Politica | Vuoi governare?

Impara a rispettare le istituzioni!

Messi sotto esame dal presidente della repubblica Sergio Mattarella Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono stati bocciati al test di responsabilità governativa.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
Mattarella
Foto: upi

L’intransigenza dimostrata da Matteo Salvini, avvallata giocoforza da Luigi Di Maio, sulla proposta dell’esperto indipendente Paolo Savona come ministro dell’economia, ha confermato la loro scarsa attitudine istituzionale. Non hanno riconosciuto la prerogativa costituzionale del presidente della repubblica sulla nomina dei ministri. Col vento in poppa del voto del 4 marzo hanno apertamente cercato il conflitto istituzionale volendo imporre una loro scelta, escludendo per una settimana qualsiasi compromesso. E dopo il no del presidente Mattarella confermano con ostinazione populista la pretesa di collocarsi al di sopra delle regole della costituzione. Ci si domanda, a questo punto, cosa avrebbero fatto come ministri, se la corte costituzionale dovesse dichiarare incostituzionali alcuni provvedimenti in tema di fisco, di istruzione o di politiche migratorie. Probabilmente rivendicherebbero allo stesso modo un loro diritto di prevaricazione della legalità, incolpando la corte costituzionale di non fare gli interessi degli italiani, dei quali ovviamente loro sarebbero gli unici e omnipotenti fautori, sempre pronti a sottoporre le loro decisioni ad un referendum popolare a prescindere dall’ordinamento giuridico.

La tentazione di sfruttare il momentum politico

L’analisi del momentum politico potrebbe aver suggerito a Salvini un ritorno alle urne per raccogliere un consenso crescente confermato dalle elezioni regionali nella regione Friuli Venezia Giulia e da recenti indagini demoscopiche. Il tentativo di poter allargare il bacino di voti e di rafforzare la propria leadership all’interno del centrodestra può risultare più allettante di quello di ministro per uno che è bravissimo ad intercettare gli umori della gente nelle campagne elettorali. Viceversa assumere la guida del ministero degli interni lo avrebbe costretto a confrontarsi con l’impianto legislativo, con burocrazia e con vincoli e lacune nelle normative internazionali. Forse sarebbe riuscito comunque a fare bella figura adottando per il problema migratorio, come succede in Austria, la strategia di piccoli passi che riscuotono il plauso dell‘elettorato e possono essere sventolati come parte del grande cambiamento annunciato. Ma forse farebbe fatica ad accettare il ruolo di paziente promotore del „prima gli italiani“ scontrandosi con principi costituzionali e tutele sancite da regolamenti ed accordi internazionali. Se Salvini voleva davvero essere il protagonista del cambiamento, perchè si è impuntato su una singola nomina di fronte alla possibilità di realizzare un programma politico ambizioso ed articolato? Non era questa missione, in fondo, ad animare la sua verve politica?

Esisto, dunque ho ragione!

Quello che stupisce è l’avventatezza con cui i FdI ed il M5S hanno annunciato di sottoporre il presidente Mattarella ad un procedimento di impeachment. Qualcuno potrebbe aver inteso il termine come sgradito impiccio, contro il quale attivare ritorsioni politiche. Ma porre in forse la credibilità ed il ruolo dell’istituzione di fronte ad una decisione legittima, anche se controversa, è ben altro. Esprime un atteggiamento di rottura con regole fondanti della democrazia e l’incapacità di costruire una dialettica politica di lungo respiro. Pare che coloro che continuano a seminare invettive ed esagerazioni da campagna elettorale non se ne rendano conto. È, in fondo, un’altra dimostrazione di immaturità democratica. Contano soltanto le emozioni del momento che esigono immediata soddisfazione. Si sta affermando pesantemente una cultura di egoismo sfrenato e di voglia di imporre i propri interessi senza guardare in faccia a nessuno. Il famoso detto di Descartes è stato capovolto e reinterpretato: „Esisto, dunque ho ragione!“

Teste calde non ragionano

A forza di sentire ripetere FdI e M5S il ritornello di un presidente che ha travalicato le sue competenze ed ha recato un danno agli italiani e di fronte alla carica emotiva con cui gridano allo scandalo, la popolazione viene indotta a dar retta a chi afferma che la democrazia è compromessa, quando, invece, dovrebbe ragionare con calma sui fatti e rendersi conto che una comunità ha bisogno di coerenza con alcuni principi perché altrimenti, allora sì, rischia il collasso. Il rispetto per le istituzioni è uno di questi capisaldi che la dialettica politica deve mantenere fermo. Di fronte all’escalation sulle piazze e nei salotti televisivi la gente fa bene a stare calma e guardare con distacco gli sviluppi. Bisogna dare tempo al tempo ed osservare con spirito critico gli autoproclamati pompieri che stanno giocando con la costituzione. Per trovare soluzioni tecnicamente coerenti, eque e socialmente sostenibili ai problemi del paese servono competenza, pacatezza, responsabilità e lungimiranza. Non saranno le teste calde a costruirle ed a realizzarle.

L'Europa come capro espiatorio straniero

Che l’Europa abbia bisogno di riforme e che debba concedere più flessibilità ai singoli paesi per rafforzare i deboli segnali di ripresa economica è evidente. È altrettanto evidente che bisogna trovare un nuovo amalgama per la visione europeista e porre un freno a malcelati egoismi economici e le presunzioni di supremazia di alcuni paesi. Non sarà facile convincere i governi dei singoli paesi a rinunciare a politiche di corto respiro che portano consensi immediati ed a depotenziare le industrie dell’omologazione dell’opinione pubblica per garantire più etica e responsabilità nell’affrontare i problemi comuni. L’accusa all’Europa nemica dell’Italia e nemica del popolo, tuttavia, non è che un pretesto tipicamente populista che permette di attribuire tutte le colpe delle inefficienze casalinghe ad un capro espiatorio - per giunta straniero - e di ergersi come salvatori degli interessi di un popolo oppresso. Il macigno che pesa sulla realtà quotidiana e le prospettive della cittadinanza, in verità, ha molto del Made in Italy. Sta di fatto che l’Italia deve affrontare una montagna di problemi fatti in casa, dalla produttività bassa alla disoccupazione giovanile, dall’inefficienza delle istituzioni alla corruzione, dalla riluttanza alle riforme a disegni di riforma pasticciati, dal dissesto ambientale al mancato radicamento di una cultura del bene pubblico. È su questo terreno che vanno valutati i partiti, i politici ed i politicanti. Ed alla popolazione vanno spiegati i fatti e la dimensione delle problematiche, l’adeguatezza e la coerenza delle soluzioni proposte, le conseguenze ed i costi, le dicotomie tra interessi pubblici e privati. Bisogna costruire una maturità consapevole della cittadinanza, in modo che la popolazione sia in grado di comprendere, quando nell’amministrazione del bene pubblico, ed in ciò consiste il governo, si trovano davanti persone affidabili e quando ciarlatani a cui la parvenza antisistema e gli appelli al patriottismo servono soltanto ad accedere alla stanza dei bottoni, dove rischierebbero di fare più danni che dare risposte concrete ai problemi.