Le ragioni delle Province
Dieci motivazioni che confermano che Bolzano e Trento hanno agito nel rispetto delle loro prerogative istituzionali riguardo alle due leggi che conferiscono ai governatori il potere di ordinare, in casi estremi, l’uccisione di lupi e orsi. Nella sentenza numero 215, depositata venerdì 27 settembre, la Corte costituzionale spiega perché i ricorsi presentati dal governo - respinti, com’è emerso a luglio - “non sono fondati”. Una serie di considerazioni “in diritto” che ha portato i giudici Giorgio Lattanzi (presidente), Giulio Prosperetti e Roberto Milana, riuniti il 15 luglio a Palazzo della Consulta a Roma, a dire che “le Province autonome hanno legittimamente esercitato una competenza legislativa propria attribuendo il potere discrezionale amministrativo, in ordine agli abbattimenti delle specie in questione, ai rispettivi presidenti”.
Le motivazioni non fanno altro che confermare la linea politica e istituzionale tenuta dai due enti autonomi. Ma su quali elementi e considerazioni si basa in pratica la decisione della Consulta? Nella parte finale della sentenza i giudici espongono la loro valutazione.
Il punto di partenza è naturalmente l’azione del ricorrente, nella persona del presidente del consiglio, il quale “ha promosso questioni di legittimità costituzionale” in merito alle due leggi (numero 9 dell’11 luglio 2018 per Trento e numero 11 del 16 luglio 2018 per Bolzano) in riferimento sia agli articoli 117 e 118 della Costituzione (sulle competenze regionali e provinciali) che allo Statuto di autonomia del Trentino Alto Adige. Le deroghe al divieto di abbattimento delle specie protette, afferma in sintesi il governo, avrebbero in primo luogo leso “la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema che il legislatore nazionale ha attribuito al ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”. Inoltre, “il decentramento di tale potere di deroga” determinerebbe secondo il presidente del consiglio “un abbassamento del livello di tutela ambientale in violazione degli obblighi internazionali e comunitari”.
Per la Corte, supremo organo legislativo del Paese, non è così. I giudici citano la Convenzione di Berna del 1979 e la direttiva europea “Habitat” del 1992, entrambe recepite con legge in Italia. Un quadro normativo sovranazionale che permette di autorizzare deroghe ai divieti di uccisione delle specie protette, !qualora queste siano necessarie al fine della salvaguardia di altri interessi, e che il loro bilanciamento compete alle autorità nazionali, nel rispetto delle condizioni e dei limiti derivanti dai vincoli europei e internazionali”.
Si giunge al ruolo degli enti autonomi. “Nel loro insieme - proseguono i giudici -, le competenze statutarie delle Province autonome assicurano la complessiva tutela del particolare ecosistema provinciale e, in considerazione delle particolari caratteristiche dell’habitat alpino, giustificano l’attribuzione della competenza all’esercizio della deroga all’autonomia provinciale, prevedendo un sostanziale bilanciamento, quali organi idonei alla valutazione della dimensione anche localistica degli interessi coinvolti”. Secondo la Corte dunque non sarebbero dunque violati gli articoli 117 e 118 della Costituzione e nemmeno l’articolo 107 dello Statuto che subordina il trasferimento di funzioni amministrative ad apposite norme di attuazione.
Pertanto, concludono i magistrati, i due enti avrebbero “legittimanente esercitato una competenza legislativa propria”. Fine del discorso.
Da Bolzano, Luigi Spagnolli, direttore dell’ufficio provinciale caccia e pesca, prova a riassumere la situazione che ha visto vede l’ente autonomo prevalere rispetto al governo: “Le due leggi sono semplici e sintetiche. Esiste tuttavia una differenza a livello di regolamentazione nazionale sulle specie interessate. Mentre per l’orso ci si rifà al protocollo Pacobace, il quale prevede in caso di minaccia all’uomo da parte di un esemplare anche l’abbattimento di quest’ultimo, per il lupo è diverso: non c’è mai stata una regolamentazione, per volontà dello Stato. Un fattore dettato a mio avviso anche da questioni emotive. Quanto alla sentenza della Corte, è stato ribadito che le Province hanno competenza primaria su agricoltura foreste, caccia e pesca, nonché della protezione della natura. È stato ritenuto legittimo che i due presidenti possano disporre gli abbattimenti in presenza di suffragati motivi”.
Mi permetta di formulare tre
Mi permetta di formulare tre piccole, ma rilevanti correzioni:
1. La Corte non ha deciso con un collegio formato da Lattanzi, Prosperetti e Milana (quest'ultimo non é neanche giudice costituzionale, ma il direttore della cancelleria della Corte!), ma giudica sempre collegialmente, con partecipazione di tutti i 15 giudici. Lattanzi é il Presidente della Corte, mentre Prosperetti é il relatore della decisione.
2. Il Parlamento, ma mai e poi mai la Corte costituzionale é il "supremo organo legislativo del Paese". La Corte costituzionale controlla il potere legislativo, ma non é un organo legislativo.
3. La Corte costituzionale fa parte del potere giudiziario (non legislativo!), ma i suoi giudici non sono (tutti) "magistrati" (solo 5 di loro sono nominati "dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative" - art. 135, c. 1, Cost.).