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L'oblio aiuta la democrazia.

La trasparenza “via streaming” può impedire il processo democratico? Quando la segretezza è utile alla politica.
Foto: Valentino Liberto

Qualche giorno fa, trovandomi in Toscana, mi sono collegato via Skype a un incontro “a porte chiuse” che si stava tenendo a Bolzano. Questa modalità, in un'organizzazione poco avvezza alle videoconferenze, provoca ancora un certo imbarazzo. Anch'io, devo ammetterlo, ero un po' a disagio: difficile comunicare impressioni “a caldo” o recepirle in video, perché al netto di gesti o espressioni facciali si fatica a cogliere la Stimmung che sta dietro alle parole – cioè il polso della situazione. Solo quando la riunione finisce, le luci si spengono e si esce in strada, avviene il passaggio decisivo: una o più presenti scambiano i propri pensieri, informalmente, e tessono relazioni che si rivelano utili nel processo decisionale. Il formalismo di chi ha una webcam puntata addosso non consente di tirare le somme con franchezza, alzare la voce, dare libero sfogo alla fantasia individuale, tutte cose indispensabili per affrontare una sfida comune.

Ho percepito il medesimo clima ingessato nelle consultazioni dei capigruppo 5Stelle con Bersani, trasmesse in diretta streaming e perciò in televisione. Il timore che una parola “di troppo” potesse dare luogo a dei fraintendimenti, ha prodotto il vuoto siderale: un'atmosfera noiosissima, priva di dialogo diplomatico e incapace di fare emergere contrasti – paradossalmente, data la posta in gioco –, tanto meno soluzioni innovative. Davanti alla telecamerina, tutti hanno recitato al meglio la parte assegnata. Ma allora a cosa serve la trasparenza? Mantellini cita Stefano Rodotà, secondo il quale l'uomo di vetro è una metafora totalitaria. E come ricorda Cocconi su “Europa”, senza trattative segrete molti governi non avrebbero mai visto la luce. Il problema – aggiunge Fabio Chiusi – è quando la trasparenza diventa fine e non mezzo (Perché è bene mandare l’incontro in streaming? Perché è in streaming!). Mi è così tornato in mente un articolo di Roberto Casati uscito sulla Domenica del Sole24Ore, 'Alla politica serve l'oblio', di cui vi consiglio vivamente la lettura:

Se sapete che solo i vostri interlocutori vi ascoltano, e che non resterà traccia, vi lasciate andare; al limite dite cose che in altri contesti sembrerebbero delle sciocchezze o sarebbero inammissibili per i vostri stessi soci, là fuori. Ma dire sciocchezze, e dirne pure tante, è un segno di creatività. Se fai cinquanta proposte strane, può venirne fuori quella che fa veramente avanzare le cose. Se invece il livello delle tue proposte è commisurato alla tua percezione di come saranno attese al varco dai tuoi soci là fuori, non ne uscirà niente di interessante. In realtà le riunioni a porte chiuse servono a proteggere i rappresentanti del tuo partito non tanto dalle critiche del partito avverso; quanto dalle critiche di quelli del tuo partito. Devi poter fare delle proposte che come tali la tua parte (non la tua controparte) non accetterebbe. Il diritto all'oblio aiuta la conversazione.