Politica | il commento

"Niente paura, Meloni non è fascista"

Lo Chefredakteur del Dolomiten: "È credibile quando dice che ha rotto con il Ventennio e che si preoccupa solo del benessere dei cittadini". Commosso tributo a Maturi.
Toni Ebner
Foto: Screenshot

Dopo aver ospitato, pochi giorni prima del voto, una pagina con il programma politico della premier in pectore Giorgia Meloni – scritto con lo scopo di rassicurare l’elettorato di lingua tedesca, ma che ha invece allarmato i più – il Dolomiten, oggi (27 settembre) attraverso il Leitartikel dello Chefredakteur Toni Ebner, fa capire che la linea del suo giornale e, di rimando della gran parte degli esponenti della Svp, sarà quella "pragmatica" portata avanti finora con tutti i governi di centrodestra. Potrebbe perfino accadere – cosa impensabile qualche anno fa - che la Stella alpina alla fine decida di astenersi anche quando ci sarà da votare un governo di destra-centro come quello che si profila all'orizzonte. Ma tra via Brennero e via del Vigneto si riuscirà a far finta che FdI al 26% equivalga davvero a Forza Italia al 30%?

Toni Ebner sta preparando legittimamente il terreno. Sì, è vero, riconosce il caporedattore, che “Fratelli d'Italia porta ancora nel suo logo la Fiamma Tricolore del vecchio partito post-fascista Movimento Sociale Italiano (MSI)”. Ma Giorgia Meloni “è stata in grado di comunicare in modo credibile che ha rotto con il fascismo e che si preoccupa solo del benessere dei cittadini”.  E attenzione: “Meloni si è guadagnata questa credibilità”. Come? “E’ cresciuta in un quartiere popolare di Roma, ha origini umili, è una madre single di una figlia di 6 anni e ha dovuto lavorare duramente per farsi strada, come ha notato la sorella Arianna: Quello che abbiamo raggiunto, lo abbiamo raggiunto senza aiuti e nonostante molti ostacoli". E non solo la sorella. Toni Ebner si è perso anche le dichiarazioni della madre Anna, che ha più meno un identico livello di imparzialità.

A differenza della “quarantacinquenne romana”, definita “smart” e molto abile dialetticamente (su questo non ci piove), i partner dell'alleanza di centrodestra, scrive Ebner, sono usciti indeboliti dalle elezioni. Secondo lo Chefredakteur non c’è da preoccuparsi perché la Meloni ha “in agenda altre cose prima di pensare di comprimere l'autonomia dell'Alto Adige, al contrario di quanto le prime richieste di aiuto vorrebbero farci credere” (allude in particolare a Unterberger e Spagnolli?). Del resto, ricorda il giornalista, finora nessun governo di destra in Italia ha tagliato l'autonomia. La Lega è notoriamente favorevole all'autonomia e Silvio Berlusconi non ci ha danneggiato durante i suoi anni di governo. Inoltre, la Meloni e i suoi ministri saranno costantemente sotto osservazione in Europa”.

Non solo. Secondo Ebner, “pur avendo l’Svp perso voti, lo schiaffo dell'elettorato, temuto da alcuni e desiderato da altri, non si è concretizzato. Due senatori e tre deputati sono un successo”. L'unica “goccia amara” è, quindi, che Manfred Mayr, per la cui discesa in campo Ebner ha condotto una battaglia molto vigorosa, ha mancato per un soffio l’elezione in Senato.

Tuttavia, l'SVP, osserva, "non può più rivendicare di essere la sola rappresentante sudtirolese. Gigi Spagnolli (PD) ha già annunciato di voler rappresentare "gli elettori non-SVP" (finirà per questo nelle liste di proscrizione?). Né ci si può aspettare azioni di sostegno alla SVP da Michaela Biancofiore (eletta a Rovereto) e Alessandro Urzì (eletto per FdI a Vicenza)".

 

E’ un vero peccato che il bolzanino Filippo Maturi, amico dell'autonomia, non sia entrato in Parlamento

Ma il dulcis del Leitartikel arriva, come sempre, in fundo. Una vera perla: il commosso tributo, davvero inedito nella forma e nei contenuti, all’ex deputato Filippo Maturi, per i servizi resi. “E’ un vero peccato che il bolzanino Filippo Maturi (Lega), amico dell'autonomia, non sia entrato in Parlamento”. Maturi, detto per inciso, è stato costantemente il punto di riferimento per le corazzate Athesia lungo tutta la legislatura. Vale solo la pena di ricordare che ad un suo intervento sulla presidente leghista di commissione si deve l’affossamento dell’emendamento Bressa che intendeva ripristinare “per legge” un minimo di pluralismo editoriale nella regione. Oltre alla costante attenzione dei media del gruppo per ogni sua iniziativa strettamente politica o in favore degli animali da compagnia, Maturi venne ricompensato alcuni giorni dopo con ampi spazi in diversi mezzi di comunicazione. Ma sul Dolomiten Maturi si conquistò una storica mezza pagina di intervista con mega-infografica che doveva dimostrare come neppure lo ius scholae, per la Lega e per il Tagblatt dei sudtirolesi, sia una strada praticabile al fine di ottenere la cittadinanza per i ragazzi "colpevoli" di avere un background migratorio.

Avere un’idea della linea dettata dal Dolomiten aiuta dunque a capire quale potrà essere l’orientamento Svp nei prossimi mesi. Ciò detto, Toni Ebner ha probabilmente ragione. Anche se Meloni e diversi dei suoi parlano già di Costituzione da cambiare è altamente improbabile che l’autonomia venga toccata. Se, però, davvero – come ipotizza qualcuno – Alessandro Urzì diventerà sottosegretario alle minoranze (ruolo che una vita fa assunse Gianclaudio Bressa) ci sarà da divertirsi. L’ormai ex consigliere provinciale, che poco fa (alle 17.45 del 27 settembre) ha denunciato con una nota pesanti discriminazioni da parte di Rai Suedtirol, è grande conoscitore della realtà locale, di ogni anfratto dell'autonomia, ed è forse il più tenace - e finora, per molti versi, il più impavido - avversario che l’Svp abbia avuto negli ultimi 20 anni. Finora, il neo deputato è stato una spina nel fianco per la Stella alpina. Davvero non si contano i suoi interventi a muso duro in consiglio o sui giornali ogni volta che ai suoi occhi si stava verificando un danneggiamento del gruppo di lingua italiana, ma anche, più in generale, per “l’arroganza” Svp. Urzì, che è un teorico di quello che un tempo veniva classificato come "disagio degli italiani", ha rotto rapporti politici e umani con chiunque dell’area di centrodestra avesse tentato di aprire una forma di dialogo con il Sammelpartei  Se davvero assumerà quel ruolo, il dialogo con l’SVP sarà inevitabile. Ma a prescindere dall’incarico di governo, Urzì avrà comunque l’occasione di fare tutte le cose che ha rimproverato ad altri di non riuscire a fare. Nessuno degli eletti a Roma nelle ultime legislature ha mai avuto un partito di appartenenza con un potere paragonabile a quello che avrà Giorgia Meloni tra qualche settimana. Urzì ha dunque un’occasione irripetibile per verificare con mano la fattibilità di tutte le riforme in favore “degli italiani” o per arginare lo strapotere Svp che aveva in mente. Buon lavoro.