Palcoscenico | Bolzano

Mai abbastanza

Con MAMMA A CARICO - Mia figlia ha novant’anni, Gianna Coletti porta in scena al Teatro Cristallo gli ultimi anni di vita di sua madre e una relazione che per lei è tutto, ma mai abbastanza.
Gianna Coletti interpreta se stessa
Foto: Teatro Cristallo Theater
  • Quando il neurologo le pone alcune domande, la madre di Gianna, ormai ultra-novantenne, non riesce a rispondere: "Che giorno è?", "Che anno è?". Non lo sa. È affetta da demenza, non cammina e non vede più. "Che le importa di queste cose ormai?", si chiede Gianna.

    Martedì sera, Gianna sale sul palco del Teatro Cristallo da sola per mettere in scena MAMMA A CARICO - Mia figlia ha novant’anni. Con sé (e dentro di sé), però, porta sua madre che, per tutta la vita, ha cercato di renderla la figlia desiderata: da quando era bambina, giovane attrice e accuditrice, visto che alla fine è Gianna a prendersi cura di lei.

    Gianna, però, non si arrende alla demenza della madre: la solleva, la incoraggia, le fa ripetere filastrocche, le fa completare le strofe delle canzoni che ama, le fa ricordare nomi, parole, episodi del passato. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, dimostra a se stessa – e a sua madre – che è ancora qui.

  • Una donna da accudire

    Tratto dall’esperienza personale dell’autrice e attrice Gianna Coletti, lo spettacolo si sviluppa attraverso una sequenza rapida di aneddoti che raccontano la difficile relazione tra madre e figlia. Si alternano filastrocche, canzoni improvvisate, riflessioni e frammenti documentaristici che ritraggono madre e figlia negli ultimi anni di vita della madre. Vediamo Gianna preparare il cibo, cambiare il pannolone e passare la spugna sul corpo fragile della madre ormai anziana. La vediamo ridere, disperarsi, portare gli occhiali scuri a una donna cieca, "perché senza gli occhiali non vedo", tagliarle i capelli bianchi con le forbici da cucina.

    Sono tenere e dolci, nonostante, prima del crollo della madre, non ci fosse stata una grande intimità: "non ci sfioravamo da anni", ricorda Gianna. Poi, di colpo, eccola lì, a prendersi cura del corpo che non riesce più a muoversi autonomamente e a 'rinfrescare' una mente che sta per asciugarsi, passando filastrocche e canzoni come spugne bagnate per rianimare i ricordi ormai sbiaditi.

  • "Indispensabile per vivere"

    Momenti di questa nuova, strana intimità si alternano a momenti di disperazione: la madre che non vuole badanti in casa, che urla "Aiuto!" perché deve fare pipì, che suscita risate e lacrime, ma anche dolore. Ma, nonostante il tormento, è la relazione con la madre che fa vivere Gianna: “Questa donna, che speravo morisse, mi è diventata indispensabile per vivere", riflette Gianna, parlando sul palco.

    Questa consapevolezza è uno degli aspetti più potenti dello spettacolo: una donna, ormai non più giovane e senza figli, che si rende conto di aver bisogno della madre per vivere, per darsi un senso, uno spazio. Si aggrappa a lei come la madre si aggrappa alla vita, incapace di distaccarsi. Lo capisce e si rivolge a una psicologa: "E lei come sta?", la psicologa le chiede.

    Ed ecco che salta fuori un altro aneddoto. Non c’è tempo per rispondere, per riflettere, per fermarsi. C’è solo sua madre, la relazione tra loro e lei in relazione a sua madre.

  • Foto: Teatro Cristallo Theater
  • Non abbastanza bene

    Fin dall’inizio dello spettacolo, capiamo che Gianna, anche da bambina, non ha mai avuto uno spazio tutto suo, ma ha trovato un senso nell’essere ciò che desiderava sua madre. A sei anni, non giocava né studiava, ma "prendevo lezioni di vita da mia madre": ballava il valzer con lei, seguiva corsi di ballo, fisarmonica e tip tap. "Tutte cose che piacevano tantissimo... alla mamma, chiaramente," scherza oggi sul palco.

    Nonostante questo, quando Gianna chiede alla madre quanto bene pensi che le voglia, la risposta della donna anziana non è "dieci", ma "cinque". "È da una vita che mi risponde cinque," riflette l’attrice, come se temesse che sua madre non pensasse davvero che le volesse abbastanza bene. Così si consuma, corre da una parte all’altra, avvolta dai sensi di colpa, con la voce della madre che la richiama: "Giannina, io voglio solo te. Quando torni?".

  • Uno spazio minuscolo che si estende nel tempo

    Negli 80 minuti di spettacolo, che – come la vita della madre – sembrano durare un po’ troppo, vengono affrontati numerosi temi: l’accudimento di una persona anziana, lo sfinimento, i costi per le badanti e altri bisogni, la tormentata relazione madre-figlia e, infine, il ruolo della donna, che ancora oggi trova il suo spazio dedicandosi all'accudimento di chi ne ha bisogno. 

    Alla fine, lo spazio stretto e claustrofobico della messa in scena sembra riflettere anche lo spazio che Gianna si concede nel mondo: un’esistenza che si espande fino e non oltre i bisogni della madre, che diventano anche i suoi.

  • Foto: Teatro Cristallo Theater
  • "Mia madre è un oceano," dice alla fine dello spettacolo. E noi, dal pubblico, ci chiediamo: "E tu? Tu che sei?" Quale spazio si concede oggi, al di là di quello imposto dalla relazione con la madre? Che valore si dà ora che la madre non c’è più? Questi sono interrogativi che lo spettacolo lascia aperti e che, forse, potrebbero far riflettere chi, come Gianna nella sua storia personale, vive ciò che è universale nel suo racconto.

  • Lo spettacolo MAMMA A CARICO - Mia figlia ha novant'anni, che viene proposto da molti anni, è tratto dall'omonimo libro scritto dalla stessa Gianna Coletti e edito da Einaudi nel 2015. All'interno dello spettacolo vengono proposti dei frammenti del film/documentario "Tra cinque minuti in scena" (2012), che segue l'esperienza reale dell'attrice e che ha vinto numerosi premi.