“La montagna per noi è oro”
SALTO: In questi due anni il CAI è stato sempre più presente sui media, profilandosi (e facendosi sentire) come associazione ambientalista. Tutto merito suo?
Carlo Alberto Zanella: Siamo tutti volontari. Io sono in pensione e ho molto tempo a disposizione. E poi sono cambiate molte cose in Alto Adige. Ci sono opere, si pensi alla funivia di Tires, che hanno smosso l’attenzione pubblica. O meglio, forse in precedenza non avevano tutta questa visibilità: una sorta di unione tra le varie associazioni ambientaliste è riuscita a entrare nei meccanismi della comunicazione. Inoltre, i social aiutano come cassa di risonanza: prima certe notizie semplicemente non venivano diffuse. La stampa dà le notizie che vuole…
Questo incarico la tiene molto occupato?
Più si è presenti, più aumenta il carico di lavoro. A partire dalla disponibilità telefonica: se sei disponibile, e rispondi sempre al telefono, ti chiamano.
Diceva di una sintonia creatasi con le altre realtà ambientaliste - in particolare con “l’altra” associazione alpinistica sudtirolese, cioè l’Alpenverein. È una novità?
Non c’è mai stato attrito, ma una specie di distanza. Ognuno andava per conto suo. Ora c’è un dialogo fittissimo tra noi, si parla tanto di ambiente, di montagna… e si collabora pure nella scrittura o traduzione di libri. Collaboriamo molto anche con le altre associazioni ambientaliste.
Stiamo riuscendo a superare le barriere etnico-linguistiche, almeno in montagna?
Sì. Lo vedo dalla toponomastica. Molti cartelli, a carico delle varie sezioni dell’AVS, si adeguano a un approccio intelligente di fare “bilinguismo”. Non m’interessa una traduzione letterale di tutte le località, per me sono importanti le indicazioni dei luoghi (e delle montagne) culturalmente e storicamente importanti, già conosciute da tutti. È invece ridicolo indicare i nomi italiani di frazioni o cime che conoscono solo quelli del paese più vicino. “Schneiderwiesen” mica lo traduciamo “prati del sarto”… Certo, per il turista ha senso mantenere l’indicazione bilingue per “malga”, “torrente”, “sentiero”, a fianco del toponimo.
Il turismo risolverà la bega toponomastica?
Certo, il turismo risolve molte cose. In questo caso, è anche merito dei turisti italiani.
Il turismo di massa è in questo momento tra le questioni più spinose da affrontare in Sudtirolo. Per la montagna è croce e delizia?
Evviva il turismo, è una fonte di reddito per tutti. Ma non bisogna esagerare. Il turismo dello sci ha arricchito questa terra, ma ora fermiamoci, non continuiamo a costruire nuovi impianti. Lo sci ormai è saturo, fermiamo i nuovi caroselli e pensiamo a introiti alternativi. Personalmente mi accontento di una pista sola per andare su e giù.
Anche in estate il numero di turisti che sale in montagna è cresciuto esponenzialmente, con tutti i rischi di sicurezza che ciò comporta.
Accettiamo le code di agosto, ovvero la presenza dei turisti sui sentieri. Però educhiamoli, prepariamoli, insegniamo loro come si va in montagna, a camminare con gli scarponi e non coi sandali. La colpa non è di chi fa manutenzione, se sui sentieri inciampano sulle radici degli alberi. Detto questo, la maggioranza dei turisti sta negli alberghi, non sui sentieri. Anzi, il vero problema è il turismo automobilistico, il turismo dei selfie di chi va da un passo a un altro con le proprie auto o in moto, inquinando e facendo rumore. Perché lo accettiamo? Dobbiamo convincere le persone a camminare, a godersi la natura dal vivo. Ciò è possibile solo se cammini davvero.
Con il boom dei cammini è cambiato l’approccio degli italiani al camminare?
Certo. Anch’io sono stato in Umbria, in Romagna… ma bisogna camminare rispettando ciò che abbiamo intorno. Ci stiamo svendendo per i turisti, mentre dovremmo imporre loro certe buone abitudini. Stesso discorso vale per i rifugi, che non sono alberghi: se torno da una lunga camminata non mi serve la sauna, ma un letto per dormire. Mangio quel che c’è, anche la minestra di verdure. Invece inculchiamo nel turista la cena a lume di candela nel rifugio. Non bisogna viziare gli escursionisti. Ciò che dai ai turisti, loro prendono; ma se certe cose non le dai, prendono ciò che c’è.
I rifugi non sono alberghi: se torno da una lunga camminata non mi serve la sauna, ma un letto per dormire. Invece inculchiamo nel turista la cena a lume di candela in rifugio.
Stiamo esagerando con l’offerta turistica?
Persino con le vie ferrate. Perché inventarsi corde sospese nel cielo come fossimo funamboli? Perché fare alberghi a 5 stelle con la sabbia del deserto e le palme? Stiamo andando fuori di testa.
Sono i turisti, il problema, o forse siamo noi sudtirolesi? Non trova sorprendente quest’accelerazione, dall’essere una regione tanto conservatrice quanto gelosa della sua natura incontaminata (più di quanto non fossero, invece, la vicina Svizzera e il Tirolo austriaco) a territorio davvero pronto a tutto per accontentare i turisti?
Sono i soldi. E mi chiedo: come fanno gli albergatori e i rifugi privati ad avere tutti questi soldi? Mi sorgono dei sospetti sui contributi pubblici.
E qui entra in gioco la Provincia, responsabile di scelte controverse su alcune infrastrutture turistiche. Pur parlando molto spesso di “sostenibilità”.
La Provincia non è stata virtuosa. Basti pensare a Tires, dove è stata costruita una funivia che non serve a niente, tranne che a un vicino albergo. Tires ha mille posti letto: quell’impianto è utile solo a portare (pochi) turisti a sciare sopra Carezza.
È stata presentata come una soluzione all’eccesso di traffico nella zona di Carezza...
A Passo Nigra traffico non ce n’è. E chi viene in moto da Amburgo non andrà certamente su e giù in funivia. Se chiudi al traffico Passo Nigra, allora si possono chiudere anche gli altri passi dolomitici. Da questo punto di vista, la Provincia è contraddittoria. Perché non costruisce a proprie spese questi impianti, visto che già gestisce per esempio la funivia del Renon? Invece si investe su infrastrutture delle quali beneficiano in pochi. Senza queste funivie non si creerà disoccupazione. La gente in montagna verrà lo stesso.
Questa connotazione “ambientalista” danneggia il CAI? Qualcuno dirà che fate politica.
Non facciamo politica. La popolazione è favorevole ad alcune opere realizzate dalla Provincia, ad esempio le varianti stradali. E lo siamo anche noi del CAI, anzi, chiediamo di farle, di togliete il traffico dai centri abitati dei paesi. Il fondovalle è ormai antropizzato, salviamo la parte alta della montagna, dove viene la gente per camminare. Con tutte queste infrastrutture, le persone inizierà a cambiare destinazione. A buttarsi, per esempio, sul Veneto. Pure io andrò a fare le mie vacanze nel bellunese.
Dobbiamo stare attenti al turismo dei Lederhosen, fatto di malghe dove arrivi in funivia, con le jeep o le bici elettriche.
È cambiato il suo rapporto con la montagna, alla luce di queste trasformazioni?
No, io vado dappertutto, pure sulle passeggiate del Guncina o di Sant’Osvaldo, e (non mi vergogno a dirlo) sugli impianti di salita. Non sarei però contento se ci fosse un impianto di risalita da Tires al Rifugio Passo Santner, o se realizzassero la ferrata dal Passo Santner alla cima del Catinaccio. Anche a Passo Sella vogliono potenziare l’impianto che sale alla Forcella del Sassolungo: perché insistono tanto? Forse perché hanno già progettato un collegamento Saltria-Monte Pana? Dobbiamo stare attenti al turismo dei Lederhosen, con le malghe dove arrivi in funivia, con le jeep o le bici elettriche. Ecco, non esageriamo.
Sul potenziamento della cabinovia alla Forcella Sassolungo, qual è la posizione del CAI proprietario dei terreni della stazione a valle?
È assurdo mantenere un impianto del genere, una scatola di sardine. Il progetto è esagerato, ed è chiaro che si voglia aumentare la capacità dell’impianto e del rifugio. Detto questo, il direttivo del CAI Bolzano dovrà decidere sulla base del contratto che verrà proposto.
Lei è già stato candidato alle provinciali con il PD. La rivedremo in lista a ottobre? E su quale?
No, no. Sono troppo incazzoso per fare politica. Non mi schiero politicamente.
Le hanno chiesto di candidarsi?
Certo… Ma io ho un buon rapporto con tutti. Mi sono trovato bene con i due assessori della Lega, con Bessone come con Vettorato. Fanno e hanno fatto. E chiedono ciò che non sanno. Forse prima accadeva un po’ meno. Kompatscher e Hochgruber-Kuenzer rispondono sempre, però alle nostre iniziative non ci sono mai. Stimo molto Arno Kompatscher, è un montanaro, e spero resti ancora Landeshauptmann. Ma è scivolato su Tires e Passo Santner.
Mi sono trovato bene con gli assessori della Lega, Bessone e Vettorato. Spero Kompatscher resti Presidente. Ma su Tires e Passo Santner ha sbagliato.
Quale auspicio esprime per l’esito elettorale?
Penso all’ambiente: le montagne sono l’oro che abbiamo in Alto Adige. Noi chiediamo di inserire il Sassolungo in un Parco naturale perché così verrebbe incluso nel Patrimonio Dolomiti Unesco. Tutti parlano di “sostenibilità”, ma vorrei più coraggio da parte dei politici nel prendere delle decisioni - e scontentare qualcuno. In Alto Adige tre lobby decidono sul turismo: i contadini, gli albergatori e gli impiantisti. A volte si scontrano pure tra di loro. E non vorrei che coinvolgessero anche noi del CAI… Sarebbe brutto. Ah, un’ultima cosa.
Prego.
È inconcepibile che il CAI abbia solo seimila soci in Alto Adige. Abbiamo bisogno che entrino i giovani. È un appello, il mio, a iscriversi al CAI per avere più forza. La difesa dell’ambiente riguarda tutti. Anche i giovani.
Giusto, occorre iscriversi...
Giusto, occorre iscriversi...
„Ci stiamo svendendo al
„Ci stiamo svendendo al turismo”.
Ci siamo già venduti negli anni 70, quando gli ospiti potevano entrare nella stube e mangiare con i prorietari.
Die „Fremmen“ sein wichtig …dicevano.
Parole saggie da parte di una
Parole saggie da parte di una persona che ho avuto il piacere di conoscere per i miei pochi trascorsi politici.
Detto questo alcune considerazioni:
il turismo non porta benefici ai singoli privati, almeno non solo. Se noi vogliamo i servizi anche nelle valli più lontane, per esempio, questo ha un costo, se vogliamo scuole pubbliche efficenti e ospedali attrezzati al meglio questo ha un costo. Come finanziamo tutto questo?
Dobbiamo trovare un compromesso e lo dobbiamo trovare a 360 gradi! E' inutile invocare la natura se poi nel 150% del tempo parliamo del pericolo di orsi e lupi (fregandoce dei veri problemi). Cos'è natura? Due musei, di cui uno tibetano, a Plan De Corones? Per favore...
Il punto è che il contadino è destinato a sparire e sta venendo sostituito dal cittadino che ha scelto di vivere in montagna, ma con le comodità della città.E' inevitabile.
E allora o chiudiamo tutto e facciamo entrare solo i più ricchi. Quindi una sorta di Svizzera molto classista e intollerante. O facciamo come dice Carlo Alberto proviamo a educare tutti, da chi ci vive, incomiciando dai politici, fino ai turisti, per trovare un equilibrio che rispetti tutti.
Un buon approccio con i temi
Un buon approccio con i temi che ci toccano da più vicino : il turismo „scatta, scappa e fuggi“ che genera ancor più traffico, l'eccesso di impianti di risalita in luoghi che dovrebbero rimanere intatti come nel gruppo del Sassolungo e Sassopiatto, il tema della toponomastica sui sentieri di montagna risolto con molto pragmatismo, L'affermazione che con questo tema i turisti provenienti dallo stivale non hanno mai avuto grossi problemi, penso perché abituati a percorrere sentieri su rilievi alpini di altre nazioni, sui quali non si sono mai persi. Il fenomeno in crescendo dei cammini e delle alte vie in Italia, che valorizza territori senza distruggerli.
Poi l'avvicinamento all'AVS sulle tematiche che ci coinvolgono, ottimo !
bravo!
bravo!
Weniger ist mehr, gilt auch
Weniger ist mehr, gilt auch für den Tourismus. Allerdings muss die Politik die Rahmenbedingungen abstecken. Den Rummel von Rimini (um nur ein Negativbeispiel am Meer zu nennen) haben wir zum Glück nicht, auch weil die Verantwortlichen, HGV inklusive, wohl verstanden haben, dass das der falsche Weg ist. Es gilt auch daran zu denken, dass Infrastrukturen (Straßen, Öffis, Trink- und Abwasser, ...) auch nur eine bestimmte Kapazität "derpacken". Vor Jahren wurde viel vom sanften Tourismus geschrieben, wo ist er geblieben?
«È inconcepibile che il CAI
«È inconcepibile che il CAI abbia solo seimila soci in Alto Adige. Abbiamo bisogno che entrino i giovani.» In un club… così? Anche no, secondo me. Di ambientalismo serio ne fanno anche altri, per fortuna.
cfr. https://www.brennerbasisdemokratie.eu/?p=77709
Der CAI hat in der
Der CAI hat in der Nachkriegszeit den Südtiroler Alpenverein erbittert bekämpft, er hat sich geweigert, die von faschistischen Regime enteigneten Alpenvereinshütten samt Inventar zurückzugeben, er hält verbissen an den faschistischen Namenserfindungen für alle Berggipfel fest. In jüngster Zeit gibt er sich versöhnlicher und versucht sogar, sich dem AVS anzubiedern, der etwa zwanzig mal mehr Mitglieder hat.
In risposta a Der CAI hat in der di Hartmuth Staffler
Ihnen kann man wohl gar
Ihnen kann man wohl gar nichts recht machen, außer man fordert die Doppelstaatsbürgerschaft (für wen hab ich immer noch nicht verstanden) ...
In risposta a Ihnen kann man wohl gar di Dietmar Holzner
Es ist ganz leicht, mir etwas
Es ist ganz leicht, mir etwas recht zu machen, nur gegen Faschismus und Nationalsozialismus bin ich allergisch. Die Doppelstaatsbürgerschaft hat mit dem Thema zwar nichts zu tun, aber sie steht selbstverständlich allen zu, denen (bzw. deren Vorfahren) die österreichische Staatsbürgerschaft gegen ihren Willen genommen wurde und die sie gerne zurückhaben möchten. Sie brauchen keine Angst zu haben, dass man mit Gewalt einen Österreicher aus ihnen machen will, aber jene, die sich als Österreicher fühlen, sollen das auch schwarz auf weiß erhalten. So einfach ist das..
Parole vere del Presidente
Parole vere del Presidente Zanella. Un AVS che non é sempre cosi chiaro nella definizione delle problematiche. Avró piacere conoscere il Sig. Zanella l'anno prossimo ai 100 anni del CAI di Merano, dove ho l'onore di curare la mostra.
In risposta a Parole vere del Presidente di Sebastian Felderer
Werden in diesem Rahmen dann
Werden in diesem Rahmen dann auch die Umstände aufgearbeitet, unter denen der CAI nicht zufällig vor 100 Jahren nach Meran kam? Oder wird es eine reine Jubelveranstaltung?
In risposta a Werden in diesem Rahmen dann di pérvasion
Se si vuole rinvangare nel
Se si vuole rinvangare nel passato, cito quanto deciso dell’assemblea annuale del Cai in corso a Biella in onore dei 150 anni della sezione locale.:
Con la caduta del regime il Club ritornò ai valori che ancora oggi lo contraddistinguono. La cancellazione del nome di Mussolini dall’albo dei soci onorari si inserisce processo di autocritica e di assunzione di responsabilità intrapreso dal Cai, coerentemente con i propri valori, che sono “incompatibili con ogni forma di regime totalitario”, come dichiarato ieri dal presidente Montani. Sempre all’interno di questo processo, il Club ha di recente portato alla riammissione dei soci ebrei espulsi in seguito alle leggi razziali per recuperarne ed onorarne la memoria. “La recuperata memoria sia ora affidata alle generazioni future. Questa non è sicuramente un’azione politica ma di coerenza”, conclude il presidente.
https://www.ildolomiti.it/cronaca/2023/il-cai-cancella-mussolini-dallal…
Trovo che la presa di posizione del presidente del CAI Alto Adige, su „overcrowding“ incentrato su alcuni „hotspot“ e sul fenomeno del „overtourism“, sia da incoraggiare senza rinvangare sempre il passato.
Che poi i soci del CAI a livello locale siano sempre meno, dipende da molti fattori, io li individuo anche per la specificità della composizione della comunità di lingua italiana di questa terra.
Chi era venuto a lavorare e vivere in questa terra, nel dopo guerra proveniva per la gran parte da territori montani: veneti, trentini, friulani, dall'Appennino che avevano un altro approccio con la montagna.
In valle d'Isarco dove vivo, noto che ad esempio con i grossi cantieri del BBT e nel manifatturiero o nel turismo, la provenienza è cambiata, incentrata soprattutto nelle regioni del sud, dove la cultura dell'andare in montagna non fa presa.
In risposta a Se si vuole rinvangare nel di Alessandro Stenico
Non so se «rinvangare» sia la
Non so se «rinvangare» sia la parola giusta quando si parla di elaborazione critica del passato. Ad ogni modo io personalmente rinvangherei certamente meno se gli effetti e gli atteggiamenti di quel passato non perdurassero. Trovo molto bello che il CAI, già nel 2023, abbia deciso di radiare Mussolini dall'elenco dei soci onorari e di riammettere i soci ebrei. Forse prima o poi abdicheranno anche al Tolomei o restituiranno qualche rifugio frutto di ingiusta espropriazione, tanto per passare anche dalle (belle) parole ai fatti.
In risposta a Non so se «rinvangare» sia la di pérvasion
Rivangare (nicht rinvangare)
Rivangare (nicht rinvangare) entspricht dem famosen "(lei net) rogeln".
In risposta a Rivangare (nicht rinvangare) di Hartmuth Staffler
Laut Treccani sind beide
Laut Treccani sind beide Varianten zulässig: rivangare/rinvangare.
In risposta a Laut Treccani sind beide di pérvasion
Sono concesse entrambe ma
Sono concesse entrambe ma rinvangare è più raro e ha una funzione rafforzativa. Nel senso che significa ancora di più "continuare a rivangare"
Parole senza dubbio
Parole senza dubbio condivisibili. Ormai però la situazione è ben nota. Mi sarebbe piaciuto leggere di più circa delle proposte e/o idee per "contenere" il turismo di massa. Sarebbe bello approfondire questo argomento.
Inserire il Sassolungo nel Patrimonio Unesco potrebbe non servire a molto visto quanto successo sul Passo Santner.
Ci siamo svenduti da tempo al
Ci siamo svenduti da tempo al turismo ed è più che urgente che la politica prenda in mano la situazione. La qualità di vita in questa regione sta scadendo di anno in anno. Le strade si sono trasformate in una Gardaland dei motociclisti (con il tacito consenso della politica) e le montagne sono ormai un formicaio. Quando passo accanto a rifugi con le sdraio nei prati e musica dance ad alto volume mi chiedo se sono a Rimini. E tutto questo sarebbe qualità di vita nella nostra terra??
In risposta a Ci siamo svenduti da tempo al di Christian I
Strade come quelle del Rombo
Strade come quelle del Rombo e del Giovo si trasformano nel periodo estivo in circuiti per misurare le proprie abilità di guida, sentire il rombo del motore, non solo per le moto, ma da alcuni anni anche per le „supercar“ (vetture sportive che vengono costruite proprio all'insegna del lusso e dello sfarzo senza confini).
Ieri salendo verso il Timmelsjoch per una gita scialpinistica in primo mattino, prima che la strada venga aperta dal tratto nordtirolese, mi ha superato almeno tre volte volte una Porsche che si dilettava a salire e scendere per i tornanti ad una velocità più che spericolata. In tarda mattinata quando sono sceso la strada era oramai percorsa da un infinità di gruppi di motociclisti, oltre le supercar. Stesso fenomeno sul Giovo; sul Rombo transitano nel periodo estivo circa 141.000 utenti di cui ben pochi quelli che utilizzano questa strada per andare in montagna e fermarsi a pranzare in uno dei pochi locali aperti (Hochfirst chiuso, senza gestore), qualcuno alla Oberglaneggalm (più che altro qualche escursionista).
Con la buona stagione questi utenti si riverseranno anche sui passi dolomitici, sarà difficile contenere questi passaggi se non con una chiusura a fasce orarie di tutto il traffico. Chi va in montagna in genere parte di buon mattino, chi poi si dedica a qualche passeggiata ha la possibilità di usufruire gratuitamente (i turisti) dei servizi di bus.