Ipotesi: Alto Adige in coppa
Che sollievo! L'Alto Adige-Suedtirol di calcio è condannato anche per quest'anno a remare faticosamente nelle parti basse della classifica del campionato di Lega.
Lo so che, con questa semplice frase, mi sono tirato addosso l'odio e gli improperi di tutta la brava tifoseria biancorossa, ma proprio non riesco a nascondere il mio sollievo. Cosa potrebbe infatti succedere, di terribile, se la valida squadra altoatesina lasciasse la mediocre posizione attualmente detenuta per lanciarsi verso impensabili traguardi?
Immaginate una situazione di questo genere. L'Alto Adige-Suedtirol, grazie ai piedi buoni dei suoi giocatori, alla sagacia e ai soldi dei suoi dirigenti, scala le classifiche del calcio italiano. Si lascia alle spalle in un balzo la Lega Pro e poi la serie B, piombando sulla massima divisione e affrontando senza timidezza le grandi del calcio italiano. È la squadra rivelazione e arriva a conquistare persino la finale di Coppa Italia, da giocarsi come da tradizione allo Stadio Olimpico di Roma alla presenza del Capo dello Stato. E lì nasce il problema. Il Coni, che dello stadio è il legittimo padrone si rifiuta di concederlo. Accampa scuse. Il motivo vero è che si teme che i tifosi autonomisti in arrivo da Bolzano fischino sonoramente l'inno di Mameli eseguito in apertura come vuole tradizione, vista la presenza del presidente della Repubblica.
Soluzione: si giocherà al Druso di Bolzano, ma il volume delle polemiche arriva a sfiorare il cielo.
A questo punto i miei dieci lettori penseranno che mi sono giocato quel poco di cervello che mi restava e che la storiellina è troppo assurda anche se classificata come fantapolitica.
Mica tanto.
È quel che succede, più o meno, in questi giorni in Spagna. Si deve giocare la finale di coppa che costì è intitolata al Re. Se la contenderanno due illustri squadre provenienti da due regioni autonome della penisola iberica: i catalani del Barcellona e i baschi dell'Athletic Bilbao. Teatro quasi obbligato della sfida sarebbe lo stadio Santiago Bernabeu di Madrid nella cui tribuna d'onore andrebbe a sedersi anche il giovane neo sovrano Felipe.
Solo che, ci raccontano in questi giorni i quotidiani sportivi, i madrileni non concederanno lo stadio. La ragione andrebbe ricercata proprio nella volontà di evitare che il tempio della cultura calcistica spagnola sia profanato dai tifosi accesamente autonomisti delle due squadre, già pronti a sommergere di fischi l'odiato inno nazionale, con grande imbarazzo degli ospiti e del sovrano.
Così, alla faccia del campo neutro, la finale si giocherà al Camp Nou di Barcellona.
Fine della storia. Il paragone con la squadra dei biancorossi altoatesini era solo di scuola e sono peraltro sicuro che se davvero i ragazzi dell'Alto Adige riuscissero a qualificarsi per una finale di coppa i tifosi altoatesini sarebbero talmente storditi dalla felicità da applaudire anche l'inno delle isole Faroer.
La storiellina spagnola, però, ci è utile lo stesso e per due buoni motivi. Il primo è ricordarci che in un certo genere di questioni l'Alto Adige non è una sorta di "unicum" nell'universo ma semplicemente uno tra i tanti esempi dei conflitti che sorgono tra e nelle nazioni. Il secondo, ancor più importante, è farci capire che ogni volta che si toccano i simboli cari al sentimento nazionale, bandiere, inni, monumenti, nomi di strade di paesi, certe reazioni partono in automatico, qualunque lingua si parli. È bene tenerne conto, come nel caso recente delle bandiere da esporre per celebrare l'inizio della grande guerra, specie se si rivestono responsabilità di governo.
Una bella storiella! Ha però
Una bella storiella! Ha però un difetto: il trono del Sudtirolo è vacante. Siamo senza principe e senza principi.