascista finora è ancora isolato nella società, ma non per questo bisogna abbassare la guardia.

Il populismo di destra non parte neppure dai perdenti della modernizzazione e del precariato, generalmente considerati il principale serbatoio di elettori. Parla a quella fetta di borghesia che sotto un sottile strato di maniere civili e gentili nasconde una retorica divisiva e verdetti sommari. Si parte dal disprezzo per i gruppi sociali vulnerabili, si enfatizza la responsabilità e l’impegno personale e si trasforma la disuguaglianza sociale in inferiorità umana. In questo modo, ai più deboli o a chi viene da fuori, viene negato quel riconoscimento sociale che è un elemento centrale dell'integrazione.

La sofferenza del mondo del lavoro non trova più la necessaria legittimità e la sicurezza sociale è sempre più organizzata secondo criteri etnici, come la priorità per i residenti o gli appartenenti al proprio gruppo etnico. Chi si trova ai margini lo è per proprie colpe. Questo è veleno per una società capace di integrazione. In uno scenario simile non è troppo difficile dirottare la paura verso i “parassiti” del welfare o gli stranieri. I social come Facebook funzionano a volte da cassa di risonanza per narrazioni fuorvianti o per vere e proprie fake.

Ma anche alcuni partiti conservatori si presentano come un'alternativa gentile e politicamente corretta al populismo, fornendo a loro volta un enorme impulso alla normalizzazione e alla legittimazione dei contenuti di quel tipo di destra. Così spesso la retorica è spietata in una rincorsa al consenso.

Il problema è come contrastare questi sviluppi. In primo luogo la lotta deve partire da un linguaggio pubblico corretto per contrastare la normalizzazione strisciante del populismo, sia nei contenuti che negli orientamenti, anche se questo non porta automaticamente a un maggior consenso. Sarebbe poi sbagliata una demonizzazione a prescindere delle persone che concordano con le dichiarazioni populiste di destra per esempio tacciandoli semplicemente come razzisti spinti dal risentimento.

Alcuni studiosi hanno infatti dimostrato che si possono recuperare molte persone solo prendendo come punto di partenza le loro esperienze quotidiane con un dialogo onesto, aperto e rispettoso. Questo probabilmente è l’unico approccio per affrontare la strisciante normalizzazione di certi orientamenti impietosi e per respingerne l'efficacia politica. In questo senso anche il sindacato è chiamato in causa. Esso è da sempre indicato come un’antagonista forte a qualsiasi ideologia estremista, sia di destra che di sinistra e non a caso ha subito storicamente persecuzioni e violenze quando si era opposto. Ma il profondo senso di democrazia, di rispetto delle regole e la solidarietà ne fanno tutt’ora un baluardo nella difesa della convivenza civile e della nostra società aperta e libera.